Il primo decreto per attuare le
legge 53 nella scuola dell’infanzia, elementare e media è stato approvato, ma
la partita rimane aperta. L’approvazione del decreto non significa affatto che
a settembre potrà essere applicato. Mancano
le condizioni minime per dare attuazione al decreto, a partire dal prossimo
anno scolastico: iscrizioni avvenute sulla base della precedente normativa (il
decreto è vigente solo dopo la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale), non
coinvolgimento e non condivisione degli insegnanti, mancanza di garanzie sugli
organici, sull’utilizzazione del personale scolastico e sulla copertura
finanziaria.
Inoltre sono stati annunciati diversi ricorsi volti
ad ottenere l’annullamento del decreto sia per contestare l’illegittimo eccesso
di delega (la figura del tutor non è prevista nella legge 53) sia per
contestare le invasioni delle prerogative delle istituzioni scolastiche
autonome in merito all’organizzazione didattica.
Altri motivi di impugnativa sono
poi rappresentati dalla mancanza di copertura finanziaria e dall’introduzione,
sia pur in via transitoria, delle Indicazioni Nazionali, senza rispettare la
procedura prevista dalla stessa legge 53.
Il
decreto disgrega la scuola pubblica
Il decreto appena approvato dal
Governo stravolge la scuola pubblica e la sua funzione storica. Il decreto,
infatti, prevede la cancellazione del tempo pieno e prolungato, riduce il tempo
scuola per tutti a 27 ore settimanali, elimina la collegialità e la
corresponsabilità tra docenti, differenzia i percorsi a partire dalla prima
media, con l’anticipo dell’ingresso alla scuola dell’infanzia modifica la
natura di questa scuola e costringe i ragazzi a scegliere a soli 12 anni e
mezzo cosa fare dopo la terza media (proseguire nella scuola o andare alla
formazione professionale). In una parola distrugge
quanto di buono ha fatto fino ad oggi la scuola pubblica, che se pure non è
riuscita ad eliminare le ferite più vistose, prima fra tutte l’enorme
dispersione scolastica che colpisce le fasce sociali più deboli, ha comunque
garantito una cultura di base a tutti ed una parziale riduzione delle
differenze sociali e tra i territori.
Indubbiamente il tempo pieno e
prolungato, con il suo modello pedagogico, ha rappresentato e rappresenta la risposta più qualificata della scuola
pubblica, perché ha permesso a molte famiglie di armonizzare le esigenze
lavorative con i tempi distesi per l’apprendimento dei propri figli, con la
garanzia di un’educazione di qualità per tutti. Il tempo pieno e prolungato ha
svolto infatti un costante ruolo innovativo nella scuola di base, sul piano
della sperimentazione didattica, della cooperazione tra docenti,
dell’inserimento dei bambini diversamente abili, della didattica laboratoriale,
del rapporto con il territorio e gli Enti Locali.
Attualmente nel Paese più del 20% delle scuole elementari sono a
tempo pieno e negli ultimi due anni la richiesta è cresciuta di 1000 classi
l’anno.
Il decreto appena approvato
rappresenta solo il primo anello della
controriforma Moratti che ha un effetto devastante sulla scuola pubblica:
riduce le risorse, taglia il tempo scuola, trasforma l’istruzione in un
servizio a domanda individuale, riporta a 8 anni l’obbligo scolastico, chiede
ai giovani dopo la terza media di scegliere fra due canali separati: quello
dell’istruzione e quello della formazione professionale. Guarda a una scuola vecchia, autoritaria e selettiva,
una scuola che favorisce i pochi a danno dei molti, che accresce le
disuguaglianze sociali e le differenze tra i territori. Questo disegno, che danneggia tutto il Paese, che considera
l’istruzione un settore in cui risparmiare e lasciare campo libero al mercato,
trasformando anche l’istruzione in una
merce, è completato dalla riduzione degli investimenti per l’università e
la ricerca, dove si estende la privatizzazione ed il controllo politico sulle
nomine e sull’attività di docenti e ricercatori.
Il risultato finale è la massima
compressione e riduzione della libertà
di insegnamento e di ricerca.
In questi mesi è cresciuto il dissenso e la consapevolezza
della posta in gioco: si sono moltiplicate, in modo capillare, assemblee, raccolte di firme, mozioni,
documenti, iniziative di lotta e di informazione.
Le mobilitazioni del 29 novembre
e del 17 gennaio sono state l’espressione evidente di questa preziosa volontà
diffusa di genitori, insegnanti e cittadini uniti nel comune intento di fermare
lo scempio che si sta compiendo a danno della "loro" scuola.
Il Ministro ha deciso di tirare
dritto pur in presenza di una crescente opposizione politica e sociale, di
vistose divisioni interne alla maggioranza e nonostante sentenze costituzionali
e pareri parlamentari che ne evidenziano l’illegittimità. Ha proseguito sulla
sua strada, continuando nel metodo inaccettabile fin qui seguito di non
coinvolgere né la società né le componenti scolastiche su un argomento che
riguarda il futuro di tutti e di tutto il Paese.
Ma oggi è possibile “Fermare la
Moratti” ed impedire l’attuazione del decreto.
q E’ possibile utilizzare le prerogative dell’autonomia
scolastica per salvaguardare la qualità della scuola pubblica: occorre che le
scuole non cadano nella trappola dello spezzatino (27+3+10, 27+6+7) ma
vincolino, sulla base del proprio POF, lo “spezzatino” al mantenimento
integrale dell’attuale modello pedagogico e del curricolo vigente, in modo da
realizzare modelli di organizzazione didattica centrati sul gruppo docente
contitolare e corresponsabile, recuperando il più possibile il percorso
formativo per tutti con un tempo scuola di trenta ore.
q Le scuole nel prossimo anno dovranno contare in organico
sulle attuali risorse professionali, senza riduzioni derivanti
dall’applicazione del decreto, non solo per la difesa dei posti di lavoro, ma
per garantire alle famiglie le 40 ore con il modello attuale del tempo pieno
con due insegnanti corresponsabili della classe e le compresenze per
l’individualizzazione dei percorsi.
q
Deve proseguire la
mobilitazione allargando sempre di più lo schieramento per “Fermare la Moratti”,
coinvolgendo i genitori, gli studenti, gli enti locali, l’università, tutto il
mondo del lavoro e della cultura.
Pensiamo che sia
possibile lavorare per promuovere iniziative unitarie territoriali e nazionali:
·
giornate di mobilitazione
nei territori in una unica cornice nazionale
·
una grande giornata
nazionale di “Scuole porte aperte” per organizzare incontri con i cittadini e
gli amministratori del territorio,
·
la mobilitazione generale
della categoria, fino allo
sciopero che coinvolga anche altre categorie
·
la mobilitazione di tutta la
società civile per una grande manifestazione nazionale per la scuola pubblica.
·
il coinvolgimento del mondo della scienza, della
cultura, delle arti e dello spettacolo
CANCELLIAMO LA
CONTRORIFORMA MORATTI