«Una gabbia da cui tutti devono liberarsi». Parla Walden Bello
«Il Wto è da abbattere»


ROBERTO ZANINI
INVIATO A CANCUN


E'una delle menti economiche del movimento, Walden Bello. Filippino, economista, direttore dell'istituto di ricerca «Focus on global South» di Bangkok, ora anche presidente di un partito filippino (il Citizens action party). Per i lettori del manifesto, una firma nota. Faceva effetto vederlo sulla porta dell'Hospital General di Cancun, tra un contadino coreano in lacrime e un attivista messicano con la bandiera falcemartello. Teneva gli occhi bassi e parlava ancora più basso. Sono passati due giorni.

Lei era davanti all'ospedale, poco dopo la morte di Lee Kyung Hae. Cosa stava provando?

Un evento tragico. Un gesto che obbliga a esser consapevoli che in tutto il mondo ci sono contadini che si suicidano, specialmente in Corea e in India, per una combinazione di motivi interni ed esterni: perché cacciati a forza dalla loro terra, o per estinguere con la vita anche i debiti e risparmiarli ai figli. Lee era un dirigente contadino, ne era perfettamente conscio. Tentare di catturare la verità del suo gesto è capire la grandezza della tragedia per questa gente, che il liberalismo e il dumping stanno letteralmente uccidendo. La vita reale scava in modo esplosivo la propria strada verso le porte a vetri di Cancun, di questo centro congressi in cui una élite maneggia e devasta milioni di vite senza minimamente conoscerle.

Secondo lei, il suicidio di Lee Kyung Hae ha toccato in qualche modo il Wto?

Sono stati un po' scioccati, si sono detti dispiaciuti, ma già qualche mezzo di comunicazione comincia a dire che mister Lee non ci stava con la testa e non sarei sorpreso se nella diffusione di queste notizie ci fosse la mano degli spin doctors del Wto.

Il Wto sembra comunque in difficoltà...

E' davvero notevole che sul tema principale, l'agricoltura, sia emerso qualcosa come un antagonismo ai due grandi gruppi, cioè Stati uniti e Unione europea. Questa volta la testardaggine e l'arroganza di Usa e Ue ha provocato una reazione forte, il cosiddetto G 22 sta diventando il gruppo che polarizza la situazione dei paesi in via di sviluppo. Non c'è accordo su niente e restano due giorni di tempo. Certo la pressione è grande. A me sembra che il compito, la sfida che la gente del Wto è chiamata a affrontare sia di riuscire a presentare uno stallo assoluto come un successo. Da quel che sento, mi sembra che gli spin doctors stiano prendendo il posto dei negoziatori, per «cucinare» ai media una sconfitta che non lo sembri. La nostra sfida, invece, è quella di essere in grado di far capire a tutti, una volta per tutte, che il Wto è un associazione dittatoriale, e nemmeno funziona.

Un'istituzione che è possibile riformare? In buona parte il movimento mondiale esploso a Seattle puntava a questo...

Un'istituzione da smantellare, ma questa è la mia opinione. In termini pratici, ritengo che la maggioranza della gente che compone il movimento sia ormai certa che al Wto debba essere impedito di estendere il proprio potere, di allargarsi a territori che non gli competono come ad esempio gli investimenti, e inoltre che sia ora di cacciarla fuori dalla real life, dalla vita vera. Fuori dall'agricoltura, per esempio. Nessun business deve governare il modo in cui si vive o ci si nutre. Insomma, è generale almeno la convinzione che l'influenza del Wto vada drasticamente ridotta, che gli vada staccata la spina.

Lei dice smantellare il Wto, ma le istituzioni internazionali sembrano in crisi generale, pensi all'Onu schiacciato dalla guerra Usa all'Iraq. Che cosa ne andrebbe fatto? Smantellato? Sostituito?

C'è grande differenza. L'Onu è un'alleanza multilaterale creata dopo una tragedia come la seconda guerra mondiale, con un'assemblea tra paesi di pari dignità. Certo è dominata dal consiglio di sicurezza: questo non è un modello di democrazia e ha provocato gravi problemi ma dobbiamo lavorare per riformarlo. E' difficile, ma ne vale la pena. Il Wto invece è stato creato espressamente per facilitare la strada alle grandi nazioni capitaliste, le sue strutture sono del tutto antidemocratiche, è una gabbia da cui ogni paese ha bisogno di esser liberato. Senza il Wto sono convinto che le relazioni internazionali sarebbero più fluide, ci sarebbe più attenzione ai problemi di chi non è ricco, più spazio alle possibilità di molti paesi di farcela da soli. Invece siamo qui, chiusi dentro quel centro congressi, e fuori la gente che muore.

Già. le forze di sicurezza messicane hanno militarizzato tutto, questo posto sembra un castello assediato dai barbari. Ha senso? Cosa si aspetta dalla marcia di domani?

E' una marcia importantissima, saranno migliaia di persone, nella stragrande maggioranza pacifiche e spero che la situazione non sia dominata da elementi distruttivi. Il modello dovrebbe essere la million men march a Firenze: nessuna violenza, grandissimo impatto sulla società civile.

Il movimento è un dentro e un fuori, grandi associazioni o pezzi di istituzioni che lavorano al centro congressi e nei grandi alberghi, e poi persone che tengono la strada, quelli per cui le autorità hanno costruito questi muri d'acciaio. Non c'è rischio che le due cose si dividano?

Credo ci sia una grande coordinazione tra il dentro e il fuori, a Cancun. Per la morte del signor Lee, ad esempio, si è manifestato sulla strada ma anche dentro il «Centro de convenciones», la protesta è arrivata anche nel cuore stesso del Wto con quei cartelli alzati nel momento stesso dell'inaugurazione. Realmente, credo che fra «dentro» e «fuori» ci sia grande interrelazione. E credo che anche i gruppi «dentro», diversamente che a Seattle, non lavorino per riformare ma per mettersi di traverso al Wto. Questo è, secondo me, il nuovo sviluppo di Cancun, reso più evidente dal fatto che molte organizzazioni sono sia dentro che fuori. Certo esiste una differenza politica tra i gruppi, ma il centro di gravità si è spostato e si è spostato a sinistra. A Seattle i membri delle ong credevano alle riforme, qui le stesse ong pensano che il Wto vada fermato.

Insomma, sinistra politica e sinistra sociale non rischiano di prendere strade diverse?

C'è una tensione. Ma la forchetta non si allarga. Non questa volta, non contro questo Wto.

 

 

il manifesto - 13 Settembre 2003