Pinelli: scheda biografica

(…)"Pinelli era fortemente indiziato … era un anarchico individualista … il suo alibi è crollato. Si è visto perduto. E’ stato un gesto disperato, una specie di autoaccusa (…)". Dichiarazioni rilasciate dal questore di Milano, Marcello Guida già direttore di Ventotene all’epoca del confino politico [1], nella conferenza stampa tenuta in questura la notte stessa della morte di Pinelli e ripresa da tutti gli organi di informazione.

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Giuseppe Pinelli, nel 1969, ha 41 anni, ferroviere, una moglie, dei figli. Una persona "normale" … se non fosse anarchica. Uno dei pochi della generazione di "mezzo". Quella scampata al fascismo e che costituisce il raccordo ideale tra vecchi (quelli che hanno conosciuto la violenza della persecuzione fascista, il confino di polizia, la clandestinità, l’esilio, la guerra di Spagna, la Resistenza … come Pio Turroni, Alberto Mazzucchelli o Alfonso Failla) e nuovi adepti.

E’ un tipo tranquillo, metodico, non violento. Per nulla al mondo avrebbe fatto del male ad una mosca.

La sera del 12 dicembre raggiunge la questura di Milano in sella al suo motorino. La notte del 15 precipita dalla finestra del quarto piano.

Quel che accadde quella notte è ormai parte integrante della nostra Storia recente. Sembra ormai accertato che fossero in 7 (sette!!) ad interrogarlo quella notte. E non riuscirono a … fermarlo.

Sappiamo, però, quel che avvenne nei minuti immediatamente successivi.

Quando il corpo, ormai esanime, venne trasferito al Pronto Soccorso del vicino ospedale del Fatebenefratelli [2].

(…)"Quando l’anarchico fu trasportato nella sala di rianimazione dell’ospedale non era in condizioni di coscienza. In compenso, però, (..)"si era trasferito lì tutto lo stato maggiore della polizia milanese, il questore Marcello Guida compreso. Ma la polizia era presente anche all’interno della sala di rianimazione dove due medici cercavano, invano, di rianimare Giuseppe Pinelli. Tranquillo, silenzioso, non molto turbato dalla vista dell’operazione di intimazione orotracheale e di ventilazione col pallone di Ambù alla quale l’anarchico veniva sottoposto. Un poliziotto in borghese, camicia e cravatta, baffetti neri e un distintivo sull’occhiello della giacca, non si allontanò neppure per un attimo dal lettino dove Pinelli stava morendo, attento a raccogliere ogni suo rantolo. (…) Chi gli ha dato l’ordine di entrare nella stanza compiendo un abuso di autorità che non è tollerato negli ospedali? E perché è entrato, che cosa pensava o temeva che Pinelli potesse dire prima di morire? (…)". [3]

Probabilmente non lo sapremo mai.

Ai funerali di Pinelli, svoltisi in una Milano blindata e militarizzata, parteciparono circa diecimila anarchici provenienti da tutta Italia che cantarono "Addio Lugano bella". Quando, alla fine della mesta cerimonia, un gruppo di giovani cercò di raggiungere l’ingresso principale della questura per deporvi un mazzo di fiori fu caricato e bastonato senza pietà. I fiori abbandonati per strada.

Le spoglie mortali del ferroviere riposano nel cimitero anarchico di Carrara. Accanto a quelle degli anarchici storici. Sulla tomba i suoi compagni hanno scelto – come epitaffio - una poesia di Edgar Lee Master tratta dal libro: Antologia di Spoon River

La sua compagna, Licia, a 34 anni "dall’evento" attende ancora giustizia.

Nota a margine:

Tutte le inchieste successive finalizzate a far luce sulle oscure cause della morte del ferroviere anarchico si sono concluse o con l’archiviazione oppure con "un non luogo a procedere" con la motivazione che, il fermato, è caduto dalla finestra della questura di Milano in seguito ad un, improvviso, malore.

Le spoglie mortali di Giuseppe Pinelli riposano – per suo esplicito desiderio – nel cimitero anarchico di Carrara.

Note:

[1] cfr. Marco Fini e Andrea Barberi - Valpreda: processo al processo, Feltrinelli Editore, 1971, Milano, pag. 90

[2] cfr. La strage di Stato, Savelli Editore, 1970, Milano, pag. 89

[3] ibidem