L’Unità
Mercoledì 24 MARZO 2004
di Pietro Greco
Addio,
Charles Darwin. Nelle scuole medie italiane - come, per una breve stagione, in
quelle del Kansas - non si insegnerà più la teoria dell’evoluzione biologica.
Nei libri di testo dei nostri ragazzi non è più previsto alcun accenno alla
cespugliosa storia evolutiva della vita sulla Terra, alla modificazione
incessante delle specie per quel gioco di “caso e necessità” di cui parlava
Jacques Monod, a quell’ipotesi di discendenza dell’uomo dalla scimmia che tanto
faceva soffrire l’iracondo vescovo Wilberforce. Via, tutto. Cancellato. I
ragazzi non devono sapere.
Non conosciamo se a decretare il veto contro l’insegnamento di quella teoria darwiniana, che la comunità scientifica in tutto il mondo considera la base fondamentale del nostro sapere intorno ai fatti della vita, sia stata una qualche commissione distratta o una qualche autorità retrograda.
Non
sappiamo se a provocare la virtuale cancellazione di Darwin dai libri di
scienze dei nostri ragazzi sia stato l’atto malaccorto di un burocrate sciatto
o la decisione cosciente di un’autorità reazionaria. Fatto è che con la riforma
Moratti la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale del più
adatto esce dalla scuola italiana. I ragazzi non devono sapere. E neppure gli
adulti.
La
notizia è, di certo, fragorosa: l’Italia opera una censura culturale che non ha
riscontro in alcuna parte del mondo, Kansas incluso. Una mordacchia che neppure
ai tempi di Galileo.
La
teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin non è solo una delle più
grandi conquiste del pensiero scientifico, è anche una delle più grandi
acquisizioni della cultura di ogni tempo. La sua teoria dell’evoluzione
biologica ha contribuito a ridisegnare la visione che noi tutti abbiamo del
mondo che ci circonda e di noi stessi. Darwin, per intenderci, siede al tavolo
dei grandi del pensiero insieme ad Aristotele e a Kant, a Euclide e Gödel, a
Galileo e Newton, a Platone ed Einstein. Cancellarlo dai libri di testo
significa, né più né meno, cancellare un pezzo decisivo della cultura
occidentale e della cultura tout court.
Per
questo più assordante ancora dell’operazione di cassazione a opera del
ministero dell’Istruzione è il silenzio che si è creato intorno alla vicenda.
Nessuno ne parla. Né per condannare e neppure per applaudire. Come se
cancellare un pezzo fondante della nostra cultura dai libri di testo fosse
un’operazione normale. Come se cacciare Charles Darwin dalla scuola a un secolo
e mezzo dalla pubblicazione di “Sull'origine delle specie”, fosse un'operazione
non degna di alcun interesse. Come se cancellare il pensiero su cui si fonda la
scienza emergente del XXI secolo, la biologia, potesse essere culturalmente
sostenibile per un paese che si autodefinisce libero e avanzato.
Ora noi
capiamo (ma non giustifichiamo, sia chiaro) il governo e gli ambienti culturali
che lo sostengono. Da qualche tempo - intorno a quel governo, in quegli
ambienti - spira un vago vento antievoluzionista. Che è come dire un vago
eppure concreto vento antistorico e antiscientifico. Da qualche tempo a questo
improbabile zefiro viene dato un certo spazio. Ricordate il convegno contro
Charles Darwin organizzato nei mesi scorsi a Milano da frange di Alleanza
Nazionale e ospitato dalla Provincia? E ricordate, che nei mesi scorsi, tra i
massimi dirigenti del nostro massimo Ente pubblico di ricerca il governo
Berlusconi ha nominato, per l’appunto, un antievoluzionista? Nessuna di queste
(e altre) operazioni ha riscontro nei paesi occidentali. E neppure nei paesi
islamici. O buddisti. O induisti. O animisti. Neppure nelle roccaforti dei
creazionisti (il Kansas, il Texas e gli altri stati del Sud degli Usa) le
istituzioni promuovono convegni contro l’evoluzionismo e pongono ai vertici
della ricerca pubblica degli antidarwinisti. Non succede perché il pensiero di
Darwin è, ormai, scienza consolidata e il creazionismo è un atto di fede. Un
atto legittimo, sul piano religioso. Ma in nessun posto al mondo, ormai,
neppure nelle teocrazie più fondamentaliste un centro di ricerca scientifica si
regge su un puro atto fede.
Per
intenderci, anche la Chiesa cattolica considera quella darwiniana un’ipotesi
solida (anche se non completa). E, comunque, l’unica ipotesi scientifica in
campo capace di spiegare i fatti noti della biologia. Per essere ancora più
chiari: il cattolico Ludovico Galleni nel Dizionario interdisciplinare di
Scienza e Fede pubblicato di recente dalla Urbania University Press e da Città
Nuova a cura di Giuseppe Tanzella-Nitti e Alberto Strumia sostiene “l’accettazione
ormai definitiva della prospettiva scientifica evolutiva” da parte del pensiero
teologico. Cosicché il pensiero antievolutivo è l’epigone di un pensiero
cristiano (cattolico e protestante) reazionario del tutto minoritario in ogni
parte del mondo, Kansas compreso.
Cosicché
anche il governo Berlusconi non ostenta le sue ormai sistematiche gesta
antidarwiniane. Non ha il coraggio delle proprie azioni. Le minimizza. Le fa
passare in sordina. Quasi a farci intendere che dietro non c'è una precisa
scelta culturale. Che si tratta solo di piccoli e innocui pegni da pagare ad
ambienti di destra con idee più o meno bizzarre. Ed è così, in sordina, che il
governo fa passare le nuove gesta didattico-pedagogiche che buttano fuori
Darwin dalle scuole medie italiane.
Ma può la società italiana accettare che un atto politico - non
si sa se (più) sciatto o (più) reazionario - metta la scolorina al grande
quadro della teoria fondamentale della scienza emergente, la biologia, proprio
come in Unione Sovietica i burocrati zelanti cancellavano con la scolorina
dalle foto ufficiali i politici caduti in disgrazia agli occhi di Stalin? Può
accettare che i suoi ragazzi si formino senza aver mai sentito parlare di
Charles Darwin e della sua teoria evoluzionista in un’epoca in cui la scienza
biologica disegna gran parte della frontiera sociale ove si incontrano cultura,
etica e persino economia?
La
domande sono certamente retoriche: no che l’Italia non può accettarlo. Non
senza combattere, almeno. Le risposte, invece, sono avvilenti. La cancellazione
con la scolorina della figura di Charles Darwin dalla grande foto della storia
surrettiziamente proposta ai ragazzi della scuola media non ha suscitato una
grande reazione di ripulsa nell’opinione pubblica e nei media. È come se un po'
tutti fossero rassegnati a questo improbabile revisionismo. A questo
revisionismo vigliacco che preferisce non parlare di Darwin piuttosto che
sfidarlo in campo aperto. E così molti - troppi - tacciono, facendo finta,
proprio come accadeva in Urss, di non vedere. Di non vedere che qualcuno - non
si sa se più per sciatteria o più per spirito reazionario - sta manipolando la
scienza e la storia. Che qualcuno sta minando alla base la cultura - e il
futuro - dei nostri figli. È davvero assordante questo silenzio.