“Non ci può essere una pace sostenibile senza uno sviluppo sostenibile. Non ci può essere sviluppo senza un processo educativo che duri tutta la vita. Non ci può essere sviluppo senza democrazia, senza una distribuzione più equa delle risorse, senza l’eliminazione delle disuguaglianze che separano i paesi più avanzati da quelli meno sviluppati”. Federico Mayor, Direttore Generale dell’UNESCO. | ||
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Nel proclamare il 2000 Anno Internazionale per la Cultura della Pace, l’obiettivo primario delle Nazioni Unite era quello di “mobilitare l’opinione pubblica a livello nazionale e internazionale, con l’obiettivo di costruire e promuovere una cultura di pace e di affermare il ruolo centrale che il sistema ONU potrebbe avere in questo processo”.
L’anno 2000, con tutti i valori simbolici legati all’avvento di un nuovo millennio, offre un’opportunità eccellente per il lancio di un Movimento Mondiale per la Cultura della Pace, basato sull’impegno individuale giorno per giorno, con il coinvolgimento delle istituzioni e delle organizzazioni a tutti i livelli, da quello internazionale a quello locale. Sono coinvolti anche gli stati e i governi, perché è necessario che vi sia una volontà politica precisa per la creazione e l’affermazione delle condizioni che permettono una pace di lunga durata.
Il Movimento Mondiale deve fondarsi su
una definizione molto ampia di “cultura di pace”, basata “sul rispetto per i
diritti umani, la democrazia e la tolleranza, sulla promozione dello sviluppo,
sull’educazione alla pace, sulla libera circolazione delle informazioni e su una
maggiore partecipazione delle donne”.
Questo significa che il movimento
per una cultura di pace già esiste in tutto il mondo attraverso le azioni di
molti individui, gruppi, organizzazioni e istituzioni. Infatti, le persone che
oggi sono impegnate all’interno di organizzazioni umanitarie promuovono
attraverso il proprio lavoro i valori della tolleranza e della solidarietà,
rifiutando così proprio la nozione di “nemico”, che rafforza la cultura della
guerra.
Chi combatte per la democrazia e i diritti umani, così come chi
lavora per lo sviluppo, si oppone alla cultura di oppressione che soggiace agli
assetti politici improntati all’autoritarismo, perché in entrambi i casi
l’impegno è rivolto alla lotta contro l’esclusione e la povertà, che sono spesso
la causa della violenza.
Il Movimento Mondiale deve quindi essere una “grande alleanza dei movimenti esistenti”, un processo capace di unire tutti coloro che hanno lavorato e lavoreranno nella direzione di questa trasformazione fondamentale delle nostre società. L’obiettivo è quello di mettere ogni persona o organizzazione nelle condizioni di contribuire a questo processo di trasformazione da una cultura di violenza ad una cultura di pace, in termini di valori, atteggiamenti e comportamenti individuali e anche a livello delle strutture istituzionali.
In ogni paese, città o quartiere la cultura della pace può essere affermata in molti modi diversi, lavorando per sradicare le profonde cause culturali della violenza e della guerra, come la povertà, l’esclusione, l’ignoranza e lo sfruttamento.
Nel promuovere questa “grande alleanza” a tutti i livelli della società, le Nazioni Unite e l’UNESCO stanno svolgendo la propria missione fondamentale. Essi si rivolgono direttamente ai singoli individui, esortandoli ad assumersi delle responsabilità personali e ad impegnarsi in azioni collettive, soprattutto con i gruppi e le organizzazioni non governativi.
Tali gruppi e organizzazioni, quando lavorano a livello locale e in settori specifici (come la tutela dell’ambiente o la promozione della diversità culturale) non sono sempre consapevoli che stanno contribuendo a costruire una cultura di pace a livello mondiale. Partecipando al Movimento Mondiale, evitano l’isolamento e ricevono un maggiore riconoscimento della propria azione, che incoraggia altri indivdui ad unirsi a loro.
Lo sviluppo del Movimento Mondiale è previsto in tre fasi:
1. Campagna di sensibilizzazione pubblica da parte dei mass media
L’obiettivo è quello di sensibilizzare
sull’Anno Internazionale per la Cultura della Pace e sulle trasformazioni
culturali necessarie nel prossimo millennio, sia per quanto riguarda gli
individui che per quanto riguarda le istituzioni. Questa campagna di
sensibilizzazione pubblica è cominciata ufficialmente a Parigi il 4 marzo 1999
alla conferenza stampa internazionale che si è svolta alla Tour Eiffel.
Successivamente, si sono tenute altre conferenze stampa di livello regionale in
America Latina, in Asia, in Africa, nell’Europa Orientale e negli stati
arabi.
Uno dei momenti fondamentali della campagna sarà il lancio mondiale
dell’Anno Internazionale per la Cultura della Pace, che si svolgerà il 14
settembre 1999, cioè in coincidenza sia con la “Giornata Internazionale per la
Pace” che con l’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite prima dell’anno
2000. Questa iniziativa si svolgerà in alcuni luoghi e monumenti simbolici, che,
per la loro posizione e per il loro significato culturale, possono essere
assunti come “piattaforme” da cui annunciare ad un ampio pubblico l’Anno
Internazionale per la Cultura della Pace. Tra questi, la Tour Eiffel a Parigi,
le Piramidi Teotihuacan in Messico, Byblos e Tyr in Libano e Hiroshima in
Giappone.
Il punto culminante di questa campagna di sensibilizzazione
pubblica sarà l’”Assemblea del Millennio” a settembre 2000, durante la quale i
capi di stato e i rappresentanti delle ONG di tutto il mondo si riuniranno
insieme. Un grande contributo all’impatto della campagna sarà dato dalla
diffusione del logo ufficiale dell’Anno Internazionale per la Cultura della Pace
e di altri slogan (come “La pace è nelle nostre mani”), attraverso materiale
scritto, radiofonico, audiovisivo e di tipo informatico.
2. Appello all’impegno individuale
Il “Manifesto 2000 per la Cultura della Pace e della Non-Violenza” è lo strumento primario di questo appello. E’ stato elaborato da un gruppo di vincitori del Premio Nobel per la Pace, che volevano mettere il maggior numero possibile di individui nelle condizioni di dare un contributo personale alla cultura della pace, giorno dopo giorno. L’obiettivo è quello di raccogliere 10 milioni di firme prima dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre del 2000 (si veda oltre, sezione 3).
3. Invito all’azione
L’atto di firmare il Manifesto 2000 non è un punto d’arrivo, ma solo l’inizio di un percorso di impegno personale. L’obiettivo è quello di mobilitare il maggior numero possibile di individui per contribuire alla cultura della pace, incoraggiandoli ad unirsi ad organizzazioni e istituzioni già impegnate in diverse aree della cultura della pace. In particolare, si creeranno delle “reti di reti”, con l’obiettivo di diffondere una serie di informazioni sulle attività delle organizzazioni esistenti nei vari paesi. La creazione di queste reti per lo scambio di informazioni e risorse sarà resa possibile da una serie di siti web collegati gli uni con gli altri attraverso dei link, nonché dalla creazione di linee telefoniche per l’informazione a livello nazionale
Manifesto 2000 per la cultura della pace e della non-violenza: nell’anno 2000, 100 milioni di persone sono impegnate per la creazione di un nuovo mondo, basato sulla tolleranza, la solidarietà e la non-violenza |
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Su iniziativa del Direttore Generale dell’UNESCO, Federico Mayor, la “Cultura della pace” è diventata la molla principale dell’organizzazione, che sempre più promuove la non-violenza, la tolleranza e la solidarietà. La cultura della pace esercita un’influenza sulle persone in ogni luogo, incoraggiandole ad impegnarsi in azioni ispirate da questi valori. All’alba del nuovo millennio, è più attiva che mai nei suoi sforzi per rendere lo “spirito della pace” una realtà della propria vita, per le persone di tutto il mondo. | |||