Dopo la scossa (mancata) della
7, il complicato giocattolo televisivo italiano continua la sua storia nel
nuovo clima politico: con il proprietario delle tre reti private che controlla
anche le tre reti pubbliche, ( e tanti liberali che non ci trovano niente di
strano. Siamo alla vigilia di un regime? La tv chiuderà il cerchio del consenso
a Berlusconi e alleati? Per rispondere si può cercare di capire quanto la tv abbia pesato finora sul comportamento elettorale.
«L’esposizione alle reti televisive ha sempre influenzato le preferenze
elettorali, dal 1994 a oggi», assicura Luca Ricolfi,
sociologo dell’università di Torino, che esibisce i dati delle sue ricerche
sugli ultimi otto appuntamenti elettorali. «L’esposizione alle reti Fininvest
prima e Mediaset poi ha sempre favorito il centrodestra e in particolare Forza
Italia: con impatti che vanno da un minimo di 3-4 punti (nel 1996) a un massimo di oltre 10 punti (nel 2001)». Diverso è
l’impatto della Rai: «Complessivamente ininfluente nel
1994,in seguito è sempre stata favorevole al
centrosinistra: vale un 3 per cento alle politiche del 1996 e oltre un 10 per
cento a quelle del 2001». Il risultato è che l’effetto-Rai e l’effetto-Mediaset
si sono a volte bilanciati, come nel 1996, in cui si sono annullati a vicenda
con saldo zero. Nel 1994 invece l’informazione televisiva nel suo insieme, Rai
più Mediaset, ha aiutato nettamente il centrodestra; nel 2001 ha leggermente
aiutato il centrosinistra. Proprio nelle ultime elezioni politiche, però,
l’influenza della tv ha spostato oltre il 10 per cento dei voti e nelle ultime
tre settimane della campagna elettorale ha determinato la rimonta di 6-7 punti.
«Può aver contato l’effetto Luttazzi-Travaglio, ma ha pesato ancora di più la
copertina dell’Economist con il titolo “Perché Silvio Berlusconi è inadatto a
governare l’Italia”».