Severi, ma senza prendersi cura…
Droga, lettera aperta al vicepresidente del Consiglio
Martedì 23 settembre 2003

 
Onorevole Fini,

in occasione di una “Conferenza mondiale sulle tossicodipendenze”, organizzata dalla Comunità siciliana “Casa Rosetta”, a due anni dal primo annuncio, ha anticipato i contenuti del ddl che il governo si appresta a presentare entro l’anno e che dovrebbe costituire la svolta delle politiche sociali contro le tossicodipendenze.

Pur dovendo aspettare di conoscere i contenuti precisi del ddl, si possono fare alcune considerazioni. Il messaggio dato è un messaggio di rassicurazione alle famiglie: state tranquilli, sembra dire, combatteremo e vinceremo la sfida contro la droga. L’approccio infatti è quello di chi, cambiando le regole del gioco, riesce finalmente a offrire la carta vincente. Questo messaggio presuppone due convinzioni non vere: chi ci ha preceduto non solo ha sbagliato, ma, in qualche modo è stato compiacente con il consumo di droghe; la seconda afferma la sicurezza di aver trovato finalmente il meccanismo che si opporrà, con successo, alle dipendenze: tale meccanismo – al di là delle sfumature – è la repressione. Basta con la distinzione tra droghe leggere e pesanti; basta con l’indulgenza, basta con i tentennamenti; da qui la durezza delle sanzioni, senza guardare in faccia a nessuno.

Lei si è fatto portavoce di quanti in Italia - e sono molti – vorrebbero una soluzione rapida e definitiva al problema delle droghe.

Così non sarà: per molteplici motivi. Le droghe non sono più distinte in leggere e pesanti, ma hanno un crescendo pauroso che inizia con l’alcol (ben pubblicizzato, che annovera tra i suoi iscritti 1 milione e mezzo di persone, di cui 30 mila muoiono ogni anno) e transita per le droghe sintetiche, gli psicofarmaci, l’hascisc, l’eroina, la cocaina. Quando qualcuno si presenta in comunità oramai ha provato di tutto e di più. La varietà e la quantità delle sostanze, i modi e i tempi di assunzione fanno avere l’illusione di non essere drogati. Solo lo sfinimento fisico e psicologico convincono, quando convincono, che si è sull’orlo del baratro: per questo motivo le comunità sono piene di persone oramai 30/50enni, con 15-20 anni di “carriera”.

La repressione è già sperimentata oggi abbondantemente da tutti i tossicodipendenti: ritiro della patente, metadone, comunità, carceri e ospedali sono il bagaglio che ciascun tossicodipendente ha nella sua valigia.

Ci saremmo aspettati una ripresa dell’attenzione al problema della droga a partire dall’educazione e quindi del disagio delle giovani generazioni. I giovanissimi non sanno nemmeno loro perché si drogano; hanno problemi comportamentali, se non psichiatrici; il recupero di un percorso umano è difficile perché spesso si è in presenza di “scatole vuote”. Nessuna comunità e nessun Sert, anche se rinnovato, intercetterà il ragazzo/a che inizia la carriera di dipendente. Perché non esiste sul territorio alcuno che abbia attenzione ai primi fenomeni di sbandamento e di disagio. Le risorse sono scarse, le strutture sono rintanate invece di scendere in campo, gli strumenti si riducono a invocazioni e poco più.

La paura del carcere e delle sanzioni non funzionerà, perché il giorno dopo la promulgazione della nuova legge, avranno trovato il trucco per aggirarla. E anche se non dovessero riuscirci, andranno a ingrassare il numero dei tossicodipendenti in carcere. Il consumo di droga è talmente degenerante da far saltare ogni comportamento socialmente adeguato, compresa la vergogna del carcere.

Una efficace politica di contrasto inizia dall’attenzione alle giovani generazioni che non c’è: le famiglie sono sole, le scuole rattrappite, gli oratori e le associazioni scarseggiano e le poche esistenti sopravvivono. Il messaggio non può essere “tolleranza zero”, ma caso mai “consumo zero”, perché vogliamo bene ai nostri figli e non vogliamo essere correi della loro distruzione. Per questo siamo disposti ad ascoltarli, ad essere pazienti, a diventare severi solo occupandoci di loro.

In Italia non esiste una politica giovanile: briciole contraddittorie sono apparse recentemente nella politica governativa. Il ddl non cambierà nulla: rimarrà la convinzione (falsa e farisaica) degli adulti che diranno che avranno fatto di tutto per combattere la droga. Non hanno fatto nulla, perché hanno rassicurato se stessi, senza essersi presi cura dei più giovani e, tra essi, dei fragili.

Distinti saluti
                                                                                       Don Vinicio Albanesi

                                                                           Comunità di Capodarco