Da http://www.sottovoce.it/conflitti/guerre1.htm

 

 

Conflitti in Africa (dossier)

 

I Conflitti in Africa sono di vari tipi e non aiuta la chiarezza il fatto di non distinguere le tipologie differenziate che permettono di discernere le cause che li scatenano:

I conflitti africani possono essere classificati in: ( vedi anche E. Matoko, funzionario del Dipartimento per la Cultura della Pace dell’Unesco, Nigrizia 10, 1998, p.12-13): 

Conflitti inter-statali, scoppiati per lo più sino alla fine degli anni ’80, che si limitavano a rivendicazioni di rettifica delle frontiere (Libia/ciad per il controllo della banda di Aouzou; Mali/Burkina per la regione dell’Agacher; Camerun/Nigeria per il controllo della penisola di Bakassi; Marocco Algeria per il controllo della regione di Tindouf, 350.oookmq circa); Marocco/Sahara Occidentale; Mali-Alto Volta per il controllo del territorio paludoso di frontiera a sud di Gao; Benin-Niger, frontiera lungo il fiume; Egitto-Sudan con il primo che reclama il cuneo di Wadi Halfa e il triangolo Jabel-Bartaziga-Korosko; Somalia-Etiopia, regione di Hawd e dell’Ogaden; Somalia-Kenya, frontiera del nord del Kenya; Mozambico-Malawi, che si contendono la riva paludosa est del lago Chilwa; Congo-Gabon, per la regione aurifera dell’ Ogoué; Camerun-Gabon, frontiera di Mbini, nell parte continentale della Guinea Equatoriale; Lesotho-Sudafrica, con il primo che reclama dei territori occupati nelle tre province sudafricane che lo delimitano; Sudan-Ciad, tracciato della frontiera comune; Sudan-Centrafrica; Nigeria-Benin, regione degli Yoruba; Tanzania-Malawi, per la riva del lago Malawi; Malawi-Zambia, per il tracciato delle frontiere; Zambia e Zaire si contengono la regione di Kaputa; Swaziland-Sudafrica, con il primo che rivendica le terre al nord, Kangwane, e parte del Kwazulu verso l’oceano. Tutti questi conflitti non sono sfociati in scontri armati anche, ciclicamente, al minaccia del ricorso alle armi torna prepotentemente a farsi sentire, come sta succedendo tra l’Eritrea e l’Etiopia nelle regione di confine tra i due stati. 

Conflitti di natura secessionista dove le frontiere coloniali sono state contestate dall’interno delle nazioni e hanno provocato guerre di secessione (Katanga nell’ex CongoBelga; Biafra in Nigeria; ) oppure ribellioni interne (Casamance/Senegal, ribellione dei tuareg nel Mali e nel Niger, Comore/Anjouan; il conflitto congolese, ex Zaire, è più complesso ed articolato, ma una situazione del genere si sta configurando nella regione orientale del Kivu dove una parte della popolazione di origine tutsi si sta ribellando all’autorità centrale di Kinshasa). 

Conflitti intranazionali che si sono aggravati con la fine della guerra fredda, l’inizio del processo di democratizzazione e la scomparsa dello stato nazionale. Questi conflitti sono guidati dai gruppi etnici, non di rado marginalizzati dai poteri politici, che si ribellano spesso in nome di una identità etnica a torto o a ragione giudicata minacciata (Ruanda e Burundi con il conflitto tra tutsi e hutu; la guerra nell’Est del Congo-Democratico; la Liberia e la Sierra Leone); il conflitto nell’Angola e nel Congo-Brazzaville rappresentano dei casi atipici dove i fattori sono insieme economici (la guerra del petrolio che infuria tra società francesi e anglo-americane), fattori politici (il fallimento della decolonizzazione e del processo democratico, avviato nel Congo nel 1991 e funestato da ben tre conflitti tra le milizie armate dei leaders di partito), fattori regionali (la vicinanza dell’Angola con il Congo-Democratico e il Congo-Brazzaville con la possibilità per i vari gruppi in conflitto di stringere alleanze con il governo di Luanda e la ribellione dell’Unita rimasta fedele a Jonas Savimbi); fattori personali, molto difficile da cogliere per gli osservatori esterni al continente, ma che hanno il loro peso nel prottrarsi di certi conflitti che, oltre ai fattori oggettivi, sono riconducibili alle personalità e alle storie dei protagonisti che regolano sulla pelle dei loro concittadini i conti delle loro rivalità, delle loro ambizioni e delle loro frustrazioni (è certamente il caso di Sassou Nguesso e Pascal Lissouba in Congo; di Edoardo Santos e Jonas Savimbi, e altri ancora) 

La dimensione nuova, dai contorni ancora in via di analisi e di destabilizzazione, è la crescente regionalizzazione delle crisi, ossia la presenza nelle zone di conflitto di un numero consistente di paesi ciascuno alleato con altri e con dei disegni strategici autonomi. Soggetti in grado di allearsi, a secondo delle circonstanze, con tale o tal’altro potenza occidentale o beneficiare dell’appoggio economico di tale o tale altr’altra multinazionale del petrolio, del diamante, dell’oro…ecc. Praticamente nessun conflitto, anche con le caratteristiche originali che abbiamo descritto, riesce a restare confinati alla dimensione nazionale. La tendenza alla regionalizzazione si sta accentuando negativamente con l’allargamento dei soggetti che combattono sul terreno; positivamente con le soluzioni che vengono ricercate da organismi regionali che stanno giocando un grande ruolo in alcuni conflitti (Sierra Leone con l’Ecomog, la Guinea-Bissau con l’importante accordo, ora minacciato, di Abuja tra l’ufficiale ribelle Ansumane Mane e il capo dello stato B. J. Vieira

- Si assiste sempre di più ad una miscela esplosiva di tutti questi fattori che non agiscono più singolarmente, ma che si concatenano e si alimentano reciprocamente. Non di rado, in effetti, un conflitto iniziato con una motivazione politica (per esempio la contestazione di un risultato elettorale) può degenerare in conflitto etnico con risvolti economici. L’analisi dovrebbe, quindi, essere meno semplicistica e rendere ragione della complessità di questi fattori e del loro sostegno reciproco.