Anno scolastico 2012-2013 - mese di agosto
Pierangelo - 29-08-2013
Caciocavallo non è un formaggio di latte equino, ma deve il suo nome al fatto che viene lasciato a stagionare a cavallo di una sbarra, appeso in coppia con un altro. In questo post però si parla di scuola e di quando un insegnante deve anche ringraziare la sua buona stella, perché non è andato proprio in sovrannumero, ma deve soltanto completare in un'altra scuola il proprio orario di cattedra, perché c'è stata una contrazione. Quindi fa la fine del caciocavallo, un po' qui e un po' là, doppie riunioni, ambienti diversi, capi e colleghi differenti.
Gianfranco Pignatelli - 28-08-2013
Insegno storia dell'arte. Ma non solo. Ai miei alunni ricordo sempre di essere innanzitutto un educatore. Prospetto l'arte passata sottolineando gli agganci col presente e gli spunti edificanti. Un esempio? A Firenze, nella chiesa del Carmine, c'è la Cappella Brancacci, dedicata a Felice, imprenditore, come si direbbe oggi, prestato alla politica. Felice Brancacci, in pieno umanesimo, si autocelebra identificandosi in s. Pietro. Il ciclo figurativo, magistralmente dipinto da Masaccio, è ispirato agli Atti degli apostoli e alla attualità politica dell'epoca. Tra i tanti episodi, uno, il Tributo della moneta, vede Cristo col suo seguito avvicinato da un gabelliere che richiede la tassa necessaria per poter accedere alla città della quale si scorge la porta.
Giuseppe Aragno - 27-08-2013
Giorgio Israel, storico della matematica, membro della Académie Internationale d'Histoire des Sciences, discute spesso di scuola e ne parla con notevole competenza. Al paragone, Gelmini, Profumo e Carrozza fanno la figura degli analfabeti. In ciò che dice c'è quasi sempre un notevole equilibrio; ogni osservazione corretta, tuttavia, contiene spesso un'incredibile sciocchezza. L'ultimo esempio di questo singolare modo di ragionare l'ha dato ieri, lanciandosi senza esitazioni in un'appassionata difesa del liceo classico.
Immaginando l'inevitabile domanda del lettore - "Perché il liceo classico?" - la risposta dello studioso è subito nel titolo del suo articolo: "Perché se muore il liceo classico muore il paese". Letto il titolo, però, a me è venuta spontanea un'altra domanda: perché perdere tempo a leggere l'articolo?
Severo Laleo - 26-08-2013
Nel vecchio scaffale bianco avorio, inizio novecento, mastodontico, dove per forza hai da collocare i libri in doppia fila, ogni volta devi scegliere, e con buona motivazione, quali libri avere in vista.
E senza un disegno preciso ti capita di vedere in bella mostra avvicendarsi romanzi, saggi di politica, guide per viaggi, fascicoli di fogli di appunti, e qualche titolo tra i classici, anche questi secondo una rotazione casuale.
Eppure in questa girandola di libri, hai dei punti di riferimento sicuri, stabili, sicché, quando attraversi la stanza, il tuo sguardo individua subito i colori delle copertine inamovibili. E ti par di essere padrone del tuo pensiero.
Il mio colore è un verde non brillante, direi umile, ma fermo, di semplice brossura. Edizioni Cittadella. Assisi. Tre volumi in quattro tomi, con un titolo di altri tempi, temi di continua attualità, in serrate argomentazioni.
E' un trattato di Teologia Morale...
Gabriele Attilio Turci - 25-08-2013
Con questo grido, i più vecchi di noi, ricorderanno come si sollecitavano pendolari, studenti, assonnati ed esausti fruitori dei treni che in lungo e in largo collegavano, assolutamente con maggiore frequenza, le periferie delle province alle città metropolitane.
Non assomigliava ad un ordine, ma ad un bonario stimolo a fare presto, a mettersi in carica e in moto per il lavoro del giorno, quasi una seconda sveglia mattutina. E la sera poi, l'esortazione diventava la premessa per la cena che attendeva e il ricapitolo della giornata.
Oggi, perlomeno per chi vive del lavoro della scuola e nella scuola, "Carrozza" richiama, oltre che al ministro, la situazione stessa dell'organizzazione scolastica. Quasi un "nomina sunt omina", la comparsa della dottoressa Carrozza come ministro non ha eccitato, a suo tempo, gli animi di nessuno, probabilmente essendosi perduta da tempo, ogni speranza di rinnovamento e di visione centrale della scuola e della formazione culturale, da parte della classe politica italiana.
Ma appunto "nomen omen": la scuola che brancola e arranca da decenni, percorsa da riforme che si accavallano e si contraddicono, ha messo "a cassetta" un vetturino con qualche lustrino, ha aggiunto qualche informatica balestra ancora cigolante che però fa tanto "trendy".
Giuseppe Aragno - 21-08-2013
In una lontana introduzione a un ormai classico saggio di Pietro Grifone sul peso della finanza nella nostra storia, Vittorio Foa tornava addirittura a Bucharin per cogliere nella «simbiosi del capitale bancario con quello industriale» l'essenza della finanza e ricordare un insegnamento di Lenin che non è mai stato attuale come oggi: non si può modificare la natura socialmente ingiusta e strutturalmente aggressiva del capitalismo dandogli una mano di vernice democratica. Il capitale in crisi non lascia vivere i diritti.
A guardare com'è ridotto il diritto allo studio, sancito dalla Costituzione, è difficile dar torto al rivoluzionario russo. Ai ragazzi provenienti da classi subalterne si garantiscono scuole e università solo nelle fasi di espansione e crescita o quando, comunque, la difesa del saggio di profitto chiede pace sociale e un fantoccio di democrazia.
Vincenzo Pascuzzi - 19-08-2013
La miglior difesa è l'attacco, devono aver pensato a Villa Falconieri, sede dell'Invalsi a Frascati. Criticato e messo in cattiva luce per l'iniziativa Vcamp, l'istituto presieduto e gestito da Paolo Sestito e Roberto Ricci ha affidato al suo numero tre (di fatto) il compito di contrattaccare e rompere l'accerchiamento mediatico. Così Daniela Notarbartolo - ricercatrice e collaboratrice dell'Invalsi stesso - ha dovuto impegnare il suo Ferragosto e la vigilia per scrivere un lungo articolo pubblicato poi venerdì 16 agosto su il sussidiario.net.

Vediamo rapidamente alcune parti di questo articolone.
Giuseppe Aragno - 16-08-2013
Ernesto Che Guevara, che prima di essere un rivoluzionario fu uno studente in gamba, si laureò in medicina e imparò a conoscere i problemi della scuola e dell'università, parlando agli studenti a Santiago di Cuba strappata con le armi a un dittatore al soldo degli USA, non mostrò incertezze: "Andate a cercare i nomi degli artefici della riforma e andate a vedere qual è oggi la loro posizione politica, quale ruolo hanno svolto nella vita pubblica dei Paesi d'appartenenza e avrete delle sorprese straordinarie. I personaggi che [...] appaiono all'avanguardia della riforma nel loro paese sono le figure più nere della reazione, le più ipocrite, perché parlano un linguaggio democratico e praticano sistematicamente il tradimento". Sarà un caso, ma chi nel nostro Paese volesse provare a seguire il consiglio del Che, sorprese ne avrebbe davvero. Senza tornare al fascista Giovanni Gentile, Berlinguer, Moratti e Maria Stella Gelmini corrispondono perfettamente all'identikit tracciato in anni lontani dall'eroico rivoluzionario argentino.
Claudia Fanti - 15-08-2013
Sto pensando al fatto che mi piacerebbe come insegnante che la classe dirigente in generale pensasse al dramma pedagogico della scuola, e non parlo delle singole classi, mi riferisco proprio alla riflessione filosofica, base essenziale della pedagogia, la quale mi pare oggi inesistente sia alla sorgente delle leggi sia dei decreti che da tempo hanno letteralmente scompaginato le categorie su cui si basava l'azione di un adulto che per lavoro si relaziona ogni giorno con le generazioni che intanto si avvicendano dentro le aule. Lo sviluppo di personalità giovani mi pare avvenire dentro un contesto alquanto degradato. Prevalgono negli ultimi anni tecnicismi, attenzione a griglie e schemi all'interno dei quali devono rientrare competenze, abilità, scelta di soluzioni contingenti anziché quell'ampio respiro che non molto tempo fa avevano trovato la pedagogia conversazionale, l'ascolto, lo sguardo riflessivo sulle cose e sulle coscienze di ognuno.
Sonia Cartosciello - 02-08-2013
La condizione di precario non è solo una limitazione dei diritti costituzionali di ogni cittadino della nostra Repubblica, ma è, piuttosto, una condizione di vita, e la cosa è tanto più grave e inaccettabile in una società progredita che dovrebbe fondare la sua essenza sull'istruzione di tutti e per tutti e che, dunque, avrebbe l'obbligo di considerare gli insegnanti una preziosa risorsa a cui attingere e non, un peso che sembrerebbe aggravare il già affollatissimo quanto travagliato mondo del lavoro.
galassia scuola
Spazio aperto alle riflessioni e alle opinioni personali su quanto avviene nella scuola in generale, nella nostra scuola in particolare, nelle piazze e nei palazzi in cui la scuola è all’ordine del giorno. Insegnanti, ma anche studenti, operatori, genitori … possono dar vita a un confronto su tematiche attuali, a patto che la discussione sia corretta.
Astenersi anonimi e perditempo!
La Redazione
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