Il parlamento dice sì a Moratti
Parere favorevole dalle commissioni. Molti rilievi sulla copertura finanziaria
 

Roma, 22 gennaio.


Vola verso il consiglio dei ministri per l'approvazione definitiva, il decreto attuativo della riforma Moratti che ridisegna scuola dell'infanzia, elementari e medie: le commissioni cultura di camera e senato, e la commissione bilancio della camera hanno dato parere favorevole. Oggi si pronuncerà anche la commissione bilancio del senato, stoppata dal clima di tensione che ha accompagnato l'intero iter del decreto. I senatori hanno infatti deciso di dedicare qualche ora in più all'analisi degli aspetti finanziari, decisamente sospetti. Tant'è vero che anche le sedute delle altre commissioni sono state assai faticose, e l'esito - seppur scontato - è arrivato solo in tarda serata, condito da un incidente istituzionale alla camera. Le opposizioni, infatti, hanno abbandonato la commissione cultura, in polemica con il fatto che la votazione è stata imposta prima ancora che la commissione bilancio avesse espresso il suo parere: «Una protesta di metodo e di merito - spiega la deputata di Rifondazione Titti De Simone - le procedure prevedono che la commissione cultura prenda visione della decisione e dei rilievi della bilancio. Oltretutto ci troviamo del tutto in disaccordo con il decreto, ne abbiamo chiesto di nuovo il ritiro, spiegando che la protesta non si fermerà». Prc, Ds e Margherita hanno presentato tre distinti pareri di minoranza, sostanzialmente identici. Sul piatto rimane l'evidenza che le minime spaccature ravvisate all'interno della maggioranza (prima le finte dimissioni della relatrice nazionalalleata Napoli, poi i radicali emendamenti proposti dall'Udc) sono prive di peso. L'Udc promette ancora battaglia in seno al Consiglio dei ministri, ma intanto si è accontentata della formula già espressa dalla Conferenza stato-regioni il 10 dicembre scorso. Tra cui l'aggiunta delle (massimo) 330 ore di mensa alle elementari e 231 alle medie, per raggiunegre quota 40 ore settimanali e far credere che il tempo pieno rimane in piedi. Il parere stilato da Napoli, infatti, non fa che questo: ricopiare punto punto gli emendamenti della conferenza, aggiungendo qua e là qualche specificazione (molte delle quali suggerite da An). Da segnalare quella che prevede la ridefinizione delle classi di abilitazione all'insegnamento in base ai programmi allegati al decreto.

Molto più intricato il parere favorevole espresso dalla commissione bilancio, che prevede alcuni rilievi. La relazione inviata dal ministero, infatti, non ha convinto nessuno. Divertente la giustificazione del relatore di maggioranza Gaspare Giudice (Fi) «il decreto è a copertura dinamica». La relazione presentata dal ministero, infatti, rimanda alle finanziarie dei prossimi anni, un punto considerato illegittimo dalle opposizioni: «Il decreto deve avere una copertura complessiva al momento dell'approvazione, altro che dinamica», ha osservato ieri la deputata Ds Piera Capitelli, accerchiata da insegnanti e genitori che anche ieri hanno presidiato il parlamento. Come se non bastasse, il ministero ha giustificato l'assenza di risorse per l'inserimento della lingua inglese in forma obbligatoria già dalla prima elemenatre sostenendo che già attualmente è coperto per il 92,7%. Di più: per la formazione dei «9.600 insegnanti» che il ministero ritiene mancanti, basterebbero 500 euro a testa.

Per quanto riguarda l'inserimento dell'insegnamento dell'informatica, la relazione del ministero è ancora più insensata: si fa riferimento alla possibilità di attingere dai fondi per l'autonomia, «il ministero prende i soldi dai bilanci delle scuole autonome per fare la sua riforma», ha osservato la deputata diessina Alba Sasso, che ha ribadito come la riforma abbia «un principale obiettivo: ridurre gli organici. In seconda battuta c'è la volontà di fare una scuola che seleziona sin dai primi anni». Intanto ieri i sindacati confederali hanno depositato al Tar del Lazio il ricorso contro la circolare sulle iscrizioni, che anticipa la scuola Moratti.

 

 

Cinzia Gubbini sul Manifesto