Un sogno ricorrente
Giovanna Casapollo - 12-06-2002
Il divanetto metallico appoggiato ad una parete dell’aula senza banchi era occupato.
Elena appoggiata allo stipite della porta guardava intorno a sè una realtà che il tempo dell’attesa dilatava.
Dietro una cattedra notarile un bidello annoiato con l’aria di un vecchio commissario di esami di stato spostava con agilità felina nelle scanalature parallele di un abaco sfinito piccole sfere numerate.
Voti superstiti si disperdevano nell’aula.
Professori olimpici dietro una porta chiusa, esaminavano vecchie relazioni velleitarie.

“...che cosa valutare... ...raccogliere informazioni ...tecniche di classificazione

Dietro le lenti antiriflesso ingombre di goccioline calcaree risecchite, Elena percepiva il fastidio per quell’umanità spenta di cui si illudeva di non far parte.

“...l’attività scolastica, come qualunque altra forma di attività organizzata e finalizzata, ha bisogno di essere continuamente controllata ...”

L’ultimo numero della rivista di Scienze dell’educazione scivolava svogliatamente tra le sue mani mentre fingeva di dominare l’inutile scorrere del tempo. L’attesa era lunga, gli appuntamenti non erano stati rispettati. Un applicato di segreteria con fretta imbarazzata compariva e scompariva tra le porte davanti agli sguardi bassi dei novelli dannati. Tutti speravano in una grazia che li avrebbe liberati dalla colpa sconosciuta che aveva fatto meritare loro la bocciatura catartica.

“...chi segue segue, chi non segue è bocciato...nella scuola tradizionale la situazione iniziale è completamente tagliata fuori dalla valutazione...il recupero è delegato all’alunno...”

Finalmente... il capriccio del tiranno concesse l’udienza lenitiva. Elena, unico esemplare di una casta inesistente, vinse la gara del privilegio. Nella penombra dello studio le luci di un neon che abbagliava senza illuminare attraversarono con fastidiose meteore le sue pupille. Immagini allucinate lampeggiarono repentinamente.
L’autorità di un indice mostruoso indicava una sedia che Elena immaginò disposta all’accoglienza simbiotica col suo corpo. Seduta percepì morbido il suo abbraccio d’alluminio.
Poi, di fronte a quell’implacabile inquisitore, con un corpo alienato e un pensiero ingombro di immagini scomposte, narrò il suo presente insussistente e ossessivo e chiese di dare un senso a quell’ agire .

“...quando il recupero è tardivo l’alunno continua ad accumulare ritardi e frustrazioni ...e la scuola segna la via di demarcazione tra promossi e bocciati...”

“La mia infanzia, devo parlare della mia infanzia - pensava”. La volta altissima di un’aula di monastero, fotogrammi di una scuola-tempio, comparvero nel balenìo delle luci artificali

“...l’alunno non è più oggetto , bensì soggetto attivo della verifica; non è più estraneo, ma coinvolto in essa...”

La sua mente vagò nel senza-tempo, ricostruì percorsi arruginiti, riabbracciò spettri deliranti, riscoprì desideri incofessati.
Davanti ad un maestro che seduceva la sua anima, recitava scene inesistenti, denudava i suoi pensieri, inquieta riaccendeva una memoria lontana, vaga, disordinata sovrapponendola alla recente. Inatteso un uomo-padre riapparve nel sudario del ricordo. Perchè? Quella bambina non aveva bisogno di protezione sollecita, non vagheggiava più carezze maliziose.

“...il dato che emerge con evidenza è che in nessun momento si valuta veramente il ragazzo, la sua buona o cattiva volontà, il suo impegno o non impegno...”

Occhi metallici violavano la donna che il tempo dilatato palesava: un corpo caldo si offriva al desiderio di un amplesso virtuale ed osceno.

(da Una prof qualunque - bozzetti realistici tra soggettività e istituzione - di Giovanna Casapollo)


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 Rolando    - 12-06-2002
Grazie Giovanna!

Ci hai regalato un bel sogno
Rolando