E io sciopero?
Vittorio Delmoro - 21-05-2007
Qualche giorno fa il mio ex collega RSU (lui ANP, io CGIL), incrociandomi in corridoio, mi chiede come mai quest'anno nei confronti dei tagli all'organico non faccio come gli anni passati e dal suo sorrisetto ironico capisco che mi attribuisce già prima della risposta intenzioni differenti rispetto a quelle dei tre anni nei quali io spingevo per la mobilitazione e lui frenava.

Ho dovuto faticare non poco per provare a convincerlo che la mia apparente incoerenza era dovuta solamente ad un cambio di tattica su cui non voglio in questa occasione soffermarmi; non credo d'esserci riuscito.

Il fatto è però stato occasione per pormi seriamente la domanda : cosa mi sta succedendo?

Seppure io non miri ad alcuna poltrona e non possa essere sospettato di tradire la causa per separatezza di ruolo, come tutti quelli accusati da Roberto, Isa e compagni (perduti), cui ora voglio aggiungere anche Francesco, se non altro per la sua posizione sullo sciopero, qualcosa deve essere successa nella mia testa per farmi promotore di un (piccolo) dibattito nel quale ho assunto lo scomodo ruolo di difensore di una sinistra accusata di nefandezze tali da necessitare di un certo stomaco per digerirle.

Si tratterà anche di stanchezza, non lo nego, forse più mentale che fisica, dopo 3,4 anni di tensioni di ogni tipo; si tratterà di una pausa necessaria per riprendere respiro e riapprofondire le tematiche più legate alla quotidianità del lavoro; si tratterà della paura che torni Berlusconi, che forse impregna tutta l'aria che si continua a respirare.

Eppure, scava scava, queste motivazioni non mi bastano, sento che c'è dell'altro ed è proprio in forza di quest'altro che provo a proseguire, nella speranza che il confronto faccia passi avanti e non si cancrenizzi nelle rispettive posizioni di partenza.

Adesso è la volta dello sciopero.

Dopo l'adesione (teorica) alle tesi di Roberto, mi tocca riconoscere anche la limpida obiettività di quelle di Francesco in relazione allo sciopero del 4 giugno e questo mi pone in una strana posizione : partendo dalle stesse premesse io giungo a conclusioni del tutto opposte.

Provo a seguire Francesco.

Dunque il 4 giugno non si sciopera, noi almeno, noi compagni (perduti).

C'è da presumere che dunque l'adesione (allo sciopero) non sia proprio esaltante, diciamo attorno al 40% della categoria.

Francesco e compagni potranno dunque utilizzare il flop come nuovo e forte argomento a sostegno delle loro posizioni : vedete, cari sindacalisti, la categoria non vi segue; le vostre mosse sono sbagliate, occorre cambiare.

Il risultato però, soprattutto se si andrà sotto il 40%, prima ancora di produrre lo sperato dibattito interno, produrrà il mancato rinnovo del contratto.

Sei sicuro, Francesco, che è questo che vuole la categoria?

Come mai una vocina mi dice che se invece di rinnovare il contratto a 100 euro, magari con lo sciopero, si rinnova a 90 o addirittura 80 senza alcuno sciopero, la categoria (nella sua maggioranza naturalmente) sarebbe contenta lo stesso?

Si tratta di una vocina interna alla mia mente, voglio precisare, altrimenti Grazia, dopo l'inusitato attributo di informatissimo, chissà in quali misteriosi retroscena mi porrebbe...

Se a scioperare il 4 giugno fosse una minoranza di poco più del 30% della categoria, fossi Panini, andrei subito a sottoscrivere il contratto proposto dall'ARAN al minimo ribasso, con la motivazione che la forza in questo momento espressa non permette d'ottenere nulla di più; poi aprirei il famoso dibattito interno anche sugli errori tattici e strategici del sindacato.

Ho però l'impressione d'aver semplificato troppo la questione, che ha invece risvolti molto più interrelati con altre e decisive.

Prima di tutto l'effetto sul governo di uno sciopero.

Questo è un governo che traballa ad ogni soffio di vento, figuriamoci di fronte ad uno sciopero!

Finché è settorializzato, molto marginalizzato, molto centrato su aspetti specifici di natura contrattuale, si può anche sostenere senza provocare troppi scossoni; ma se lo sciopero comincia a mettere in gioco la politica economica del governo, tutto si complica : gli aumenti del pubblico impiego conducono i conti fuori dalla Finanziaria e per di più non possono essere giustificati col loro legame alla produttività, visto che il sindacato li vuole per tutti; questo esporrebbe il governo a forti critiche internazionali, oltre che a quelle della minoranza; gli equilibri interni fra la maggioranza di D'Alema-Rutelli-Prodi che sostengono Padoa Schioppa, col contributo delle truppe mastellate, e la minoranza della sinistra radicale che, dopo la sconfitta ideologica su Vicenza l'Afghanistan e simili, deve ora aggrapparsi al sociale (pensioni, salari, casa), rischia di creare una tensione insostenibile; sul tavolo v'è dunque una partita complessa nella quale il sindacato non può tirare troppo la corda (sciopero generale sulle pensioni) col rischio di far cadere il governo che ha voluto eleggere, ma non può neanche cedere su tutto : se cede nel pubblico impiego c'è pronto Fini a mangiarselo in un boccone, se cede sulle pensioni rischia di non potersi più presentare davanti a qualsiasi lavoratore.

La scuola, a mio parere, vive là in mezzo : un vaso di coccio tra martelli che picchiano giù duro, rischiando di diventare addirittura merce di scambio.

Vi ricordate l'atteggiamento di Berlusconi davanti ai tre milioni portati a Roma da Cofferati?

O quello della Moratti di fronte allo sciopero più riuscito della storia della scuola?

Come mai Prodi dice al sindacato di non usare lo sciopero come fosse un ricatto?

Perché non assume lo stesso atteggiamento dei suoi predecessori e se ne fotte?

Perché sa che la sua sedia si regge anche sulle spalle del sindacato.

Allora vorrei vederlo, Francesco, ad un'assemblea scolastica dire : cari colleghi, la situazione è tale che non possiamo fare altro che scioperare, anzi di più, per sostenere la nostra buona e giustificata causa; però se scioperiamo compatti, può anche darsi che cada il governo : che facciamo dunque?

E' sicuro Francesco che la maggioranza di quella assemblea voterebbe per lo sciopero?

La maggioranza : e chi se ne fotte?

Allora sì che tutto si chiarisce; perché se invece cerchiamo la minoranza, se siamo in minoranza, se questa è la condizione a cui siamo destinati, tutto diventa semplice.

Che bello stare in minoranza!

Come ci si sente liberi, fieri e pervasi di alto senso etico a sparare su tutti, a denunciare tradimenti, a suggerire strategie di vittoria, sapendo che non si vincerà nulla.

Ho passato una vita in minoranza, addirittura nella minoranza della minoranza; non avevo tessere d'appartenenza, non avevo pressioni superiori, non mi trastullavo con le compatibilità, con le tattiche, con gli odiati compromessi, ed ero sempre pronto a fornire le ricette giuste per raggiungere l'obiettivo, sicuro delle mie tesi e dei miei ragionamenti, duro e puro, forgiato alla sconfitta continua; ma che importa, l'importante è sopravvivere e continuare la lotta (a perdere).

Ce n'ho messo a capire che qualcosa non funzionava! Che bisogna pur vincere, almeno qualche volta e che, contemporaneamente, qualunque vittoria comporta delle contropartite, a volte dolorose ed inaspettate e che, soprattutto, per vincere bisogna diventare maggioranza.

Apro una piccola parentesi su Francesco (che vorrà perdonarmela).

La conseguenza di tutto quello che scrive da alcuni mesi a questa parte dovrebbe condurlo ad uscire dalla CGIL ed entrare nei COBAS, o a fondare (come ho già suggerito) un altro sindacato, condannandosi così ad una vita di minoranza fino alla morte, che spero il più lontana possibile.

Oppure a candidarsi alla segreteria provinciale del suo sindacato e poi, magari, a quella nazionale, combattendo a più non posso per questo risultato, ma col senso di responsabilità che dovrebbe caratterizzare il comportamento di ogni sindacalista, quindi scioperando quando il suo sindacato indice lo sciopero.

La sua dichiarazione mi appare invece come un ricatto infantile, come il bambino che rifiuta il cibo perché il genitore non accontenta un suo desiderio.

Non voglio essere frainteso : le motivazioni di Francesco sono di tutt'altro genere e da me sottoscrivibili; è la conseguenza che non approvo.

E quindi vengo a concludere, almeno per il momento.

Io invece sciopererò.

Sempre che lo sciopero ci sia, perché io non ne sarei così convinto : che interesse avrebbe il governo a darci i 100 euro dopo lo sciopero, invece che prima? Si tratterebbe allora di un abile gioco delle parti che pure non escludo.

Sarebbe invece più interessato a darceli prima, così mostrerebbe al sindacato e ai lavoratori la sua faccia buona, salvaguardando allo stesso tempo il sindacato stesso; pur avendo poi i suoi problemi interni ed internazionali.

Non solo sciopererò, ma cercherò di far scioperare anche i miei colleghi, attraverso un'assemblea che indirò nel mio istituto, con un'aggiunta : ha ragione GILDA.

Uno sciopero il 4 giugno si giustifica solo come prima azione di lotta a cui ne seguirà una più incisiva : lo sciopero degli scrutini, se il governo non si piegherà.

Non so bene come si potrebbe attuare questa seconda forma di lotta, quando il proprio sindacato non la accetta; in ogni caso io la proporrò e poi sentirò cosa ne diranno i miei colleghi.

Perché non fai così anche tu, Francesco?

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 Francesco Mele    - 21-05-2007
Tu forse non mi leggi con sufficiente attenzione, mi verrebbe da dire.

La necessità del blocco degli scrutini ho iniziato a riconoscerla come serio strumento di lotta già nel mio intervento del 7 maggio.
Poi l'ho ribadita con più forza nell'intervento del 9 maggio (tre punti esclamativi).
Se poi hai letto bene le motivazioni per cui io non sciopererò il 4 giugno (intervento del 15 maggio) al punto 3 dico:

3) perché uno sciopero a 4 giorni dalla fine delle lezioni non fa paura a nessuno e se anche riuscisse al meglio delle aspettative, non sposterebbe in alcun modo la rigidità delle posizioni del governo che potrebbe contare sull'impossibilità di qualunque ulteriore risposta da parte della categoria. Si dia uno sbocco alle ipotesi di lotta in caso di diniego e allora se ne può riparlare. Così mi sembra solo una presa in giro e un chetare le coscienze per poter poi dire, "le abbiam provate tutte, ci spiace".

Per quello che ho sostenuto nei precedenti articoli ovvio che in questo passaggio mi riferisco al blocco degli scrutini.

Se leggerai un altro mio pezzo del 18 maggio in risposta ad una mail critica di una collega, vi troverai ribadita la necessità di un'iniziativa di lotta più adeguata al livello dello scontro in atto e ulteriori argomentazioni a sostegno della mia scelta.

Riguardo poi alla mia appartenenza al sindacato, già in passato ho scritto di essere condannato alla FLC CGIL visto che credo nell'importanza del sindacato ma non trovo alternative, per me valide (sottolineo per me).
Solo che c'è un limite a tutto e penso sia arrivato il momento di lanciare un segnale.

Abbiamo allora deciso (parlo al plurale perchè non sono solo e gli altri non sono solo iscritti a FLC CGIL) di autosospendere la nostra iscrizione ai sindacati, sottoscrivendo collettivamente una lettera che verrà inviata loro e agli organi di stampa. Contestualmente ciascun firmatario ha compilato e firmato una disdetta della delega sindacale.

Abbiamo definito questa iniziativa autosospensione proprio per far capire che non si tratta del passaggio ad altro sindacato ma di uno stimolo al proprio a cambiare politica nella difesa dei diritti dei lavoratori.

Ciascuno poi deciderà quando e se rientrare seguendo le proprie convinzioni personali.

Siccome mi piacciono i simboli, nella mia disdetta ci ho scritto "a partire dal 4 giugno 2007".

Francesco

 Giuseppe Aragno    - 21-05-2007
“Cosa mi sta succedendo?”, ti chiedi, Vittorio, e un po’ ti allarmi: “qualcosa deve essere successa nella mia testa per farmi promotore di un (piccolo) dibattito nel quale ho assunto lo scomodo ruolo di difensore di una sinistra accusata di nefandezze tali da necessitare di un certo stomaco per digerirle”. Sta, tranquillo, non ti succede nulla. Posso dirlo, senza che te la prenda? E’ la memoria che ti fa difetto. La testa e lo stomaco vanno ch’è una meraviglia o, quantomeno, non fanno registrare peggioramenti dall’ormai lontano 5 settembre del 2003. Io, che ahimé, avevo allora già la “testa calda” e, senza saperlo, ero da tempo un “compagno perduto“, me l’ero presa pesantemente con la Cgil – “Prima lo capiremo” si intitolava l’articolo - e te ne risentisti.
“Le tue parole, Giuseppe – commentasti - pur condivisibili nella sostanza storica, mi fanno molto male, soprattutto perché ho deciso da poco di iscrivermi alla CGIL-scuola, una decisione motivata dall'aver individuato nella CGIL la forza portante di ogni contrasto a questo governo e alla sua espressione scolastica. Tu invece sostieni che questa Cgil scuola non ha le carte in regola per contrastare la Moratti. Forse hai più elementi di me per affermarlo e le pratiche che dici di avere sott'occhio sono senz'altro esecrabili. A me però pare che gli atti pubblici, le prese di posizione e le scelte di quest'ultimo anno vadano nella direzione giusta e che non possiamo emettere un giudizio solo basandoci sulle scelte del passato; anzi credo che la stessa CGIL smentisca quelle scelte col suo comportamento di oggi. Dove mi sbaglio?”.
Non entrasti nel merito. E’ raro che tu lo faccia, com’è raro che risponda alle domande che ti si rivolgono direttamente. Nicchi, sembrerebbe, ma non è così. Nonostante la concretezza, il realismo, il senso delle cose che tieni a mostrare, tu insegui un sogno e hai fede. Come tutti i credenti. Accade spesso in questi casi: col tempo, chi dissente finisce con l’apparire eretico e prima o poi si giunge alla scomunica. Sono passati quasi quattro anni, Vittorio. In teoria tu condividi le tesi di Roberto e non neghi che Isa e Francesco abbiano ragione; gli elementi ora li hai, ma non ti bastano e per te non cambia nulla. “Dove mi sbaglio?” mi hai chiesto una volta. Bene. E’ è il caso che provi a risponderti da solo, tu che ci accusi e ci giudichi, Vittorio, senza che mai ti sorga un dubbio: se siamo messi così male, la colpa potrebbe non essere di chi ha criticato aspramente e indicato altre vie, ma di quanti hanno disciplinatamente taciuto e ciecamente creduto.

 Giuseppe Comune    - 21-05-2007
Caro Del Moro, un sindacalista che ha senso di responsabilità non solo fa sciopero quando il suo sindacato lo indice, ma non propone ai lavoratori una forma di lotta che il proprio sindacato non accetta. Sai che ti dico? Se Francesco dovrebbe passare ai Cobas, tu dovresti smetterla di fare il sindacalista.