Lorenzo - anno scolastico 2005-2006
Lorenzo - 23-06-2006
Sesso in cambio di promozioni: arrestato docente
Un insegnante di francese dell'istituto «P. Calvi» di Belluno in manette per atti sessuali con minori e tentata concussione. (da Corriere.it del 23/6/06)

Non ci credo, non è possibile!!!
Non che ...
Lorenzo Picunio - 19-05-2006
Approvato dal Consiglio della Municipalità di Mestre Carpenedo, su proposta del capogruppo dei Verdi Federico Camporese (a maggioranza Ds, Verdi, Comunisti Italiani, Rifondazione, Italia dei valori, Margherita)

Considerato
che l'approvazione ...
Lorenzo Picunio - 08-04-2006
Gli insegnanti frequentano le scuole. Potrebbero "frequentarle" anche lunedì pomeriggio, come pubblico che assiste allo scrutinio

I brogli elettorali non sono nella tradizione italiana. I seggi sono, storicamente, un luogo di confronto politico, ...
Francesco Di Lorenzo - 04-04-2006
1. Il dibattito che pure si è alimento negli ultimi anni su chi dovesse essere il dirigente scolastico ha visto impegnati due fronti contrapposti. In pratica, gli apocalittici e gli integrati, nelle cui posizioni - a volte più complesse ed articolate - si potevano intravedere i termini di chi difendeva situazioni superate, dove il capo di istituto era visto come l'intellettuale chiuso tra le pareti della libreria aristocratica e critico verso tutto ciò che avveniva fuori, e chi invece sosteneva la vulgata del manager sempre in movimento, tutto preso dal fare.
Drucker nel suo "La società post-capitalistica" a proposito di una auspicata riconciliazione tra la cultura dei manager e quella degli intellettuali, facendone, anzi, una condizione per la riuscita del programma globale di società della conoscenza, dice: " I loro punti di vista sono contrapposti, ma sono contrapposti come due poli complementari, non contraddittori. Ciascuno ha bisogno dell'altro ...l'intellettuale, se non è completato dal manager, crea un mondo dove ognuno fa ciò che vuole ma dove nessuno fa nulla". D'altra parte, chi si concentra solo sul fare può perdere la capacità di capire la direzione in cui sta andando, cosa gli sta accadendo vicino, a fianco, nella società, risultando alla fine manchevole sotto molti punti di vista. E per quanto riguarda il particolare mondo della scuola, ciò risulterebbe essere ancora più grave.


2. La dirigenza scolastica vive un momento intenso e nuovo attraverso l'assunzione di diverse forme di responsabilità ormai reali, e con un quadro di riferimento sia normativo che culturale in parte stabilito anche se ancora in evoluzione.
Nella situazione attuale il dirigente scolastico è il responsabile di un organo dell'amministrazione pubblica. Come per tutti i dirigenti statali, attraverso un decreto legislativo del 1993 egli è " responsabile dell'attività svolta dal suo ufficio in merito ai risultati, della realizzazione dei programmi e dei progetti affidati, in relazione agli obiettivi, dei rendimenti e dei risultati della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa". Poi, in linea con tutta una serie di funzioni e di competenze che si andavano spostando dal centro alla periferia, anche per i dirigenti scolastici è stato introdotto il concetto di valutazione, questo per recuperare la produttività in declino dei servizi pubblici e per valutare la corretta gestione delle risorse pubbliche.
Per la parte ormai acquisita delle norme che regolano l'andamento della nuova dirigenza, forse giustamente, valutando da dove si partiva, una vera e propria forma di metabolizzazione delle novità ancora non c'è stata.
Ma da dove si partiva? Qual è il retroterra, la storia che sta alle spalle del dirigente scolastico di oggi?
Lorenzo Picunio - 30-01-2006
Le ormai famose 270 pagine del programma di Prodi sono una lettura interessante, in molti punti anche piacevole, percorsi da un certo calore umano e da un desiderio - che sembra sincero - di trasformazione della società italiana.
Ci sono due "no" ...
Lorenzo Picunio - 29-11-2005
Ragionare sulla cooperazione didattica in relazione alla "riforma" Moratti, ed alle sue alternative future richiede - a mio parere - una riflessione sul passato.
Quando nacque in Europa e in America il modello dell'istruzione pubblica di massa, nella seconda metà del XIX secolo (e in Italia, con significativo ritardo, qualche decina di anni più tardi) si diede vita ad un'enorme massa di lavoratori pubblici che prima non esisteva. Più o meno nella stessa epoca, una cosa simile accadeva per la sanità, ma con maggiore gradualità. Prima i luoghi che concentravano una grande quantità di lavoratori pubblici erano quelli militari e di polizia.
Con la scuola pubblica, nonostante l'evasione, i numeri degli insegnanti (e degli altri operatori) sono elevatissimi, tali da condizionare un bilancio pubblico. Si rimedia stabilendo che il mestiere dell'insegnante non deve necessariamente essere un mestiere faticoso, grazie alle bocciature e all'evasione, e quindi dev'essere pagato ben poco.
Chi riesce, riesce e - nella lettura italiana, come sempre fantasiosa e tirchia ad un tempo - "il metodo è il maestro" come scrive Gentile, e quindi non serve una preparazione specifica per l'insegnante. Se è donna le basterà una sorta di naturale espansione delle capacità di mamma; se è un uomo soccorrerà l'estro, lo spirito d'artista o, in mancanza di queste non frequenti doti, la necessità di dare da mangiare alla famiglia.
Falsa quindi, a questi livelli, ogni lettura della scuola pubblica come "ascensore sociale". E tutto sommato di basso profilo ogni arricchimento della qualità media del lavoro o della ricerca cagionato da una maggiore istruzione media dei cittadini.
Poi, negli anni '30 e '40 negli Stati Uniti, e intorno agli stessi decenni nel continente europeo, nasce una riflessione, provocata da motivi diversi. Gli americani si chiedono se vale la pena mantenere una struttura così ampia e costosa ma di scarso effetto per gli interessi del capitalismo: ad un capitale moderno non basta certo che gli operai abbiano imparato a leggere e scrivere, tanto più che rimane una quota significativa che viene espulsa dalla scuola o non ci entra proprio, e quindi non arriva nemmeno a quello. In Europa - in particolare in Francia - forse la spinta è più "socialista" ma si arriva agli stessi risultati.