Mozione approvata dal CD dell'IIS Meucci di Carpi
Francesco Mele - 20-02-2007
Il collegio docenti dell'IIS "Meucci" di Carpi, riunito il giorno 19 febbraio 2007, esprime il proprio profondo disagio e la propria indignazione:

• per i recenti provvedimenti sulla scuola pubblica
• per la campagna mediatica contro i docenti e contro il sistema pubblico statale di istruzione - cui non è stata data adeguata risposta da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, che dovrebbe constatare nelle scuole quali siano le reali condizioni di lavoro e quali le risorse assegnate, oltre che riconoscere e valorizzare le buone pratiche che sono presenti grazie all'impegno, spesso non riconosciuto, di molti docenti.

Dopo aver creduto nella possibilità di una crescita qualitativamente uniforme del servizio di istruzione pubblica sul territorio nazionale, nel definitivo accantonamento del processo di aziendalizzazione delle scuole e nella possibilità di un sensibile miglioramento delle condizioni di lavoro, ci troviamo di fronte a:

1) aumento del numero di alunni per classe. Si parla tanto di qualità dell'insegnamento, ma sovraffollando le classi di fatto si otterrà l'effetto opposto e cioè lo scadimento dell'offerta formativa ed una minore capillarità nel controllo delle effettive conoscenze e abilità maturate dagli alunni;

2) scuole pubbliche trasformate, o in via di trasformazione, in "fondazioni". Le donazioni che il Ministro Fioroni vorrebbe favorire comporteranno ulteriori diminuzioni degli stanziamenti statali per le scuole pubbliche. Tali donazioni sembrano costituire un tentativo di "privatizzare" la scuola, visto che si accompagnano all'immissione di imprese e privati vari negli organi di gestione delle scuole;

3) consigli di istituto trasformati, o in via di trasformazione, in consigli di amministrazione in cui, propone il Ministero, trovino posto rappresentanti degli enti locali e delle aziende private;

4) finanziamenti fortemente ridotti per il funzionamento ordinario e l'azione didattica. Visto che le entrate fiscali sono in aumento, ci aspetteremmo che si smettesse di tagliare risorse alla scuola pubblica e che si cominciasse piuttosto ad investire nell'istruzione, come persino il tanto citato programma di Lisbona ci chiederebbe di fare. Invece, prosegue questa politica scolastica umiliante nei confronti degli operatori del settore, degli studenti e dei loro genitori;

5) scuole trasformate in progettifici, perché l'unico modo per ottenere finanziamenti è quello di sfornare progetti destinati ad essere spesso poco efficaci e fortemente condizionanti per l'attività didattica. Ma non è con i progetti che si realizza un serio ripensamento della didattica e dei contenuti curricolari.

Noi tutti e tutte siamo coscienti che non sia possibile continuare a insegnare in queste condizioni. Sono umilianti per noi e dannose per gli studenti.

Secondo i mezzi di informazione, la scuola pubblica dovrebbe farsi carico di qualunque forma di disagio sociale e di qualunque aspetto dell'azione educativa, supplendo all'assenza di altri agenti (gli enti locali, la famiglia...). E mentre le si assegna questo compito improbo, si pensa che la soluzione ideale sia tagliare le risorse alle scuole e ridurre il personale, aumentando il numero di alunni per classe e riducendo fortemente il numero degli interventi di sostegno per l'integrazione degli alunni migranti e degli alunni diversamente abili.
In cambio, ci piovono addosso progetti di ogni genere, con finanziamenti anche consistenti, che ci inducono a stipulare convenzioni con centri di formazione professionale.

Noi riteniamo che la riforma degli istituti tecnici e professionali non possa in alcun modo essere disgiunta da un serio ripensamento del biennio in senso unitario, che è l'unica reale risposta all'elevamento dell'obbligo scolastico a 16 anni.

In questi ultimi 10 anni nella scuola superiore abbiamo assistito ad una serie di operazioni di riforma quantomeno avventate, che hanno avuto come unico effetto quello di snaturare completamente il sistema di istruzione superiore, provocando un'emorragia di studenti e di studentesse dai tecnici ai licei e dai professionali ai tecnici e mandando di fatto in tilt l'azione didattica dei docenti, il sistema educativo e quello produttivo di conseguenza. Ci troviamo di fronte ad un incredibile impoverimento culturale e ad una trasformazione dei linguaggi e dei valori di riferimento che la scuola non è in grado, nelle attuali condizioni, di affrontare adeguatamente. E tutte le sperimentazioni positive in tal senso non solo non vengono incentivate e sostenute, ma ignorate e cancellate.

La scuola potrebbe trovare le soluzioni adeguate in un profondo quanto indispensabile processo di autoriforma. Peccato che invece di sostenerla in questo difficile compito, si sia cominciato a tagliare drasticamente i fondi e ridurle il personale.

All'accresciuta complessità della popolazione scolastica sono state corrisposte sempre meno risorse ed un carico sempre più pesante di lavoro a causa delle cattedre a 18 ore, che tra l'altro hanno completamente reso impossibile la continuità didattica e separato insegnamenti tradizionalmente e motivatamente unificati.

Nel contempo, abbiamo assistito all'arrivo di molti alunni migranti, spesso bisognosi di una prima alfabetizzazione, e ci siamo trovati del tutto impreparati e spesso impossibilitati ad attivare adeguate strategie d'intervento.

Sono aumentati gli alunni disabili, ma le risorse sono molto scarse e le attrezzature spesso difficilmente accessibili. Si prevedono nuovi e pesanti tagli ai docenti di sostegno come conseguenza dell'attuazione delle norme sull' accertamento dell' handicap previste dalla finanziaria di due anni fa: sono stati tolti psicologi e assistenti sociali e aumentati i medici, i quali accertano in termini clinici il livello dell'handicap, senza tenere conto della concomitanza di fattori di disagio sociale. Come per miracolo si stanno dimezzando i ragazzi bisognosi del sostegno e dell'integrazione scolastica!!!

Sono questi alcuni dei motivi di forte preoccupazione per la sorte delle scuole pubbliche che, in questo modo, legheranno il loro destino non ad una programmazione di lungo periodo da parte dello Stato bensì alla capacità delle singole "scuole-fondazioni" di coltivare i rapporti con gli sponsor, in un clima di competizione sempre più acceso per assicurarsi le poche risorse disponibili.
Al contrario, dovrebbero essere incentivate tutte quelle azioni ed occasioni che rendano possibile il confronto e la ricerca-azione fra scuole di uguale e diverso ordine e grado e che consentano alle esperienze positive di circolare e divenire patrimonio comune, e a quelle negative di non ripetersi.

Alla luce di queste considerazioni, il collegio chiede al Ministro della Pubblica Istruzione di esplicitare con estrema chiarezza il modello di scuola pubblica a cui fa riferimento e aprirsi al confronto, su temi così delicati, con il mondo della scuola, prima di proseguire in nome di una presunta autonomia sulla strada di una "liberalizzazione" che rischia seriamente di tradursi solo in caotica e dannosa frammentazione.


Carpi, 19 febbraio 2007

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