Cari tutti
Anna Pizzuti - 10-04-2007
A volte mi accadeva, in classe, di lasciarmi trasportare dall'enfasi e di mettermi a declamare, dalla cattedra o dal banco sul quale sedevo, qualcuna delle poesie che so ancora a memoria. Un giorno, durante un'esibizione particolarmente coinvolgente (per me sola, naturalmente) sono stata interrotta da un: "Professorè, non faccia come il prof. ....." Il quale prof era un collega che, pur avendo ormai da anni superato la soglia della pensione, non aveva voluto abbandonare la scuola ed era famoso per le sue stramberie.
E' stato quello il momento - più ancora dei tanti altri in cui sono inciampata, come tutti, vivendo - in cui ho compreso che, se anche le esperienze più vitali debbono concludersi, è bene che questo accada mentre e quando siamo noi capaci di deciderlo e non per sfilacciamento o per consunzione. E mi piace che ad insegnarmelo - per quanto inconsapevolmente - sia stata proprio un'alunna.

Mi sono sempre chiesta se l'essenza di Fuoriregistro fosse il suo attraversare la scuola o l'esserne attraversato. O se tutte e due le cose insieme. Quello che so è che ha attraversato felicemente una parte della mia vita e che di essa, felicemente, è stato parte.

Mi ha dato la parola, la facoltà di usarla. E, insieme, la facoltà di leggere dentro ed oltre le parole degli altri. Intorno e dentro la scuola e non solo. Una speranza ed una forza allegre.

E se ora sento che questa speranza e questa forza si stanno, in me, logorando, insieme alle parole che da esse nascevano, non mi sembra nè giusto né tanto meno corretto, proprio nei confronti di Fuoriregistro e di tutto ciò che la rivista rappresenta, continuare a far parte della redazione: un esserci senza esserci sarebbe, per me, insostenibile.

Una decisione sofferta che sto soffrendo ancor di più nel momento in cui la sto comunicando.
Una decisione che ho iniziato a maturare fin da quella notte di un anno fa, quando un'agenzia anticipò il nome del ministro dell'istruzione (pubblica?) del governo che stava nascendo. Una delle mie più grandi delusioni, parola che, non a caso, fa rima con Fioroni.
Ho considerato un vero e proprio schiaffo il fatto che le ragioni delle correnti di un partito fossero state accettate in luogo delle ragioni della scuola, che pure tanto si erano fatte ascoltare nei cinque anni precedenti.

Come una formichina che ricomincia - automaticamente - a ricostruire la propria casa distrutta da una pedata indifferente e distratta, ho ripreso, all'inizio, le parole di sempre per ragionare sulla politica scolastica - e non solo - del governo in generale e del ministro in particolare. Sentendo che , paradossalmente, esse cadevano nel vuoto molto più di quanto non accadesse prima. Un vuoto nemmeno tanto fatto di arroganza o di decisionismo fine a se stesso o, comunque, di una strategia politica, per quanto inaccettabile. Un vuoto e basta. Nel quale anche qualche annuncio di scelte condivisibili - penso a quella che viene chiamata la "rivalutazione" dell'istruzione tecnica e professionale, o all'innalzamento dell'obbligo o alla revisione delle indicazioni nazionali - veniva e viene soffocato da una forte condizione di subalternità ad un percorso già disegnato, al quale nulla si ha da contrapporre.

"Come tornare a una scuola che sia un luogo dove si va per imparare? " è stato chiesto giorni fa ad Edgar Morin. "Con l´amore"- ha risposto - "e non è un´idea mia, sto solo citando Platone".

Ecco, dopo essere passata dalla delusione alla rabbia e da questa allo scoraggiamento definitivo, ho capito che è proprio l'amore che manca al nostro ministro. Ed è questa mancanza a renderlo indifferente, che poi vuol dire, nel suo caso, non differente.

So bene che il silenzio può essere considerato una resa, ma so anche che a volte può essere l'unica forma di protesta possibile. Almeno l'unica di cui io ora mi senta capace. E che sento di potermi permettere, nonostante il distacco doloroso che comporta, considerato che, per fortuna di tutti, sono molti quelli che, al contrario di me, hanno ancora tanto da dire e la forza per farlo. In molti luoghi, ma, soprattutto, su Fuoriregistro.

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 Claudia Fanti    - 12-04-2007
Carissima Anna,
ti voglio bene. Si può dire?
Abbraccio qualsiasi scelta sia la tua, perchè oltre a volerti bene, ti stimo tanto per tutto ciò che hai dato a noi e alla scuola. Tuttavia le tue parole chiare, oneste e forti mi mancheranno...
Un abbraccio forte forte anche a te!