La partita è ancora aperta

 

Il decreto appena approvato dal Governo stravolge la scuola pubblica e la sua funzione storica. Il decreto, infatti:

 ·          distrugge la scuola dell'infanzia, riducendola a parcheggio per assistenza

          ·          prevede la cancellazione del tempo pieno e prolungato,

 ·          riduce il tempo scuola per tutti a 27 ore settimanali, elimina la collegialità e la corresponsabilità tra docenti,

 ·         dimentica del tutto il  modello modulare, con le implicazioni di professionalità e con titolarità acquisite e rafforzate che comporta,

       ·         differenzia i percorsi a partire dalla prima media, con l’anticipo dell’ingresso alla scuola dell’infanzia   modifica la natura di questa scuola e costringe i ragazzi a scegliere a soli 12 anni e mezzo cosa fare dopo la terza media (proseguire nella scuola o andare alla formazione professionale).

 

 In una parola distrugge quanto di buono ha fatto fino ad oggi la scuola pubblica, che se pure non è riuscita ad eliminare le ferite più vistose, prima fra tutte l’enorme dispersione scolastica che colpisce le fasce sociali più deboli, ha comunque garantito una cultura di base a tutti ed una parziale perequazione delle differenze sociali e tra i territori.
Indubbiamente il tempo pieno e prolungato, con il suo modello pedagogico, ha rappresentato e rappresenta la risposta più qualificata della scuola pubblica, perché ha permesso a molte famiglie di armonizzare le esigenze lavorative con i tempi distesi per l’apprendimento dei propri figli, con la garanzia di un’educazione di qualità per tutti. Il tempo pieno e prolungato ha svolto infatti un costante ruolo innovativo nella scuola di base, sul piano della sperimentazione didattica, della cooperazione tra docenti, dell’inserimento dei bambini disabili, della didattica laboratoriale, del rapporto con il territorio e gli Enti Locali.
Attualmente nel Paese più del 20% delle scuole elementari sono a tempo pieno e negli ultimi due anni la richiesta è cresciuta di 1000 classi l’anno.

 

 

E’ solo il primo anello della controriforma

Il decreto appena approvato rappresenta solo il primo anello della controriforma Moratti che ha un effetto devastante sulla scuola pubblica:

·         riduce le risorse, taglia il tempo scuola, trasforma l’istruzione in un servizio a domanda individuale, riporta a 8 anni l’obbligo scolastico,

·         separa, contravvenendo ai principi costituzionali  di uguaglianza, l'istruzione dalla formazione professionale   e chiede ai giovani dopo la terza media di effettuare una scelta difficilmente recuperabile.

·       modifica l'istruzione secondaria superiore, che, anche affidata, nella sua parte organizzativa, alle regioni, non deve perdere la sua unitarietà, nel rispetto dei principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione

·         Guarda a una scuola vecchia, autoritaria e selettiva, una scuola che favorisce i pochi a danno dei molti, che accresce le disuguaglianze sociali e le differenze tra i territori.

·         Propone quell'"educazione per l’occupabilità” che considera il sapere una merce spendibile, sottoposta ai vincoli e alle leggi della domanda e dell’offerta, reintroducendo lo stesso meccanismo competitivo e selettivo che produce il disagio, l’emarginazione, il senso di fallimento e le devianze di molti ragazzi e ragazze.

 

Questo disegno, che danneggia tutto il Paese, considerando l’istruzione un settore in cui risparmiare e lasciare campo libero al mercato, è completato

 

·         dal mancato adeguamento dei livelli stipendiali agli standard europei

·         dalla riduzione delle risorse in settori che l'Europa ci riconosce come avanzati, quali quello dell'integrazione di alunni ed alunne diversamente abili e stranieri.

·         dalla riduzione degli investimenti per l’università e la ricerca, dove si estende la privatizzazione ed il controllo politico sulle nomine e sull’attività di docenti e ricercatori


I risultati finali sono  la dequalificazione della professionalità docente, l'impoverimento della proposta culturale,  l’eliminazione della libertà di insegnamento e di ricerca.

 


Sconfiggere il disegno governativo è possibile

In questi mesi è cresciuto il dissenso e la consapevolezza della posta in gioco: si sono moltiplicate,  in modo capillare, assemblee, raccolte di firme, mozioni, documenti, iniziative di lotta e di informazione.
Le mobilitazioni del 29 novembre e del 17 gennaio sono state l’espressione evidente di questa preziosa volontà diffusa di genitori, insegnanti e cittadini uniti nel comune intento di fermare lo scempio che si sta compiendo a danno della "loro" scuola.
Il Ministro ha deciso di tirare dritto pur in presenza di una crescente opposizione politica e sociale, di vistose divisioni interne alla maggioranza e nonostante sentenze costituzionali e pareri parlamentari che ne evidenziano l’illegittimità. Ha proseguito sulla sua strada, continuando nel metodo inaccettabile fin qui seguito di non coinvolgere né la società né le componenti scolastiche su un argomento che riguarda il futuro di tutti e di tutto il Paese.
Ma oggi è possibile “Fermare la Moratti” ed impedire l’attuazione del decreto.