Martedì 14 Gennaio 2003
«No alla guerra, sconfitta per l’umanità»
ALCESTE SANTINI
Giovanni Paolo II
ha scelto l'occasione dell'annuale incontro con i 174 ambasciatori accreditati
presso la Santa Sede, per far sentire ieri al mondo, turbato da una diffusa
preoccupazione per il futuro, il suo forte «no» alla guerra, alla morte,
all'egoismo e il suo «sì» alla vita a tutti i livelli (contro aborto, eutanasia
e clonazioni), al rispetto del diritto, al dovere della solidarietà. «Sono
impressionato - ha detto il Papa - dal sentimento di paura che dimora sovente
nel cuore dei nostri contemporanei». Bisogna, quindi, uscire dall'attuale
«disordine mondiale» risolvendo i contenziosi con il dialogo diplomatico e
dicendo «no» alla tendenza a «rifugiarsi nel bozzolo di una classe sociale
privilegiata o di una cultura di comodo che esclude l'altro». Le ingiustizie, le
disuguaglianze nascono da questa «visione egoista» del mondo per cui «nazioni
opulente sono indifferenti a Paesi abbandonati a se stessi». È la prima
volta che il vecchio Papa Wojtyla, disgustato dal fatto che i suoi ripetuti
appelli alla pace sono rimasti, finora, inascoltati, ha deciso di sfidare i
potenti della terra a misurarsi con la sua sofferta e provocatoria presa di
posizione. Ha rimproverato loro che il mondo sarebbe «totalmente diverso se si
cominciasse ad applicare gli accordi sottoscritti». Non ci sarebbe la crisi
mediorientale se le risoluzioni dell'Onu fossero state applicate, mentre sono
prevalsi «gli interessi dei membri della comunità internazionale», e se
israeliani e palestinesi vivessero «fianco a fianco, ugualmente liberi e
sovrani, rispettosi l'uno dell'altro». I fatti stanno a dimostrare, osserva
Wojtyla, che «ricorrendo al terrorismo o ai conflitti armati» o puntando su
«vittorie militari», alludendo a Sharon come ad Arafat e a Hamas, si allontana
la soluzione del conflitto.
Quanto alle «minacce di una guerra che potrebbe
abbattersi sulle popolazioni dell'Iraq» che ha definito «terra dei profeti» per
cui non può essere confusa con Saddam Hussein, il Papa ha ricordato agli Stati
Uniti che «da dodici anni quelle popolazioni sono sotto embargo». Ed ha
affermato con forza - sostenendo le ragioni dell'Onu - che «la guerra non è mai
una fatalità, ma è sempre una sconfitta dell'umanità». Occorre dare fiducia agli
ispettori. Nel richiamare, quindi, tutti ad un «dialogo leale, alla solidarietà
fra Stati, all'esercizio nobile della diplomazia», Giovanni Paolo II ha
contestato, alludendo anche alla Corea del Nord, chi arriva, perfino, ad avere
«fiducia nell'arma nucleare», come se Hiroshima e Nagasaki non avessero nulla
insegnato, ammonendo che non si può prescindere dalla Carta dell'Organizzazione
delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale.
Il Papa ha quindi portato
ad esempio l'Europa, che ha saputo abbattere i muri senza spargimento di sangue
ed ora sta realizzando pacificamente il suo allargamento ad est. A tale
proposito si è augurato che la nuova Carta costituzionale europea non dimentichi
le origini cristiane del continente. Anche in Africa, travagliata da tanti
conflitti, l'Angola, il Burundi, il Congo (ex Zaire) hanno intrapreso un cammino
di dialogo e di pace. E con lo stesso metodo vanno risolte altre crisi come
quelle dell'Argentina, della Colombia, del Venezuela. È dunque possibile
cambiare il corso degli eventi se prevale la reciproca fiducia e ci si impegna a
«servire il bene comune». Un Papa, quindi, deciso a fermare la guerra pronto a
compiere gesti ancora più clamorosi. Nel 1991, scrisse a Bush senior, a Saddam e
a Gorbaciov, ma non evitò la guerra. Ora, però, la situazione internazionale è
divenuta più allarmante per cui si appella anche alla coscienza dei popoli per
la pace.
http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20030114/NAZIONALE/SPECIALI/WW.htm