Considerazioni preliminari in vista del convegno

"Buio sui 'Secoli Bui' ? Prospettive ed esiti delle 'indicazioni' ministeriali"

 

Le considerazioni che seguono hanno il solo scopo di fornire spunti di discussione tra gli altri, da sviluppare in futuro e da riprendere nel convegno prossimo

Ritornando su alcuni aspetti già sollevati, ritengo che le "indicazioni" si rivelino concretamente dannose non tanto per il generale disorientamento che stanno provocando tra gli insegnanti - non vi è cambiamento che non susciti ansie e incertezze - ma poiché pongono in secondo piano le esigenze dei soggetti dell’apprendimento e il contesto culturale e temporale in cui la loro formazione si colloca.

In pratica le "indicazioni" sottovalutano proprio le due attenzioni che dovrebbero rimanere al vertice delle priorità per l’insegnamento della storia:

1)     il rispetto della personalità degli scolari e delle sue fasi di formazione, poiché ignorano le fasi di sviluppo delle loro capacità di apprendimento e dei loro interessi, presumendo che tra la terza elementare e la terza media vi sia un unico ciclo.

2)     il presupposto irrinunciabile che per un paese come l’Italia la cultura storica non possa essere trascurata, oltre che per comprendere, rispettare e tutelare il formidabile patrimonio di cui siamo custodi, anche per le sollecitazioni al confronto e al dialogo indotte dall’inarrestabile formazione di una società multietnica, multiculturale e multireligiosa. Siccome le indicazioni rimandano alle scuole medie l’insegnamento di Medioevo, Storia Moderna e Storia Contemporanea, sembrano privare fino ad allora gli scolari di indispensabili strumenti cognitivi, affidando questi delicati compiti solo al tempo dedicato alla “educazione alla convivenza civile”.

Certo si tratta di “indicazioni” e non di programmi; ma è pur vero che sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e che sono diventate punti di riferimento istituzionali, difficilmente eludibili anche ricorrendo agli spazi di autonomia delle diverse scuole. Pertanto hanno e avranno immancabili ricadute sia sulla produzione dei manuali scolastici, sia sugli indirizzi della gran parte degli insegnanti

Per molti aspetti e per esplicita ammissione dei loro propugnatori le “indicazioni” vogliono mediare tra il “ciclo unico” proposto con la riforma Berlinguer-De Mauro e i tre cicli precedenti, ma con un esito che si prospetta come un compromesso gravido di conseguenze negative sia in ambito scolastico che extrascolastico e come un’operazione autolesiva per un contesto così ricco di vestigia storiche come quello italiano:

·         In primo luogo perché di fatto escludono Medioevo, Storia Moderna e Storia Contemporanea dagli orizzonti di un fascia scolare come quella elementare, che rimane ben scissa da quella successiva, oltre per la diversa fase evolutiva che attraversano gli scolari, anche per il fatto che i relativi insegnanti continuano ad essere formati da facoltà e corsi ben diversi e separati dagli altri. Inoltre il presupposto su cui si basa lo svolgimento di un unico ciclo tra terza elementare e terza media è del tutto artificioso: un vero gioco di prestigio come se racchiudere elementi diversi in un contenitore più ampio potesse annullarne le differenze.

·         Poi perché gettano alle ortiche migliaia di esperienze di valorizzazione e coinvolgimento dell'extra scuola nei processi formativi delle prime età scolari. È un paradosso quasi kafkiano che nel paese riconosciuto dall’Unesco come di gran lunga il più ricco al mondo di beni culturali, d'improvviso, musei, biblioteche, pinacoteche, centri di studio, associazioni culturali e quant'altro, diventino muti e disertati dalla età scolare in cui più si può far leva su sensibilità che se adeguatamente stimolate producono frutti indelebili.

Ne consegue:

1)     che non affrontando i suddetti periodi prima della scuola media (che "media" continua ad essere non solo perché così generalmente percepita da scolari e genitori, ma per le ricordate persistenti distinzioni di formazione dei relativi insegnanti) diviene estremamente difficile trattare i temi che l’attualità continuamente ci impone, col rischio di mantenere i nostri scolari in uno stato di totale inconsapevolezza e .  

2)     che i corsi di formazione degli insegnanti della scuola primaria vedranno declinare le frequenze delle  discipline storiche, col possibile paradosso di produrre figure professionali destinate all’insegnamento, ma oggettivamente carenti e lacunose

In definitiva, al di là delle dichiarazioni di intenti del ministro e dei suoi più stretti collaboratori secondo cui al centro della loro riforma ci sarebbero la persona e la sua formazione, le “indicazioni” non sembrano certo prendere le mosse dalle esigenze ad essa connesse, ma da un poco edificante compromesso politico. Che il riferimento alla centralità della persona non sia un ulteriore esempio di quei preamboli oggi così frequenti in politica che enunciano volontà e intenti edificanti per poi poterli contraddire totalmente?

Naturalmente queste constatazioni lasciano presumere esiti ancor più negativi nel caso si adottasse per l’intero curricolo scolastico un unico ciclo cronologico, ancor più aberrante perché ancor più irrispettoso dell'età evolutiva e della diverse facoltà percettive delle successive età scolari. Altre e autorevoli voci hanno già sottolineato le incongruenze di una simile scelta e come essa leghi fatalmente l’apprendimento dei vari periodi storici alle diverse fasi della crescita e alle loro differenti opportunità di approfondimento e renda quanto mai problematiche le correlazioni con altre discipline come letteratura, l’arte, la filosofia.

Molto efficaci in proposito le parole che Chiara Frugoni mi ha voluto mandare per ribadire la sua contrarietà al ciclo unico: «basta una volta: questa è l’idea che guida lo studio della storia nella riforma, senza tener conto che i  modi di apprendimento si sviluppano con l’età. Il sapere è fatto di sedimenti, di ricordi e di emozioni, di ripensamenti. Oggi invece per tutto basta una volta, perché il principio aziendale di ottimizzare i tempi ha contagiato anche i pedagogisti.»

È significativo che su questa posizione ora convengano anche autorevoli cultori della didattica della storia che in precedenza avevano sostenuto la proposta del ciclo unico, divenuto invece per altri un dogma intoccabile e purtroppo un evidente irrigidimento preconcettuale. In realtà prevedere un curricolo verticale coerente e organico è auspicabile, ma ciò non significa affatto affrontare la storia per una sola volta in tutta la carriera scolastica, ma predisporre fasi di insegnamento concordi, complementari e organicamente legate.

Su questo punto mi sento in piena sintonia con Ivo Mattozzi e l’Associazione Clio 92, che per il superamento delle ripetitività dei cicli propongono una differenziazione profonda dei “formati” con cui la storia può essere affrontata per intero nella scuola primaria, in quella secondaria di I grado e nella scuola secondaria superiore

Personalmente ritengo auspicabile che di fronte alla constatazione del danno, molti di coloro che hanno accettato quel postulato del tutto teoricista dell'unica progressione cronologica, ritornino sui propri passi.

La raccolta delle firme (davvero ragguardevole nella quantità e nell’articolazione delle risposte) è dunque finalizzata a preparate un evento che possa essere un momento di stimolo e di confronto tra insegnanti, operatori museali, storici e esperti di didattica  per l'elaborazione di proposte, che se non saranno in grado di rimuovere le “indicazioni”, ne prospettino alternative praticabili.

Tale evento come sai è il Convegno che si terrà il 12 ottobre prossimo a Bologna presso l’Aula Absidale col titolo volutamente provocatorio "Buio sui"Secoli Bui"? Prospettive ed esiti delle "indicazioni" ministeriali", ma che ovviamente intende sollevare le questioni riguardanti tutti i periodi storici che le indicazioni non prevedono per le scuole elementari

Tutto ciò fuori da visioni preconcette o di parte e in una prospettiva non certo conservativa, ma di un effettivo rinnovamento che adegui finalità, metodi e contenuti (tutti ugualmente importanti) alle necessità di valorizzare e rilanciare le conoscenze storiche nell’ambito dei percorsi formativi; soprattutto in considerazione dell’esigenza di una maggiore consapevolezza e responsabilità che l’attualità ci impone.

C’è ancora la speranza che le pregiudiziali teoriche lascino posto ad una più attenta valutazione di tutte le possibili soluzioni, operando comunque perché le indicazioni ministeriali abbiano almeno un valore non vincolante e prescrittivo.

Verificato che anche nelle sedi e nelle occasioni ufficiali si fanno strada le posizioni del buon senso ampiamente condivise dalla gran parte degli insegnanti, e in vista di future riforme e controriforme rese presumibili dall’asprezza delle contrapposizioni attuali ti pregherei non solo di intervenire, ma di invitare quanti possono contribuire in modo positivo al dibattito.

In attesa di una tua cortese risposta, ti invio i miei più cordiali saluti.

                                                                                               Rolando Dondarini

rolando.dondarini@unibo.it

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