Piccole e grandi ambiguità di
una legge senza capo né coda
3.1
Ma
qual è la scansione delle date di questa riforma? Ecco la sequenza.
Il
governo di cui è ministro la signora Moratti giura l’11 giugno del 2001. Il 18
luglio la Moratti insedia un gruppo ristretto di lavoro con il preciso compito
di bloccare la riforma Berlinguer. Già in campagna elettorale era stato
annunciato che uno dei primi atti, in
caso di vittoria, sarebbe stato quello di non far partire la riforma della
scuola voluta dal centro-sinistra. Il compito del gruppo ristretto è quello di
procedere ad una “complessiva riflessione” e fare una ipotesi di “ un nuovo
piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici”. Il gruppo, la
Commissione Bertagna, dal nome del professore che la presiede, il 28 novembre è
già in grado di rispondere al mandato ricevuto. Magari non avranno fatto le
vacanze (anche se non è detto) ma vuoi mettere la velocità? Il 14 dicembre viene pubblicata una sintesi
dei lavori della Commissione: è il frutto di incontri con sessanta consigli di classe di vari istituti
distribuiti a campione sul territorio nazionale (tutte scuole di Palermo, L’Aquila
e Torino, chissà perché) oltre che ad
una serie di Gruppi Focus con la
partecipazione di “opinion laeder” nazionali, di accademici e di rappresentanti
del mondo della scuola e dell’associazionismo culturale e professionale.
Nel
documento di presentazione, il Gruppo di lavoro ristretto dice esplicitamente
di aver proceduto all’elaborazione della proposta di riforma del sistema
educativo e di istruzione e di formazione. In altri termini, i giochi sono
fatti. Dopo, però, c’è una precisazione che spiega che poiché con la legge
numero 3 del 18 ottobre 2001 (pochi giorni prima), l’istruzione e la formazione
professionale sono attribuite alle Regioni, che acquistano la capacità di
legislazione concorrente, il
confronto con le Regioni, dunque, è non solo prioritario e fondamentale, ma imprescindibile già nel momento stesso della progettazione del
nuovo sistema educativo di istruzione e formazione”. Un momento, se si deve
progettare insieme alle Regioni, come mai il gruppo ha già elaborato la
proposta? Che senso ha poi smontarla di nuovo? Come mai tutta questa fretta?
Nella
più grande confusione il Ministro Moratti convoca gli Stati Generali della
scuola. Tutti all’Auditorium S.
Domenico di Foligno il 19 e 20
dicembre. È una farsa tremenda. I rappresentanti delle Regioni non ci andranno,
invitati all’ultimo momento ma senza poter intervenire. Parlerà in loro
rappresentanza il presidente della
Regione Piemonte per 15 minuti all’inizio dei lavori. Beh, per chi doveva
partecipare alla stesura della legge, sembra un po’ poco. Ma è solo una
messinscena. Ci saranno per un giorno e mezzo e non due, video e interventi preordinati e rigidamente
selezionati. Gli Stati Generali: concediamo il titolo ma togliamo la sostanza,
avranno detto. Insomma, quando furono convocati da Luigi XVI, nel 1789 in Francia, da lì partirono
l’Assemblea nazionale e poi la Rivoluzione francese (parole quasi offensive):
da qui parte solo una farsa per di più trasmessa in TV. Intanto il 17 dicembre,
urgono questioni di spazio, gli Stati
Generali vengono spostati da Foligno a Roma, al Palazzo dei congressi. La prima
mattina, tra saluti e video, gli interventi di tredici esperti scelti vengono
compressi in un’ora e mezzo: 6,5 minuti ciascuno a disposizione. Poi
testimonianze di scuole (già) scelte, poi ancora testimonianze di associazioni
(già) scelte, poi rappresentanti della società civile (già) scelti. Il secondo
giorno, per un’ora e mezza parleranno i membri della Commissione Bertagna, a
seguire una tavola rotonda con tre ministri del governo, poi mezz’ora per il
Ministro Moratti e nella mezz’ora
finale, l’intervento di Berlusconi.
Grazie ad un accordo con Rai Educational, tutti gli Stati Generali sono
trasmessi in diretta televisiva.
Berlusconi, ceronatissimo per la TV, farà sgombrare tutti dal palco e rimarrà solo lui al
centro della scena, con accanto solo la signora Moratti (ma è un set
televisivo, qual è il problema?).
Una
liceale napoletana avrà una crisi di nervi, salirà su un tavolo, urlando e
chiedendo come sia possibile che
nessuno si ribelli a qualcosa di così organizzato, dove non può parlare
nessuno? Verrà portata di peso fuori e le verrà spiegato che se fosse stata più
attenta avrebbe potuto sentire, per
più di un’ora, le parole dei suoi
colleghi rappresentanti. Più democratici di così?
P. S.
Più che Stati Generali sembra ed è un
convegno di una particolare
associazione di categoria che invita qualcuno al di fuori della cerchia per
rappresentanza e per non fare brutta figura. Senza contare che molti
convegni sono organizzati meglio,
durano più tempo e si ha molta più
opportunità di discutere e di capire.
3.2
La
scelta della Legge Delega. La strombazzata grande riforma Moratti si attua attraverso una legge delega (uno
strumento che in genere viene utilizzato quando si devono adottare
provvedimenti normativi come codici, articolati troppo analitici, cioè quelle
cose che non ammettono discussione perché non ce n’è bisogno). In pratica si delega al governo la definizione
delle norme generali, cioè la riforma della scuola. Insomma non si perde tempo
a mettere d’accordo tutti con una inutile discussione parlamentare, sempre noiosa e in più anche ideologica, che
viene messa in atto dai soliti
comunisti. E poi ci sono anche quei tipi all’interno della maggioranza
che non sono mai d’accordo su niente:
non vogliono l’insegnante tutor, non vogliono l’ingresso alla scuola
dell’infanzia a due anni e mezzo, ma che cosa vogliono? Insomma questi colleghi dell’UDC, la
smettano e lascino lavorare poiché loro
stanno facendo un servizio alla scuola, specialmente quella pubblica, che non si dimenticherà tanto facilmente. Ma
poi, scusate, se volevano discutere con cani e porci avrebbero adottato le
normali procedure legislative, sembra ovvio, no?
3.3
Piccole
e grandi ambiguità di una legge senza capo né coda, oltre che molto confusa. Vi
state chiedendo perché? Il primo decreto attuativo è del 23 gennaio 2004. Alla
fine, nelle norme finali e transitorie, si dice testualmente che l’attuazione
del Decreto è avviata dall’anno scolastico
2003-04 per la I° e II° classe della scuola primaria…. Si sono accorti che
l’anno scolastico è già iniziato e sta volgendo pigramente al termine? O hanno
intenzione di far ripetere l’anno a tutti? Chi lo sa?
3.4
Litigando
con le parole e con loro stessi, Ministro e staff hanno fatto in modo che due
parole, “istruzione” e “formazione” (che in inglese si possono tradurre
tranquillamente tutte e due in “education”) venissero praticamente alle mani.
È vero invece che il termine istruzione
richiama a qualcosa di culturale e quindi di disinteressato, e il termine formazione è più vicino alla competenza e abilità da
utilizzare nella professione. Questo in generale, perché poi, in fondo,
istruzione e formazione insieme definiscono un sistema formativo integrato.
Ma loro da quest’orecchio non ci sentono: hanno deciso che le due cose si
devono separare e quindi di conseguenza si devono separare le scuole, sulla
base di parole che non sono in contrapposizione se non nella loro mente.
3.5
Le
ambiguità e la democrazia. Che bisogno c’era di smantellare il gruppo di
insegnamento ( il modulo) della scuola elementare se non la volontà di tornare indietro alla maestra
unica? Mentre si magnifica la dimensione collegiale si smonta una delle
innovazioni più positive ed efficaci
che c’erano nella scuola italiana. Lo si fa introducendo la figura del
tutor che assumerà una funzione, (e che funzione a leggere la legge) mettendo
fine di fatto a qualunque contitolarità sulla classe o sui gruppi di alunni
(c’è bisogno di un capetto per produrre di più? Secondo la buona e sana logica
aziendale, sì). Ancora altre ambiguità. Nell’articolo 7 del Decreto si dice che
il compito dovrà essere svolto da un docente ‘in possesso di specifica
formazione’. Che significa? C’è chi ha
fatto già corsi di formazione per tutor? Dove? Quando? Privatamente? Ma poi
tutor di che?
Su
questo argomento, per radio, ad una precisa domanda di un’insegnante che
rilevava la perplessità e diceva
espressamente che così si introduceva una competizione inutile tra i
docenti, il ministro Moratti ha risposto che chi non farà il tutor in una
classe lo potrà bennissimo fare in un’altra classe. Un momento, sa di che cosa
sta parlando? Ad esempio, sa che nella scuola elementare le classi sono molto
meno degli insegnanti, così come nella scuola media? Ci spiega come si faranno
a trovare tutti questi posti da tutor? Per favore, la smetta di arrampicarsi
sugli specchi, o se vuole farlo, si arrampichi meglio e cerchi di non prendere
per scemo chi l’ascolta. La verità è che chi farà il tutorato si prenderà tutte
le responsabilità e gli altri giustamente si sentiranno meno coinvolti, grazie
a questa bella idea.
Ma
poi, dov’è il tanto sbandierato rispetto della persona? Bel rispetto della persona. Andate a dire ad
un docente di scuola elementare che a fatica è riuscito solo adesso a superare
la sua idea di essere l’insegnante unico protagonista della sua classe e lo ha
fatto a sue spese, pian piano, con gli esempi, la pratica, le idee, le teorie
sul pensiero collettivo e sui gruppi, beh, andategli a dire: “hai sbagliato tutto, si ritorna di
nuovo a come era prima”. Si rende conto la signora Moratti di quanta confusione
mentale crea? Come se ce ne fosse bisogno!
3.6
Sempre
su ambiguità e democrazia e sempre nell’articolo 7 del Decreto, ci sono
precisazioni riguardo alle attività didattiche aggiuntive, quelle che si
faranno di pomeriggio e che sono facoltative e opzionali. L’aggiunta è che la
frequenza di queste attività è gratuita. Invece nelle ore curricolari ci
potranno essere corsi a pagamento con
la formula “ contribuzioni da parte delle famiglie”. Scusate, ma ci mettiamo
d’accordo? Si paga nelle ore in cui non si può scegliere ed è gratuito quando le ore sono
facoltative? Ma siamo matti? Scusi, signora Moratti, ma Lei in mano a chi ha
messo la penna per far scrivere simili stupidaggini?
3.7.
In
ordine sparso.
Nelle
Indicazioni nazionali non si prendono neanche lontanamente in considerazione
gli esiti molto positivi che hanno avuto le sperimentazioni nazionali ASCANIO e
ALICE. Si disperdono così ottime pratiche scolastiche e radici pedagogiche
fondamentali della Scuola dell’Infanzia. Ma intanto: sono state fatte da quelli di prima, e poi a complicare le cose
c’è la parola sperimentazione che frega.
E
ancora, sembra che sia stato inventato da questi qua l’individualizzazione
dell’insegnamento che loro chiamano “personalizzazione”. Qualcuno sa che la
legge n. 517 del 1977 introdusse nella scuola italiana tale principio?
L’individualizzazione dell’insegnamento: ”la scuola segue i processi di
apprendimento-insegnamento tenendo presenti le specifiche caratteristiche di
ciascuno, garantendo a tutti il diritto qualitativo all’istruzione”.
C’è
sempre un modo per andare avanti facendo finta di farlo? Sembra proprio di sì.
Da ora in poi si chiamerà Portfolio, il
Libretto Personale che esisteva già, fu introdotto con la Legge n. 899 del 10
luglio 1940. E per le donne, altro che tre I ( internet, inglese, impresa) ma
principi di “economia domestica”, come si legge nelle indicazioni del 2004. Gli
alunni o le alunne? (tutti?) dovranno “individuare e praticare esperienze di
design, cucitura, tessitura e ricamo per scopi funzionali ed estetici,
costruire bozzetti”. Insomma, quello che facevano le nonne che frequentavano la scuola media nel dopoguerra.
È
tutta una finzione. Il problema è che non sappiamo più chi sono i registi e chi
gli attori. Un enorme “Truman show” senza finale.
Spot
che pubblicizzano la riforma girati invece che in una scuola reale, come
sarebbe più logico, su un set, dicendo poi il contrario. Agende che
pubblicizzano la riforma, regalate a
tutti gli operatori della scuola, solo per leggere due striminzite paginette
del Ministro ( almeno sembra che Berlusconi il regalo della calcolatrice
l’abbia fatto con i suoi soldi). Ancora, guide pubblicitarie per gli studenti della scuola secondaria
scritte nel 2003, quando ancora non era passato al voto del parlamento neanche il Decreto per la scuola
dell’infanzia e della primaria, anticipando cose che non si sa se saranno le
stesse. Si potrebbe continuare all’infinito…
(Ma) per finire.
Sul
fatto, rilevato un po’ da tutti, che la legge Moratti sia stata scritta male, mi sembra che non ci siano dubbi. Il
fatto che chi pensa male, parla male e scrive ancora peggio, è il CUN (Consiglio Universitario Nazionale) a
dirlo. Il CUN appunto, richiesto del parere sui documenti ministeriali, alcuni
dei quali sarebbero diventati il Decreto Legge
della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, tra le altre non
poche e non lievi rilevazioni, dice questo:
“Si
indicano i seguenti [errori] , rilevati nelle Indicazioni nazionali per i piani
personalizzati delle attività educative nelle scuole dell'infanzia: a p. 3 l. 3
anziché "quelle" si scriva "quelli"; l. 14 anziché
"impegnano" si scriva "impegna"; a p. 4 l. 7 anziché
"loro" si scriva "i loro"; l. 9 anziché
"mostrano" si scriva "mostrino"; a p. 7 l. 34 anziché
"oscilla" si scriva "oscilli".
Nel Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del
primo ciclo di istruzione (6-14 anni), p. 9, il quartultimo periodo è sospeso,
perché il gerundio "conoscendo" è coordinato in polisindeto con
l'indicativo "si comporta"; per correggere, si può forse sostituire
"conoscendo" con "conosce", ma il contenuto dell'intera
frase è così involuto da rendere incerta questa ipotesi emendativa."
Forzando
un po’ l’ultima parte, viene naturale chiudere così: IL CONTENUTO DELL’INTERA RIFORMA MORATTI È COSÌ INVOLUTO DA
RENDERE INUTILE OGNI IPOTESI EMENDATIVA.