Anp - Associazione
nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola
DIESSE - Didattica ed
innovazione scolastica
A.P.E.F. – Associazione
Professionale Europea Formazione
A.N.VI – Associazione
Nazionale collaboratori Vicari
A.D.Do.C. – Associazione
nazionale Dirigenti e Docenti Comandati
Lettera aperta
Al Ministro
dell’Istruzione, Università e Ricerca
al Ministro della Funzione Pubblica,
ai Parlamentari delle VII Commissioni
ai responsabili degli Uffici scuola dei partiti
Scriviamo questa lettera nella ferma convinzione che in
democrazia, chi ha responsabilità di Governo ma anche chi ha chiesto e avuto il
voto dagli elettori, abbia il dovere di gettare luce su fatti altrimenti
inspiegabili.
Ci è francamente impossibile capire come le solide
intenzioni più volte manifestate di una forte attività riformatrice di questa
legislatura nel campo dell’istruzione, improntata non solo ad una nuova
architettura ordinamentale ma anche ad una rinnovata metodologia, in netta discontinuità con la rigida scuola di Stato
preautonomistica, affermata nelle leggi, ribadita nelle raccomandazioni, negli
atti di indirizzo, nelle dichiarazioni in Parlamento, nei programmi elettorali, non si traducano poi nel
coraggio politico di creare strumenti che consentano, concretamente, di
realizzarle.
Chiediamo come mai sia stato possibile concordare come
parte pubblica un contratto della scuola, assolutamente non innovativo perché
non coerente con le riforme già fatte e da fare ma addirittura capace di
stravolgerle.
Chiediamo come mai sia stato totalmente disatteso l’atto
di indirizzo del governo che, conscio
della necessità di una nuova organizzazione del lavoro che l’Autonomia
richiede, raccomandava nella contrattazione il riconoscimento della
professionalità docente in termini di individuazione di funzioni più complesse
e di carriera. Come si pensa di poter guidare il cambiamento delle scuole
autonome e riformate senza quella leadership
diffusa, ormai acclarata nel resto d’Europa ?
Il contratto che sta per essere sottoscritto non solo
mortifica i docenti, mantenuti nella loro omogenea e indistinta compagine
impiegatizia, ma impedirà la formazione e lo sviluppo di quelle alte
professionalità in grado di individuare, orientare, gestire quei percorsi
didattici originali che l’autonomia postula, nonchè tutte le competenze
richieste da quella cultura della valutazione di sistema nella quale le scuole
autonome devono entrare e che è prevista con l’INVALSI dalla stessa Riforma
Moratti.
Oltre a questo,
non riconoscendo né economicamente né giuridicamente le figure dei docenti
collaboratori vicari, ai quali attribuire la vicedirigenza, come previsto per
altri comparti della P.A. dalla Legge Frattini, ponendo inoltre ai dirigenti
stessi limitazioni nell’autonoma definizione del loro staff e sottraendo loro
prerogative di gestione, si deprimono le scuole sul piano della gestione e
dell'organizzazione. Così facendo si sottraggono ai capi di istituto, ai quali
una logica coerente della Legge 59/'97 aveva conferito la qualifica
dirigenziale, gli strumenti per permettere alle scuole di funzionare e a loro
stessi la possibilità di assumersi concretamente le responsabilità in una
scuola in cui la legge vuole lo Stato non più gestore ma garante.
Ma la cosa più grave è che si sono volute consegnare le scuole e la dignità professionale di
docenti e dirigenti ad una minoranza sindacalizzata, in perfetto stile
jugoslavo. Perché la volontà politica del Governo, più volte dichiarata, di
ridimensionare le RSU, si è repentinamente disciolta come neve al sole
riproponendo l’obsoleto e fallimentare modello dei decreti delegati, con le
scuole che, da luoghi della auspicabile professionalità autogestita e
responsabile, diventano sempre più dei parlamentini controllati dai sindacati. Qualcuno può ragionevolmente spiegare in
cosa consiste l’efficacia di un contratto che consente alle RSU della scuola,
unitarie, in alcuni casi costituite solo da bidelli e amministrativi, di contrattare le modalità e i criteri relativi
all’organizzazione del lavoro e dell’orario dei docenti e di individuare i
criteri per l’individuazione degli stessi da utilizzare nelle attività
(didattiche) da retribuire con il Fondo di Istituto?
Fino a quando la Scuola dovrà essere l’elemento di
scambio tra governo - qualsiasi governo -
e i sindacati, prassi introdotta con la privatizzazione del rapporto di
lavoro nel ‘93 in cambio del sostegno sindacale ad una Finanziaria da 100.000
miliardi allora e di un consenso sociale oggi e in futuro?
E come spiegare questa dicotomia che da una parte parla
di innovazione e di riforme e dall’altra rifiuta perfino l’elementare richiesta
di un’area contrattuale separata, promessa da questo governo, ed ancora negata
nonostante le migliaia e migliaia di firme raccolte tra gli insegnanti con una
petizione ancora in corso?
A questo punto chiediamo al Governo e al Parlamento di
riappropriarsi delle loro prerogative legislative, sottraendo il destino
giuridico, normativo e professionale della categoria docente ad una
contrattualizzazione conservatrice che invade in modo arrogante materie che
sono riserva di legge.
Chiediamo quindi al Ministro e al Parlamento di definire
per legge un nuovo stato giuridico degli insegnanti che ridisegni la struttura
della professione che sia coerente con l’autonomia scolastica e la legge
53/2003. Diversamente, saremo più che certi che nessuna Riforma del sistema
istruzione potrà mai avere gli strumenti necessari per una positiva e compiuta
realizzazione.
Chiediamo pertanto di invertire davvero la rotta e di
passare da una politica degli annunci, smentiti dalle decisioni concrete, ad un
cammino riformatore che con gradualità e determinazione persegua gli obiettivi
tracciati nei programmi politici e di governo.