Giuseppe - anno scolastico 2009-2010
Giuseppe Aragno - 14-08-2010
Dallo Speciale Il tempo e la storia



L'Italia "imperiale" del 1939 ha i lineamenti del capitalismo straccione di retroguardia: è cinica, cieca e degenerata. L'alleato nazista fa paura e la retorica sulla missione di "Roma universale" smorza i toni eroici del nazionalismo italico, ma il ritorno all'irredentismo radicale di Timeus ha aperto la via all'odio razziale "che non può avere il suo compimento se non nella sparizione completa di [...] un nemico che si deve odiare e combattere senza quartiere" [1]. All'ordine del giorno c'è il delirio del "goliardo dalmato oppresso" che, minaccia: "Io ringhio e il ringhiare mio non avrà fine se non quando la nostra lama avrà inchiodato nel granito adamantino delle mura di Spalato romana i profanatori dei nostri focolari, i bestemmiatori del nome sacro d'Italia" [2]. Nelle strade complici e indifferenti manifesti ignobili mettono insieme sprezzanti "il nero, l'ebreo e il comunista" e Visco, Pende e Cipriani, esempi di morale e di scienza fascista, in genti dai mille semi, vedono campioni ariani, purissimi e guerrieri [3]. Pronto al cimento, nei popolari disegni di Beltrame e sulle colonne della "Domenica del Corriere", il legionario fascista, nato "corsaro e distruttor di navi", è ormai il dannunziano "protagonista di folgoranti imprese" e l'invincibile eroe che "osa l'inosato".
Giuseppe Aragno - 12-08-2010
Pubblichiamo qui l'aggiornamento di un articolo apparso nel 2003 e intitolato Un altro settembre, ringraziando l'autore per avercelo messo a disposizione.
La Redazione


Emilia Buonacosa d'ignoti: "pericolosa alla sicurezza pubblica"


Il ...
Giuseppe Aragno - 11-08-2010
Non sono pugnalate, Fini, non è Bruto né Cassio e, nei panni di Cesare, Berlusconi fa cilecca persino come caricatura, ma trentatre sono i colpi contati, trentatre le astensioni, una raffica, e dopo la standing ovation dei fedelissimi e il patetico saluto romano, il piccolo re s'è ritrovato nudo. Nulla v'è al mondo che in eterno duri e ora sì, ora saremmo davvero alle comiche finali, se in fondo al tunnell non apparisse lo spettro del naufragio.

Mentre lo sfruttamento cresce, il razzismo dilaga, la scuola affonda, l'università agonizza e i giovani non trovano lavoro, la successione dei fatti è oscena, cupa e raggelante. Ammutoliti Bondi e Bonaiuti, Capezzone tartaglia, come un guitto che non ricorda la parte, e la Brambilla, l'equivalente meneghino del "signor nessuno", turista della politica e ministra del turismo, persa la testa, si scatena contro il palio di Siena, consegnando la città al nemico.
Giuseppe Aragno - 01-08-2010
Il polverone che s'è levato attorno alla vicenda Fini, può fa ben sperare per la fine di Berlusconi, ma rischia di coprire la pericolosissima china sulla quale il berlusconismo di destra e di sinistra ha cacciato il Paese. Della crisi della nostra democrazia, checché ne pensino i rivoluzionari da strapazzo e i pasdaran del nuovo che avanza, Fini è responsabile a destra, quanto Veltroni a sinistra e non lo salva il "gran gesto" ora che tutto rischia d'andare a catafascio e persino una nullità come Marchionne fa il maramaldo e sputa nel piatto in cui ha lautamente mangiato.

Non c'è dubbio, se l'ingombrante guitto che confonde la politica con il trono di cartapesta della "Mediaset" chiuderà la sua penosa vicenda impolitica, non solo ci leveremo di torno Cicchitto, Bondi, Gasparri e l'angelico Capezzone - che non è cosa da poco - ma eviteremo, per il momento, il disastro del sistema formativo e daremo un'immediata pedata nel sedere all'italo canadese della Fiat.
Giuseppe Aragno - 27-07-2010
Per la Gelmini, dopo la scuola, è il turno dell'università. Su una cosa concordano tutti, maggioranza e opposizione, e non fa meraviglia: "è necessario avvicinare il sistema formativo al mondo del lavoro". Fosse una malattia, sarebbe un vero e proprio accanimento terapeutico. Dopo trent'anni di quest'idea malata, la scuola-azienda, cantata e decantata dai sostenitori del libero mercato come la panacea di tutti i mali, s'avvia a uno sfascio senza precedenti, ma Gelmini, il curatore fallimentare del nostro sistema formativo, non conosce altra terapia: ordine, concorrenza e produttività su scala industriale. Non è bastata nemmeno la crisi del capitalismo, il tracollo della Grecia, la bancarotta fraudolenta delle banche private americane, le ripetute richieste di ossigeno venute dal mercato alle casse dei singoli paesi.
Giuseppe Aragno - 23-07-2010
In una logica di mercato e profitto, Marchionne ha perfettamente ragione. Fa il suo mestiere: garantisce l'azienda e non gl'importa nulla se, coi soldi nostri, s'è tenuto a galla quando stava affondando. E storia antica: dallo Stato, la Fiat prende e non paga interessi.
Vent'anni fa, per difendere i margini di profitto degli azionisti d'una "grande azienda", il cosiddetto "top manager" avrebbe fatto di Mirafiori un punto di forza della progettazione, del lavoro sui prototipi e sul loro sviluppo e si sarebbe affrettato a "de localizzare" al Sud, nelle colonie meridionali. Uno Stato pronto a rimettere in sesto l'azienda coi soldi della collettività gli avrebbe assicurato elogi e quattrini.
Vent'anni fa il Sud era la Serbia di Callieri, Romiti e compagnia cantante e al sindacato giungevano le sollecitazioni che oggi ripete ineffabile Sacconi, recitando da guitto l'antico copione: "Occorrono relazioni sindacali cooperative. Il compito della Cgil, se vuole davvero rappresentare i lavoratori è quello di favorire la produzione.
Giuseppe Aragno - 08-07-2010
La legalità è in cima ai pensieri dell'avvocato Gelmini, vestale della meritocrazia e ministro della scuola e dell'università per meriti ignoti. Tra il dire e il fare però ci passa il mare e - pazienza per i luoghi comuni - ogni regola ha le sue eccezioni. Conserviamo, perciò, tra gli eventi che serviranno a ricostruire la storia di questi anni, un luminoso esempio di ministeriale rispetto della legalità.
Noi pensavamo un tempo - miserabili statalisti rossi e comunisti - che la scuola non potesse esser trattata come un raccordo autostradale o un regolamento di canali di scolo. Cattolici, socialisti e liberali, concordammo su un'idea di scuola cui Aldo Moro, un noto mangiapreti bolscevico, assegnò, durante i lavori della Costituente, "la tutela del diritto comune" e, quindi, la preminenza nel campo spinoso della formazione e, per suo conto, Concetto Marchesi, illustre latinista e - stavolta sì, davvero comunista - definì "il massimo e l'unico organismo che garantisca l'unità nazionale". E' noto a tutti, però, ed è storia d'oggi: per l'avvocato Gelmini, che s'è "formato" alla scuola d'un costituzionalista di gran nome, come Silvio Berlusconi, la Costituente fu l'anticamera del "
consociativismo".
Giuseppe Adernò - 25-06-2010
Le recenti disposizioni circa i limiti dell'età pensionabile per i dipendenti dello Stato ha creato non pochi malcontenti nel mondo della scuola, dove la figura femminile è prevalente.
Prolungare il servizio fino a 65 anni dei termini per la pensione anche per le donne ancorché lo imponga una disposizione europea, si ritiene che la norma non dovrebbe coinvolgere il mondo della scuola, anche se gli operatori sono "dipendenti statali".
La funzione docente è, infatti, una della "professioni logoranti" e quindi avrebbe diritto a beneficiare di particolari attenzioni, e il termine dei 65 anni di età per la conclusione del lavoro attivo non dovrebbe avere valore prescrittivo, ma solo indicativo e d'indirizzo, a seconda della tipologia, delle condizioni di salute, del rendimento, del gradimento personale e condiviso dalla Comunità scolastica.
Giuseppe Aragno - 22-06-2010
In base alla tradizione classica che risale ad Adamo Smith, il mercato è incompatibile con l'etica, perché la "condotta morale" volontaristica è contraria alle sue regole. Non è una convinzione bolscevica; l'ha sostenuto recentemente il papa tedesco [1] e non c'è chi ne dubiti: nulla di più rozzo e approssimativo della pretesa padronale di levare i principi dell'economia borghese a conoscenza finita e perfetta della filosofia della storia e dei meccanismi che producono gli ordinamenti sociali.
Non esiste certezza teorica sull'etica del capitalismo, a meno che il determinismo della legge del profitto non giustifichi se stesso e non ci dichiariamo disposti ad accettare uno sconcertante principio etico: le leggi del libero mercato sono di per se stesse "buone" e producono necessariamente il bene, al di là della morale dei singoli.
Giuseppe Aragno - 11-06-2010
Un conflitto c'è. Montato ad arte da una classe dirigente che da decenni concentra nelle proprie un incontrastato e stabile potere politico ma, con singolare improntitudine, si dichiara "perseguitata politica" e si scaglia con inaudita violenza contro la stampa. Sarebbe solo un patetico paradosso se, tradotto in attività politica, il conflitto non avesse prodotto atti di guerra. Il fatto è che si approntano leggi marziali. Non serve ignorarlo, fingere di non saperlo, dichiararsi equidistanti, estranei, rivoluzionariamente nauseati o puerilmente divertiti. Un conflitto c'è, non riguarda la natura dello Stato - di cui potremmo tranquillamente disinteressarci - e non è questione di "potere", con tutto quanto pure vuol dire questa parola in termini di egemonia di classe e dei consueti e immancabili corollari: sfruttamento, esercizio "legale" della forza, utilizzata a fini repressivi contro il dissenso, emarginazione dei ceti subalterni, espulsione e dentenzione di emarginati, clandestini e "figli d'un dio minore".
Giuseppe Aragno - 02-06-2010
Saranno gli storici a dirlo domani. Oggi non è ancora possibile sapere chi ha fatto più danni negli ultimi due anni, ma una cosa è certa: nel gioco delle parti che li divide e li unisce, lo spettacolo che ieri hanno saputo offrire a "Ballarò" l'aspirante "capo" del governo, per ora semplicemente Presidente del Consiglio, e il tesoriere del disastro Italia non s'era visto in politica nemmeno ai tempi di Araldo di Crollalanza, Farinacci e Caradonna. Maestri della "comica finale", in un confronto diretto, Berlusconi e Tremonti avrebbero dato dei punti persino a Stan Lorel e Holiver Hardy.
Il clima era quello del "vogliamoci bene" e teniamoci uniti. Le cose vanno ormai di male in peggio e prima o poi la gente si rivolta.
Giuseppe Aragno - 24-05-2010
"Gerarchia" fu la rivista ufficiale del fascismo. Nella miseria morale e nell'indigenza culturale dello squadrismo diventato governo contribuì a creare la "mistica" fascista e il mito del duce. Mussolini la inaugurò il 25 gennaio del 1922 con l'articolo Breve preludio, in cui la retorica vuota di contenuti, preannunciava confusamente i caratteri di fondo della "civiltà fascista", fondata su una "scala di valori umani, responsabilità, doveri, disciplina" che in nome dell'ordine costituito e dell'obbendienza cieca al "duce che ha sempre ragione", cancellava i diritti e metteva al bando l'intelligenza critica. Oggi è facile vederlo. La tragedia dell'8 settembre del '43 era già tutta in quel lontano gennaio del '22.

Gerarchia e obbedienza sono gli sconcertanti concetti ispiratori della circolare di Marcello Limina, alto funzionario dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Emilia Romagna che ha trovato in Maria Stella Gelmini, ministro della Repubblica nata dall'antifascismo, un solerte avvocato d'ufficio.
Giuseppe Aragno - 21-05-2010
Occorre dare a Cesare, ciò che a Cesare si deve. Giorgio Israel, che non ritiene lesiva della sua dignità la collaborazione col ministro Gelmini, s'è offeso: gli hanno dato del "negazionista". E' accaduto anche a me e so che la parola può ferire profondamente. Mi auguro perciò con lui che "esistano ancora persone perbene capaci di tenersi alla larga da questo schifo", ma prendo atto: abbiamo una diversa concezione dello "schifo" e non se l'abbia a male se civilmente gli ricordo che la vera saggezza insegna la prudenza e qualche volta è vero: "Chi ha colpa del suo mal pianga se stesso".
Giuseppe Aragno - 14-05-2010
Per naturale modestia, Belpietro nega, ma lo sa bene e ne va orgoglioso: "Libero" e il suo direttore sono la punta di diamante della difesa mediatica allestita dai Berlusconi. Nulla di strano, perciò se in uno dei ripetuti giorni che segnano a lutto la vita della Repubblica, come cupi rintocchi d'una campana a morto, il suo "Libero" titoli assai poco liberalmente: "Sconfitta la linea laicista: Contrordine, ora il voto di religione vale in pagella".
Telesio Interlenghi, che impazzò nel Ventennio, non avrebbe saputo far meglio e il merito va riconosciuto.
Giuseppe Aragno - 12-05-2010
Una linea sottile sulla fronte larga e stempiata. Null'altro. La terribile tempesta del dubbio era tutta lì, a guardarla da fuori: una ruga che segnava la pelle. Federico era un uomo ancora giovanile, due occhi di un intenso verde acquamarina, un sorriso dolce sulle labbra sottili e nessuna inquietudine nel disegno armonioso del naso greco.
- Sicuro, certo, sicurissimo, Lina, e, per favore, non pensare che la sicurezza e il dubbio siano davvero così alternativi da essere incompatibili e alternativi. Non pensarlo, ti prego. Sai volare più alto.
Lina sprofondò nelle larghe tasche del suo camicie bianco le belle mani inquiete e sussurrò in un respiro:
- Nei patti che ci hanno unito, quando questa pazzia è cominciata, c'era anche questo, ricordi? Una sarà il dubbio dell'altra anche quando la certezza apparirà non solo ragionevole, ma sostenuta dalle prove di laboratorio possibili in queste condizioni.
Giuseppe Aragno - 08-05-2010
Mentre il sogno dell'Europa dei popoli immaginata da Altiero Spinelli, degenera in un incubo fatto di banche, banchieri, borse e capitali e c'è da chiedersi perché un greco dovrebbe sentirsi cittadino europeo, una lucidissima legge di Darwin può aiutarci a capire di dove nasca la barbarie che ci cresce in casa.
Nella lotta per l'esistenza, un elemento comune associa specie tra loro lontane, sicché l'erba è vitale per la locusta quanto per i cavalli. Nella ferocia dello scontro, tuttavia, nulla è più raggelante d'una dipendenza che riguardi specie appartenenti allo stesso genere. Tra diverse qualità di frumento sapientemente affidate ai solchi d'uno stesso terreno, una sola produrrà col passare degli anni le sue pannocchie. Il clima, la fecondità, la capacità di adattamento garantiranno la procreazione a una sola qualità di frumento e condanneranno le altre all'estinzione.
Giuseppe Aragno - 24-04-2010
Nelle banche, sulle quali marciano - per ora, si direbbe, disarmate - le bande in divisa verde guidate da Bossi e Cota, vige la regola aurea del "contributo spese" che - ignobile scialacquo! - consente all'impiegato di trovar casa senza svenarsi per tener dietro al principio dell'efficienza. Mai nessuno, per ora, in nome della "qualità", s'è mai sognato di lasciare a casa chi abbia esperienza e "numeri" professionali in omaggio alla colta dottrina leghista che, detta così, alla buona, nell'Europa senza confini, si riduce paradossalmente al classico e un po' demodé "mogli e buoi dei paesi tuoi".
"Principessa del merito", l'efficientista Gelmini, avvocato padano targato Calabria e legatissima al mondo longobardo, per ottenere la "qualità" nelle scuole della Repubblica, ha invertito il principio: a decidere del merito, in tema di formazione, non è più il valore del lavoratore ma, incredibile a dirsi, la sua residenza!
Giuseppe Aragno - 11-04-2010
Non lo dice nessuno, ma si sa: Cota è notoriamente abortista. Non si tratta di sfatare un mito e non c'entra nemmeno il Garibaldi frà massone, pirata e faccendiere dei sussidiari sfascisti su cui si forma la gioventù leghista. In discussione, se ma, c'è il modello "culturale" - si fa per dire - che Cota, Maroni e Goisis rappresentano al meglio. Lo ha ripetuto a lettere chiare persino Napolitano, che di solito, ama collocarsi "fuori della mischia": la criminalità organizzata "meridionale" fa affari d'oro con le complici regioni del Nord. La "questione settentrionale" del Nord leghista, perciò, non passa certamente, come piacerebbe a Cota, l'ineffabile ex secessionista, per la "pillola abortiva", ma un problema di aborto in casa leghista esiste certamente e riguarda la scelta di interrompere lo sviluppo di un popolo civile.
Giuseppe Aragno - 06-04-2010
E' singolare, ma non stupisce. La storia, nel nostro "liceo nuovo", è una successione cronologica di eventi "correlati secondo il tempo", in cui - occorre dirlo? - individuare le "radici del presente". A che serve un astratto percorso botanico tra i semi invisibili del lontano passato e le incomprensibili piante che costituiscono il mondo d'oggi? A capire il presente o giustificarlo? Non è la stessa cosa. L'impressione è che non torniamo a Ranke e alla histoire événementielle. E' peggio. Siamo di fronte a un corpo amputato, una cesura netta di cui la vittima designata è il pensiero critico. Lo studioso che s'arrovella sul problema drammatico del silenzio del "fatto" qui da noi da noi non ha più patria.
Giuseppe Aragno - 25-03-2010
Fu il miraggio di una collaborazione con le forze della sinistra "liberale" a suggerire a Turati la formula ambigua che affidò la soluzione dei problemi del Mezzogiorno a una "egemonia della parte più avanzata del Paese sulla più arretrata, non per opprimerla, anzi, per sollevarla e per emanciparla". La scelta - una delle più infelici del riformismo di Turati - consolidò il fronte borghese e spaccò il movimento operaio a tutto vantaggio degli imprenditori. E' una lezione da cui la sinistra non ha mai ricavato le conseguenze. Lo dimostrano, qualora ce ne fosse bisogno, le idee che sulla scuola circolano in rete.
Giuseppe Aragno - 15-03-2010
"Chiamare le cose col loro nome vero è il primo gesto rivoluzionario", affermava Rosa Luxemburg. Non prenderemo il Palazzo d'inverno, ma non ci farà male. "Il Manifesto" del 12 annunciava una mobilitazione a base di raccolta firme e rotoli di carta igienica. Anche questo va bene se altro non c'è: rotoli e carta igienica. Tuttavia, dietro l'enfasi rituale - prosa brillante, lustrini e paillettes - all'angolo, appesa al carro di una nebulosa. La "società civile", dicono gli ottimisti. Lo slogan è efficace, c'è la piazza in armi, un po' di folclore che peccato non è e la fede illuministica nelle virtù della "ragione". Senza intenti polemici, però, l'elemento di fondo ha un nome vero: si chiama scollamento e ci separa dalla realtà di un paese che annaspa, mentre sul fronte opposto un governo reazionario sa fare il suo mestiere: alzo zero e fuoco a volontà.
Giuseppe Aragno - 06-03-2010
Da qualche parte, in città, la mia e, c'è da giurarci, quella di tanti come me che non hanno ancora alzato la bandiera bianca, ci si riunisce, si mettono insieme forza e debolezza, coraggio e disperazione, analisi e propositi e una volta ancora, fosse la millesima non sarà l'ultima, una volta ancora ci si prepara a dire "no, noi non ci stiamo!, Ora basta, la misura è colma!".
Lo sentiremo dire, il 12 marzo, e lo diremo con le parole che scrive un collega che della sua precarietà ha fatto la leva orgogliosa su cui poggiare la volontà d'un cambiamento vero:

"più determinati che mai, mettiamo in campo la nostra forza, difendiamo la nostra categoria di lavoratori pubblici precari e non, attaccati, vessati e massacrati da questo governo e dai suoi ministri con riforme che ledono la nostra dignità professionale e le nostre famiglie!".
Giuseppe Aragno - 24-02-2010
Ora si fa così: delle foibe nelle scuole parlano solo "testimoni diretti di quei fatti, nonché studiosi che abbiano approfondito il tema con serenità e rigore". Chi decida quale sia il confine tra serenità e dissenso non si capisce bene, né si sa chi garantisca che rigore non sia sinonimo di consenso o, peggio ancora, di allineamento alla vulgata politica che poco ha a che vedere con la storia. In quanto ai testimoni, chi dissente, cos'è, un "testimone falso"?.
Domande senza risposte.

Giuseppe Aragno - 20-02-2010
La scuola pubblica affonda e, prima del "che fare?", occorrerà per un momento chiedersi il perché. Prima dei "numeri" e della loro analisi, il contesto ideologico. E, per favore, nessun sorriso scettico. C'è, esiste. Al di là dello sbandierato rifiuto delle "ideologie", è sotto i nostri occhi. La riduzione pregiudiziale a "ciarpame ideologico" dei valori di riferimento su cui trovò fondamento l'edificio repubblicano nella transizione dal fascismo alla Repubblica è il brodo di coltura da cui nasce la "democrazia autoritaria": il rifiuto delle ideologie è, di per sé, un'ideologia e, a ben vedere, la peggiore di tutte, perché non criminalizza la degenerazione di principi ideali nella loro realizzazione concreta - questa sì, a rigor di logica, ideologica - ma pone sotto accusa direttamente i principi.
Giuseppe Aragno - 12-02-2010
Il giudizio è secco e non ammette repliche: gli insegnanti che rifiutano di celebrare la giornata delle Foibe sono inadeguati. Lo afferma Giorgia Meloni, 33 anni spesi sui libri e donna di indiscussa cultura ... L'attacco del ministro non entra nel merito della libertà d'insegnamento ... a leggerlo però onestamente, si sente lontano un miglio che tende semplicemente a riaffermare un principio: "di fronte a una legge nazionale che esiste ed è stata votata dal parlamento", gli insegnanti e i dirigenti "che si rifiutano [...] sono francamente inadeguati". Il fatto è che, affermato un principio, è necessario avere l'onestà intellettuale per ricavarne le conseguenze ...
Giuseppe Aragno - 06-02-2010
Come ad ogni regime, anche la nascente "democrazia autoritaria" è alle prese con la costruzione del consenso e il tema vitale della gestione dell'informazione. Al confronto, tuttavia, e occorre dirlo, il "fascismo classico" ebbe un compito tutto sommato semplice: imbavagliare socialisti, anarchici e comunisti e piegare gli strumenti della comunicazione di massa al ferreo controllo dell'apparato. E' vero, inizialmente ci fu anche una contrapposizione fra la maschera "legalitaria" del "mussolinismo" e lo squadrismo "rivoluzionario" e "movimentista", ma la frattura fu presto composta e, in ogni caso, non si trattò di una questione "strutturale".
Giuseppe Aragno - 30-01-2010
Con lo "sviluppo", Franco Meledandri s'era fatto alto e macilento. Un giunco dagli occhi azzurri, mutevoli e profondi, che rubavano i colori del cielo fino a quando dal fondo del petto non saliva improvvisa l'amara dolcezza della malinconia. Gli occhi si facevano allora specchio dell'animo e il cielo diventava grigio. Franco conosceva poco del mondo, perché poco gli aveva dato la vita. Il padre non sapeva chi fosse e la madre s'era spezzata la schiena per non fargli mancare l'indispensabile. Al vico Candelora l'estate era stata un morire di caldo nella luce opaca e sudata e nell'aria appestata dai rifiuti marciti. L'inverno, uno stillicidio d'umido nel buio. Quando la madre se n'era andata tra i santi che aveva pregato senza speranza, un parente che non conosceva, ricco e maligno quanto può esserlo un borghese che ci tiene al buon nome, l'aveva sistemato per procura dai Salesiani, sul dosso della Doganella, tra il vecchio e diroccato cimitero israelita e l'inutile pompa delle monumentali tombe degli "uomini illustri".
Giuseppe Aragno - 19-01-2010
Dopo quattro ore di discussione, nessuno dei presenti avrebbe saputo dire da che parte sarebbe finita la maggioranza del Consiglio di classe. Eppure sarebbero stati loro a decidere, i componenti del disorientato e ormai disgregato "organo di democrazia dal basso", come ci teneva a chiamarlo con incredibile faccia tosta Vincenzina Balina, una dirigente scolastica prepotente e autoritaria come non s'era mai visto nella scuola italiana.
"Muro contro muro", c'era poco da sperare e, in un sussulto di orgoglio, "matematica e scienze" - al secolo Maria Teresa Scacco - l'aveva detto alla preside fuori dai denti, guardandola negli occhi con tono involontariamente allusivo:
- "L'andamento dei lavori del Consiglio incarna alla perfezione il frutto malato d'un matrimonio incestuoso. Lei lo sa bene, preside. Un nanerottolo deforme...".
Giuseppe Aragno - 14-01-2010
Prima o dopo, che conta? Siamo in anticipo, lo so, ma il ministro con la sua circolare sul trenta per cento merita una risposta meditata, che venga da noi, professori e studenti. Dovrebbe saperlo: la scuola che governa e non conosce segue un filo suo rosso che non sempre mette insieme l'ordine logico e quello cronologico. La scuola, voi lo sapete bene, è un po' "fuoriregistro". L'avvocato dovrà impararlo.
Non s'è ancora messo in moto il baraccone, ma siamo prigionieri di noi stessi e non potremo farne a meno. Per quanta rabbia potremo mostrare, quale che sia l'insofferenza che sapremo opporre, in qualche modo ci scoveranno, potete giurarci. In qualche modo ci faranno partecipare e dovremo ascoltarli.
Giuseppe Aragno - 08-01-2010
Tutte le chiacchiere possibili e - perché no? - gente che vuole crederci la trovi sempre e la fiera dei sogni fa voti e consensi: anche le chiacchiere impossibili. Purché non costi nulla, una vergogna si può far passare tranquillamente per "riforma".
Sorprendere chi ascolta e rompere gli schemi sono regole d'oro della pubblicità. In tema di scuola e lavoro l'avvocato Gelmini e il prof. Brunetta, ministri per caso, "piazzisti" per vocazione - absit inuria verbis e non se l'abbiano a male i venditori veri - stanno dando da tempo una dimostrazione di irripetibile bravura. Non c'è da spendere il becco d'un quattrino - Tremonti non consente - e lo sanno persino sulla luna, è questione d'umanità: se un centesimo c'è nel borsellino, tocca agli squattrinati della Marcegaglia. E allora che inventarsi per dare ad intendere che la scuola è in cima ai pensieri del piazzista? Il "merito", anzitutto.
Giuseppe Aragno - 28-12-2009
Fischi per fiaschi e non fa meraviglia: non è un'aquila e la sua poltrona di ministro è nata a Fiuggi e si chiama Gianfranco Fini. Certo, per carità di patria, qualcuno dovrebbe spiegare a La Russa che la vicenda storica del fascismo s'è chiusa senza onore a Salò e, se di antenati ha scelto d'occuparsi, ha preso un granchio: Comsubin risale a "Mariassalto", la struttura della Marina che seguì la sorte del "Regno del Sud" ed ebbe per nemica la "Decima Mas". Poco o nulla a che vedere, quindi, con la turpe vicenda di Borghese, disertore e boia nell'Italia repubblichina e poi golpista in quella repubblicana.
Se questa è la premessa d'obbligo, dopo la figuraccia del "ministro della nostalgia", due parole occorrerà pur dirle sul valore politico della malaccorta incursione per dare a Cesare ciò che a Cesare spetta.
Giuseppe Aragno - 23-12-2009
Berlusconi, annotano Vespa e soci per la futura "vita del santo martire", perdona lo "squlibrato" e non c'è dubbio, l'investimento è buono: poca spesa e molto guadagno. L'uomo di Arcore capitalizza l'indulgenza - i papi ci costruirono San Pietro - ignora, per il momento, la zelante richiesta d'una legge che impedisca ai monumenti di volare - l'aveva sibilata prontamente l'avvocato Gelmini - e si contenta della crociata televisiva di Fede, Minzolini e compagnia cantante. Al tirare delle somme, per un'ammaccatura sempre più chiaramente provvidenziale, il futuro beato intasca inchini e riverenze d'una opposizione vestita Bersani, targata D'Alema e maritata Casini, colta a metà del guado in un balletto osé tra riflessioni universali sull'inciucio produttivo, calcoli da pallottoliere sulla resa elettorale dell'antiberluscnismo, e il "centomilesimo ultimatum" all'amico-nemico Di Pietro.
Giuseppe Aragno - 15-12-2009
Ogni storia è contemporanea. Si può discutere sul significato profondo dell'affermazione, ma non è facile negarlo, Benedetto Croce, moderato, monarchico e liberale, ne ha fatto l'asse portante d'una lucida e moderna filosofia della storia. Alla luce di questo principio, non fa meraviglia se Giolitti, liberale anch'egli e protagonista della nostra vita politica nel primo Novecento, parli oggi alla nostra coscienza come il "contemporaneo" d'ogni tempo: è l'uomo che, di fronte ai ripetuti colpi portati allo Statuto, alle inaccettabili violazioni dei diritti delle masse lavoratrici e al gretto e miope egoismo di classe di gran parte dei ceti dirigenti, ammoniva la borghesia sui rischi concreti d'un violento scontro sociale.
Giuseppe Aragno - 11-12-2009
Ci sono vicende umane e politiche che rivelano allo stesso tempo sia la complessità di un momento storico che la ricchezza delle prospettive da cui è possibile tentarne la lettura. Il peso della casualità, le radici lontane che legano tra loro gli eventi, la morsa convergente della logica repressiva che spesso smussa gli angoli delle sbandierate contrapposizioni ideologiche, la dignità che, nel sonno della ragione, sopravvive al disprezzo per i diritti umani nell'Italia del "duce" come nei Soviet di Stalin, questo e molto più si cela nella vicenda di Koliuscia - così Varia, la giovane moglie russa, chiama affettuosamente il marito, Nicola Patriarca - che paradossalmente i sovietici ritengono un anticomunista e in Italia incappa nei fulmini della repressione perché ai fascisti appare invece un pericoloso comunista .
Giuseppe Luca - 04-12-2009
Di fronte ad un "bombardamento mediatico", che "sbatte", spesso, in prima pagina, l'immagine di questo o quel docente "fannullone", impreparato e/o dal comportamento discutibile/criminoso, che, in definitiva, fa pensare ad una scuola tutta sesso, droga, devianza, bullismo... coinvolge ora gli alunni, ora gli operatori scolastici, occorre "uno scatto di orgoglio" da parte di tutti gli uomini di scuola, per impedire un ulteriore deterioramento dell'immagine delle istituzioni.
In uno dei miei primi corsi di aggiornamento - siamo negli anni '60 - mi è stato insegnato che, perché un docente diventi un vero professionista deve sapere e sapere insegnare.
Giuseppe Aragno - 28-11-2009
A Roma, quando uccisero barbaramente un ragazzo inerme che non sapeva far male nemmeno a una mosca - l'allora sindaco Veltroni non volle sloggiare Casa Pound, perché - spiegò gelidamente alla madre del ragazzo - avrebbe dovuto fare altrettanto coi centri sociali. E non servì a nulla che, disperata, la donna replicasse che i ragazzi dei centri sociali non organizzano agguati, pestaggi e omicidi.
A Napoli la sindaca Iervolino, presa in mezzo tra vecchi squadristi ed ex "rivoluzionari da operetta, s'è aperta subito al dialogo, come fanno da tempo i "nominati" di Bersani. Va così ovunque: i neofascisti sprangano e accoltellano e, impassibili, vecchie e nuove reclute della "democrazia" fanno le fusa e sbandierano ai quattro venti le virtù terapeutiche del dialogo.
Non è un impazzimento. E' molto peggio. E' tolleranza di facciata, caccia agli scampoli di potere nella crisi di un sistema politico che, non a caso, vede nell'occhio del ciclone la Costituzione e quel sistema formativo che ne è una delle travi portanti.
Giuseppe Aragno - 20-11-2009
- Tutto in fondo ci è ignoto.
Questa fu la prima risposta del primo cattivo maestro alla prima domanda del suo primo allievo.
-. Tutto in fondo ci è ignoto - proseguì - ma tutto ha una spiegazione ed è sempre possibile trovarla.
Non aveva paura, il maestro. Si vedeva dal viso disteso, nonostante le rughe, dagli occhi lucenti che nel buio non tremavano, dalla noncuranza con cui s'avvolgeva nel rosso mantello, mentre l'aria si faceva pungente. Di fulmini e tuoni ne aveva visti tanti nella sua lunga vita e sapeva bene che quella furia del cielo solo di rado fa del male a un uomo. Tanto bastava perché il vecchio se ne stesse sereno nel buio della notte. La successione repentina, inattesa e accecante dei segmenti di luce nella pece dell'universo, il fragore terrificante del tuono, la totale ignoranza di quello che realmente accadeva rendevano folle di paura il giovane pastore che un attimo prima appariva forte e sicuro di sé e che ormai, col fiato corto, i capelli neri scompigliati dal vento sul il viso pallido e ansioso, sperava salvezza dal vecchio.
- E quale spiegazione posso dare a me stesso, stanotte, perché le mie gambe forti, veloci e ferme non tornino a tremare?
Giuseppe Aragno - 13-11-2009
Ci sono pensieri e opere di per sé neutri. Chi si propone di ricavar quattrini dal suo impegno non fa male a nessuno, né fa danni un concetto di formazione e conoscenza che escluda dai propri orizzonti il profitto. Per decenni questi due principi hanno saputo convivere pacificamente e, nonostante limiti, ritardi e insufficienza, scienza economica, prassi politica e dottrine della formazione accettavano l'idea fondante di un modello di crescita sociale che non un bolscevico, ma don Milani, uomo di scuola e di chiesa, aveva riassunto in una formula che aveva la forza dì un assioma: "chi si preoccupa di formazione e istruzione e trascura invece le occasioni di tirar l'acqua al proprio mulino non può far male mai".
Acqua n'è passata sotto i ponti e, tra la caduta del muro di Berlino e la fiction delle "Torri Gemelle", un modello di "eversione dall'alto" ha prodotto il collasso di Istituzioni democratiche partorite con segni di cianosi e a stento sopravvissute alla liquidazione della Resistenza e al riciclaggio del fascismo.
Giuseppe Aragno - 06-11-2009
Dallo Speciale Racconti


Il volto giovane, fermo per sempre in una maschera di cera ghiacciata e consegnato inconsapevole al cellulare furtivo, aveva tratti affilati e lunghi e, sotto uno zigomo, un taglio lieve, grigio e sottile come la traccia casuale e inavvertita della punta di un lapis su un foglio candido come la neve. Di vivo rimaneva il respiro, troncato un'ultima volta dalla fitta implacabile partita dalla schiena spezzata in due punti e fermo lì, sorpreso sulle labbra cinerine, quasi condensato in un velo livido, in un inutile tentativo di rivolta frustrato dal sopraggiungere liberatorio e allo stesso tempo proditorio dell'oscuro trapasso dall'inganno della vita al mistero della morte
Giuseppe Aragno - 29-10-2009

Non ne parlo. Salto a piè pari il fosso dei temi dominanti: "escort", calzini e bisogni sessuali di politici e giornalisti. E' su questa via che si intende ridurre il ragionamento, Non faccio distunguo e non generalizzo. Non so né volgio sapere se il caso sia diverso, se in fondo "questo è il mondo", se più bravo è chi lascia o è migliore chi resta.
Non è questo che conta.
Importa che il fango di Messina è povera cosa a paragoine della melma in cui stiamo affondando. Politica e sesso hanno avuto da sempre rapporti più o meno stretti. Marco Antonio si giocò l'nore e la carriera per Cleopatra e, per stare all'oggi, gli americani non hanno consentito a nessuno di seppellire sotto cumuli di letame la bandiera a stelle e strisce solo perché Monica Lewinski, una "stagista" aveva avuto rapporti sessuali col presidente Clinton. Qui da noi, al contrario, è quello che sta accadendo: qualcosa di atroce e tragico allo stesso tempo e non ci ribelliamo.
Giuseppe Aragno - 22-10-2009
A inizio secolo - il "primo del nuovo millennio" ricorda la retorica dei pennivendoli - la terribile risposta del capitalismo ha spento sul nascere una voglia di cambiamento attraversata dai brividi di un'autentica ribellione. Sorpresa dalla luce di un'alba livida, la fragile impalcatura dei sogni, tuttavia, s'è sfasciata e il risveglio è stato doloroso.
Sono passati anni e, a ben vedere, tra i nostri giorni bui e le speranze di Genova 2001, non ci sono solo i "democratici" alla Fini installati nella cabina di regia della repressione, il colpo mortale tirato a Carlo Giuliani - ma il bersaglio vero qual era? - la Diaz, Bolzaneto e l'intoccabile De Gennaro. C'è, quantomeno, l'insanguinato stillicidio dei "testimoni scomodi", i giornalisti e quei fotografi che, per dirla con Josef Koudelka, le foto le "fanno coi piedi", perché camminano per chilometri tra mille rischi, e fissano in uno scatto o in una frase le rare verità che giungono ormai nelle nostre case assediate da menzogne di Stato. Chi ricorda Maria Grazia Cutuli? Chi conserva memoria di Baldoni o di Raffaele Ciriello freddato dal mitra d'un carro israeliano?
C'è dell'altro. E di peggio: un sonno pericoloso della ragione.
Giuseppe Aragno - 12-10-2009
Succede a Napoli e, poiché ci vivo, non faccio fatica a capire: è l'incipit di un'offensiva destinata a durare. I neofascisti di "Casa Pound" occupano un vecchio monastero per farne un sedicente "centro sociale" e su "Repubblica Napoli" i soliti "intellettuali in cerca di sistemazione fanno da sponda e aprono la breccia. Il 9 ottobre Rossi Doria che, a suo dire, ha in odio il revisionismo, si inventa centri sociali di destra in una città misteriosa e inesistente, fatta solo di "esclusi" e di "protetti e propone che il sindaco abbia un ruolo di mediatore tra i centri sociali.
La Napoli di Rossi Doria è una mela divisa in due. Un taglio netto e dai confini oscuri: di qua i protetti, dall'altra parte gli esclusi. Un po' schematico, ma funzionale.
Giuseppe Aragno - 06-10-2009
Non so se sia vero, ma si dice che il dolore d'una pugnalata non si senta subito acuto com'è destinato a diventare dopo che la ferita è inferta. Certo è che il colpo vibrato alla schiena della scuola dall'avvocato Gelmini sul momento non è apparso agli insegnanti devastante agli insegnanti, quanto invece intuirono che fosse gli studenti. Un anno fa, di questi tempi - me ne ricordo bene - l'onda montante della protesta studentesca si muoveva nelle vie e nelle piazze come un corpo vivo, multicolore, forte della giovinezza e, per ciò stesso, tanto sicuro di sé quanto evidentemente solo e, paradossalmente orgoglioso d'una solitudine destinata a produrre debolezza. Un anno fa, di questi tempi, nelle scuole già ferite a morte, gli studenti erano in armi e i docenti assenti.
Giuseppe Aragno - 02-10-2009
Un tempo carnevale era il cosmopolitismo e la partecipazione collettiva del mondo greco ai riti per Dioniso, o il gioco orgiastico dei Saturnali latini che simulava la sovversione dell'ordine sociale. Il punto politico, però, era chiaro: il carattere rituale della festa cancellava la connotazione di "classe" e - lo sapevano tutti - piuttosto che aprire, carnevale chiudeva lo scontro sociale. Di bello ci rimane il gioco delle parti, l'illusione dell'emancipazione dalle regole e del ribaltamento di ruoli e gerarchie sociali....
Da un po' il carnevale, a Napoli, lo fanno le "occupazioni" dei "bravi ragazzi fascisti" che odiano il SIM, lo "Stato Imperialista delle Multinazionali", e senza saperlo, sposano così le tesi delle Brigate Rosse, attaccano la Charitas che, a sentirli, alimenta la guerra dei poveri favorendo gli immigrati, sognano l'autarchia e il ritorno alla geopolitica degli "anni Trenta", con le "cannoniere" in rotta dal Mediterraneo all'Oceano Indiano.
E' solo un carnevale, un garbuglio cristiano che ha radici pagane e natura quasi "animale", però stiamo attenti a non ribaltare l'antica logica e a non assegnare alla caricatura il valore della realtà.
Giuseppe Aragno - 26-09-2009
Cos'è la scuola se non lo specchio d'una Waterloo? Cosa, mi chiedo, se non il luogo privilegiato delle contraddizioni, dei limiti, delle mille zone d'ombra che oscurano il futuro d'una società che rischia di implodere e trascinare nella rovina quanto abbiamo costruito di onesto e civile in centocinquant'anni di storia?
Ce l'avevano lasciata i nostri nonni ch'era ancora più o meno fascista, nonostante "Bella ciao" e i fuochi vittoriosi della guerra partigiana, e di là siamo nati alle nostre prime lotte, di là, da un antifascismo che s'è perso per strada, suscitato da privilegi da cancellare e da privilegiati da mettere a tacere, da una discriminazione tra classi sociali che aveva la ferocia d'un razzismo tra pari e annichiliva la sovranità popolare sulla linea del censo...
Giuseppe Aragno - 18-09-2009
Mentre l'auto scende da Palau, la baia è un incanto verde smeraldo e Caprera e La Maddalena sono un punto di domanda che un dio cui non credo rivolge a un miscredente. Sono passate da poco le 14, quando il cellulare ritrova d'improvviso il campo e un amico mi dice che la manifestazione in difesa della libertà di stampa "è stata rinviata a data da destinare".
- Perché?, gli domando.
- In Afghanistan hanno ammazzato sei soldati italiani.
Il dio che non conosco ritira la domanda - forse s'è accorto che risposte non ne ha neanche lui - e nella mia testa fanno vortice pensieri e sentimenti.
Giuseppe Aragno - 11-09-2009
Spesso, nell'imbarbarimento di quest'anno terribile per la democrazia, mi sono tornati in mente Arfè e le nostre ultime conversazioni nel suo studio. Benché vecchio, malato e stanco, Arfè, sapeva guardare ancora avanti e la comprensibile nostalgia per gli anni della giovinezza non lasciava molto spazio all'avvilimento. Il 13 settembre saranno due anni ma, non so bene perché, tutto mi pare incredibilmente lontano: l'ombra della sera che giungeva inavvertita, i suoi ricordi, le mie domande e lo sforzo ostinato di leggere il presente alla luce del passato. Non so com'è andata. Sarà che abbiamo col tempo un rapporto davvero soggettivo, sarà che le sconfitte pesano e rendono tutto più vago e sfumato o che i punti di riferimento contano più di quanto crediamo, d'un tratto mi accorgo che questi ultimi mesi sono stati per me lunghi come anni.
Giuseppe Aragno - 07-09-2009
Dietro la cosiddetta "Questione settentrionale", così come la pongono Cota, Bricolo e Calderoli, c'è, deformato, il problema del "dualismo": è l'alfabeto della vicenda storica e della vita economica e politica del Paese. Il tono del dibattito, la debolezza delle analisi, l'insufficienza delle soluzioni, persino le timide e parziali risposte che provengono dal campo sedicente "democratico" dimostrano ampiamente che di questo si tratta: alfabeto. Manca, s'è perso, se n'è andato via assieme alla memoria storica e ci ha ridotti, come temeva Arfè, a un popolo di "senzastoria". Il testo che vi propongo con sincera umiltà - ricorrendo in parte a un link, perché è lungo e sarà il lettore a scegliere se proseguire - è certamente "datato" - uscì alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso su "Prospettiva Settanta", una rivista diretta da uno studioso di grande valore come Giuseppe Galasso, e non ha altra pretesa se non quella di tornare al tema centrale e irrisolto della nostra vita nazionale: la "questione meridionale". Per Cota e compagni potrebbe essere un primo strumento per porre rimedio a quello che appare un evidente e pericoloso "analfabetismo di ritorno".
Giuseppe Aragno - 04-09-2009
Eccoli, i precari della scuola: disperati, ma lucidi e coerenti, gridano la loro rabbia dai tetti di scuole occupate, irrompono nei centri periferici del potere - le mille succursali di casa Gelmini - per urlare ai poliziotti in assetto antiguerriglia che non ci stanno, che non hanno paura e che, in una repubblica fondata sul lavoro, un governo chiuso al dialogo capace solo di schierare manganelli e manganellatori contro i lavoratori sa di Cile e induce alla sommossa. I precari della scuola in lotta, però, diciamocelo chiaramente e una volta per tutte, non sono solo la prova che il giocattolo costruito dal carrozzone mediatico è un coniglio tirato fuori dal cilindro dell'illusionista: il Paese non è col regime e il regime non è così solido come vuole apparire.
Giuseppe Aragno - 01-09-2009
I cinquantaquattro chilometri che separano Lecce da Racale Vittorio Corvaglia li aveva fatti molto raramente nella sua vita. Della città pugliese non conosceva molto, ma ricordava bene la prima volta che c'era stato, una sera di febbraio del 1959, quand'era partito soldato con una valigia sgangherata, le scarpe grossolane della campagna, due giacche di rigatino blu tinto e stinto indossate l'una sull'altra e un cono di lana floscio calcato sui capelli neri, folti e ricciuti per proteggersi dal freddo.