Virginia Tech
Redazione - 20-04-2007
Ci sono coincidenze che lasciano senza parole, o con la sensazione che le parole non bastino.

Dal 14 al 17 aprille si è svolta a Brescia Exa, la fiera delle armi.
Un salone di riferimento internazionale per il settore delle armi sportive, e dell'outdoor si legge nella presentazione del sito e, pur chiedendosi a che possano servire le armi nel tempo libero - la parola inglese rimanda a fuoriporta di altro calibro e la stagione ce lo concede - si resta con la sensazione che di un beato hobby senza conseguenze si tratti.
Qualcuno però non è d'accordo: parla di Far West e denuncia l'avanzare di una cultura che vede le armi come prodotti commerciali, indispensabili alla sicurezza dei cittadini. Quella stessa cultura che società civile e movimenti per la pace criticano e cercano di cambiare.
Qualcuno chiede un disarmo.

Il 16 aprile nel Campus del Virginia Tech 32 persone muoiono e l'omicida si toglie la vita. Aveva due pistole, armi troppo facili da comprare, persino in internet.
Ed è proprio in Internet, luogo del nuovo sapere e della nuova partecipazione, che il dibattito si accende, rumoroso, quasi a voler coprire le urla della strage.
Una strage terribile, imperdonabile, come imperdonabili sono le ragioni che l'hanno determinata.
Bisognerebbe chiedere un disarmo. Planetario.

Per ora restano, ancora, parole.
Le parole - se reali o virtuali, lucide o folli non lo sapremo mai, ma agghiaccianti sì, lo leggiamo - di Cho, che non potremo mai più neppure prendere a pugni. Che possiamo solo ascoltare:

...Avete oltraggiato il mio cuore, violato la mia anima. Sapete cosa vuol dire essere umiliati e crocifissi e lasciati sanguinare per divertimento? Voi non avete mai provato un grammo di dolore...

Il resto qui

A chi è nel dolore il nostro pensiero.

Fuoriregistro
  discussione chiusa  condividi pdf

 Tecnica della scuola    - 20-04-2007
La strage nel campus universitario della Virginia
e l'eroico insegnante.



Il professore israeliano Liviu Librescu, 76 anni, è tra le vittime del campus universitario del Politecnico Virginia Tech, negli Stati Uniti d’America, in cui, lo scorso lunedì, la follia omicida di uno studente ha determinato una strage.

Nel tentativo di salvare i suoi studenti, come attestano tutte le testimonianze, Liviu Librescu aveva tentato di sbarrare l'accesso all'aula al giovane omicida che lo ha crivellato di colpi, mentre molti suoi studenti saltavano dalla finestra riuscendo a mettersi un salvo.

Il professore aveva dietro di sé una vita di tutto rispetto. Era sopravvissuto allo sterminio nazista dell’Olocausto. Era poi scappato dalla Romania comunista e si era rifugiato in Israele. Viveva nello Stato della Virginia dal 1985.

L'anno scorso il Professor Liviu Librescu era stato nominato "Distinguished visiting professor" all'Università degli Studi La Sapienza di Roma nel dipartimento di Ingegneria Aerospaziale. "In un certo senso - ha detto il figlio Joe - il suo lavoro era la sua vita".
Librescu “si è immolato per noi”, ha dichiarato uno degli scampati alla follia dello studente sudcoreano Cho Seu Hiung, autore della strage che nel campus universitario della Virginia ha determinato 32 vittime.

Riposerà in Israele l'anziano professore Liviu Librescu. Verrà sepolto nel cimitero di Ra'anana. La moglie Marilena ha accompagnato la salma da New York a Tel Aviv.

Giuseppe Guzzo


 Gianni Mereghetti    - 21-04-2007
I corpi a terra con il volto sfigurato,
nel silenzio lo sgomento dei compagni,
arrotandosi nel nulla
incombe il male
lacerando l’esistenza.

Grida l’umano,
ferito il cuore si protende,
nel dolore della carne
estremo l’anelito del bene,
il volto di Cristo
segnato dalla Sua misericordia.

Senza di Lui
il male s’insedia negli anfratti del non senso,
nel reclinarsi del suo capo
il fiotto di sangue in cui tutto ricomincia.


 da Peacereporter    - 20-04-2007
Italia top gun

Alle stelle l'export italiano di armi: 61 per cento in più

Tecnicamente viene chiamata 'tendenza espansiva'. O 'vitalità del settore'. In parole povere, l'export di armi italiano nel 2006 è cresciuto del 61 per cento rispetto al 2005, con una quota di 2,19 miliardi di euro che rappresenta il record degli ultimi vent'anni. A renderlo noto è la relazione preliminare del governo sull'export delle armi resa nota al Parlamento all'inizio del mese.

Le promesse dell'Unione. Le esportazioni di elicotteri, missili, bombe e via dicendo, hanno fatto segnare un incremento anche nelle autorizzazioni alle trattative contrattuali rilasciate dallo stesso governo: 2.192 rispetto a 1.929 nel 2005 e 1.815 nel 2004. Non è detto che tutte le trattative si concretizzino nella stipula di contratti, ma gli analisti sono concordi nel ritenere che, sempre in termini tecnici, 'si è estrinsecato un ritrovato dinamismo in un ambito internazionale caratterizzato da una elevatissima concorrenza'. L'ottimismo degli economisti - e dei produttori - si scontra con la delusione di quanti hanno votato il governo Prodi pensando ad un cambiamento di rotta rispetto al precedente esecutivo, anche alla luce del programma elettorale, con il quale l'Unione si impegnava, "nell'ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti". Impegni disattesi.

Le dieci 'sorelle'. Delle prime dieci aziende, infatti, sette fanno parte di Finmeccanica, di cui lo Stato italiano è il principale azionista. Nelle esportazioni l'Agusta fa la parte del leone, con 810 milioni di euro, seguita da Alenia, Oto Melara, AVio, Lital, Selex Sistemi Integrati, Aermacchi, Alcatel Alenia, Iveco e Galileo Avionica. Gli armamenti italiani hanno come destinazione gli Stati Uniti, che con l'acquisto del 'Marine One', ovvero l'elicottero presidenziale fornito dall'Agusta-Westland, coprono da soli il 38 per cento delle esportazioni con un importo di 810 milioni di euro. Secondi sono gli Emirati Arabi Uniti, che comprano armi italiane per 338 milioni di euro.

L'esperto. Francesco Vignarca, coordinatore della Rete per il disarmo, parla di un aumento preoccupante. "Una preoccupazione - ha spiegato a PeaceReporter - che deriva anche dall'aver scoperto che, mentre prima si credeva che dagli anni '90 ad oggi ci fosse stata una discesa e una risalita dell'export, spiegata con l'andamento del mercato, in realtà c'è stato un aumento continuo. Ciò a causa di un errore nell'applicazione del tasso di inflazione. Poi, va considerata la destinazione delle armi. Fatta eccezione per gli Usa, i destinatari sono Emirati, Nigeria, India, Pakistan, Oman, Paesi poco stabili, che per loro natura o per la loro legislazione non danno alcuna sicurezza che le armi rimangano lì. La relazione del governo ci dice la destinazione delle armi di grosse dimensioni, ma non parla di quelle leggere. Armi leggere, apparecchiature di piccolo calibro e materiale tecnologico possono pertanto essere 'triangolati', cioè partire da qui e arrivare in un Paese terzo, come accadde due anni fa ai visori notturni della Galileo, che sono finiti in Iraq passando per la Siria".

Banche 'armate'. Le banche sono da sempre al centro delle operazioni di vendita di armi. Il ministero delle Finanze ha rilasciato il 6 per cento in più delle autorizzazioni di pagamento, dando l'ok a 930 transazioni (erano 876 nel 2005). Quasi la metà delle transazioni per le esportazioni definitive è stata negoziata da due istituti di credito: Bnp Paribas (con il 19,47 per cento) e San Paolo-Imi (con il 29,93 per cento). Quest'ultima ha triplicato il suo volume d'affari, passando dai 164 milioni di pagamenti ricevuti nel 2005 a più di 446 milioni nel 2006.

Luca Galassi