I selvaggi della Louisiana
Giuseppe Aragno - 26-09-2007
Tra squilli di tromba e rulli di tamburi, i delegati del popolo che nessuno ha mai eletto hanno stupito il mondo, approvando l'abolizione della pena di morte dal codice militare di guerra. Unanime il tono compiaciuto dei comunicati e totale il silenzio sulla condanna a morte eseguita in contemporanea nel lontano Afghanistan. Quasi non se ne parla, ma le nostre truppe, in totale dispregio della vita umana e della carta costituzionale, hanno attaccato il nemico che aveva catturato due funzionari del Sismi, il servizio informazioni delle nostre forze armate, con un obiettivo preciso: evitare a qualunque costo, anche il sacrificio dei prigionieri, il rischio che informassero la guerriglia afgana sulle nostre attività di spionaggio.
Nessuna trattativa avviata, nessuna cautela operativa, nessuna remora nell'uso delle armi, niente di niente: legge e ferocia di guerra, prova di forza, disprezzo totale dello spirito e della lettera della Costituzione. Bilancio provvisorio: nove morti afgani, tra cui certamente un civile, entrambi feriti - uno moribondo - i due prigionieri, colpiti probabilmente da fuoco cosiddetto "amico". Un vero e proprio omicidio premeditato. Una condanna a morte, bene o male eseguita, che fa il paio col massacro di civili che ogni giorno, da mesi, compie senza alcuna pietà e rispetto dei diritti umani l'aviazione della Nato. La nostra aviazione.
Qui ci conduce, fatalmente e senza remissione di peccato, una classe politica che occupa ormai abusivamente le aule parlamentari. Mai nessun governo nella storia della repubblica si era spinto sino a questo punto di arroganza e di disprezzo della Costituzione e della volontà popolare e nessuna opposizione, mai nessuna, si era resa complice col suo silenzio, di tante e così gravi violazioni delle legge fondamentale dello Stato. L'Italia, che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, contribuisce con uomini e mezzi all'occupazione anglo-americana di paesi aggrediti con ferocia fascista. L'Italia grottesca e tragica della maggiominoranza pseudopolitica guidata da Prodi e Berlusconi, si scandalizza per il Vaffanculo di Grillo, approva leggi contro la pena di morte e spara, uccide e avverte il nemico: la missione non cambia. E sia ben chiaro: la guerra si fa parlando di pace.
Qui ci conduce un governo nel quale Parisi - nessuno sa per quale via giunto al governo e diventato ministro della difesa - presenti appena trentatre delle centinaia di deputati nominati dai segretari dei partiti, può stracciare pubblicamente la Costituzione e dichiarare senza alcun timore: "l'ordine di intervenire l'ha dato il sottoscritto". Chi ha autorizzato Parisi? Quali sono gli ordini che ha dato? Ammazzare civili, mettere a repentaglio la vita dei prigionieri? Quale ordine ha dato Parisi e in nome di quale prerogativa? Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, è stato messo al corrente delle sue decisioni? E come concilia la scelta di attaccare col ruolo che la Costituzione, di cui è garante davanti al Paese, affida a quelle forze armate che per dettato costituzionale egli ha l'obbligo di guidare?
Non era difficile capirlo. I colpi che si tiravano da destra e da sinistra alle radici antifasciste della nostra Costituzione puntavano a smantellare un'idea di società, un ideale di convivenza civile entro e fuori i confini del paese. C'è un filo rosso tra il revisionismo di Luciano Violante, che riabilita i "ragazzi di Salò", la bicamerale di D'Alema che si sceglie come interlocutori per le riforme istituzionali Berlusconi e Fini, dopo che la destra s'è scatenata contro "l'impronta sovietica" della Costituzione, l'ultima legge elettorale, che ha espropriato i cittadini del diritto di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento e i progetti di riforma costituzionale cui più volte ha accennato Veltroni, astro nascente del regime che si consolida.
Eugenio Scalari, con una miopia che la presbiopia non corregge, punta il dito contro Grillo e rievoca il fantasma del primo fascismo, quello del '19. Scalfari sa bene, ma non lo dice, che la storia non si ripete e Grillo non è Mussolini. Ciò che ricorda oggi il lontano '19 fascista non è Grillo, ma lo scontento della gente che non trova risposte ai suoi bisogni concreti. Non l'antipolitica, ma il naufragio della politica. Non il fascismo, sotto il quale si tenta di seppellire il populismo demagogico di Grillo, ma la totale inettitudine, la corruzione, la cecità della classe dirigente che, per accontentare nell'immediato lobby e poteri forti, si chiude irrimediabilmente alle spalle le porte che guardano al futuro. Questa non è la politica. Questo è il suicidio della politica. Montesquieu, che di democrazia borghese fu maestro, ci racconterebbe oggi l'apologo dei selvaggi della Louisiana, che quando vogliono frutti, tagliano la pianta alla radice e li raccolgono. Il dramma è che le piante sono ormai finite.

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 Giuseppe Comune    - 30-09-2007
Caro mio, io apprezzo il tuo tentativo che stai facendo da tempo di inserire il discorso sulla scuola in un contesto politico più ampio. Era nello stile di questa rivista fino a quando governava Berlusconi, ma ora non è più così. Ora si discute di scuola e basta, o magari di Grillo. Poi noi inseganti ci lamentiamo. Per quello che tu hai denunciato oggi, i pacifisti un tempo avrebbero fatto cortei di protesta, invece pare che il problema dei problemi sono Grillo e il sostegno.