La scuola, le fedi e
il vuoto pedagogico
Un’istruzione monotematica è incompatibile con un
pacato rispetto di identità e di radici
Pesa in modo dannoso sulla lucidità della nostra convivenza multietnica
il vuoto pedagogico intorno alle risposte che le popolazioni del mondo danno
alle grandi domande esistenziali. Sappiamo insegnare ai bambini come è fatto l’ultimo sistema arrivato dalla California per
il loro computer, ma non sappiamo spiegare loro il significato delle preghiere
recitate dal compagno straniero. L’intolleranza si giova dell’ignoranza propria
e di quella altrui sui simboli, sui riti, sulle
vicende della pietà, sui santi e sui paradisi delle diverse fedi. Una istruzione monotematica è incompatibile con un pacato
rispetto di identità e di radici.
Non entro qui nel merito dell’ora settimanale di insegnamento
della religione cattolica e del quadro fissato per essa dalle norme
concordatarie. In ogni caso con tutta la migliore buona volontà non è possibile
inserire in questo schema una soddisfacente e ponderata conoscenza delle altre
religioni. Prendo in mano uno dei migliori libri utilizzati a scuola dai
docenti di religione: su 790 pagine soltanto 30 sono dedicate al capitolo «Una
terra, molte religioni, un Dio». Basta il 5 per cento dello spazio per sapere
chi è l’altro Dio oggetto delle preghiere del compagno di
banco? Se un’ora alla settimana di «lezione
concordataria» agli ultralaici pare già eccessiva per il Dio dei cristiani, che
cosa dire di quell’ora l’anno dedicata a «tutto il
resto»?
«La meno ovvia fra le realtà universali», per usare il
felice minimalismo di un grande studioso del sacro, lo svizzero Walter Burket, merita almeno il tempo lasciato dalla scuola al
funzionamento dei cellulari. Se i ragazzi non vengono
informati dei modi con i quali le genti mettono a bilancio l’eterno, si
spianano le strade parallele del fondamentalismo e
dell’ebetudine materialistica. Il tema è difficile
perché tocca molte suscettibilità. La Chiesa cattolica
del passato non ha favorito una conoscenza matura delle verità altrui. Questo
Papa ha grandissimi meriti in materia, le assemblee di Assisi
sono una universale pedagogia di fratellanza.
Un piano scolastico pubblico dovrebbe partire dalla Bibbia, ma non solo. Il
patrimonio religioso dell’umanità non è riducibile al ceppo monoteistico. Ci
sono tanti rischi in un progetto educativo improvvisato. Facile è sbriciolare
frettolosi insegnamenti in un minestrone di teosofia e di New Age. Il tema difficile della parità degli spazi per le
diverse tradizioni confluisce poi nella generale scommessa di inserire con
pieno diritto dentro la realtà scolastica italiana centinaia di migliaia di
ragazzi extracomunitari, con le loro fedi e i loro simboli da non rimuovere,
neppure se finissero alla parete di un’aula.
Gaspare Barbiellini Amidei