Pierangelo - anno scolastico 2004-2005
Pierangelo - 12-03-2005
Forse non ci siamo soffermati a sufficienza su quella bomba ad orologeria che è la cosiddetta alternanza scuola lavoro.
In troppi collegi docenti le mani si sono alzate automaticamente ad approvare sperimentazioni ed anticipazioni. Un po' più passa il tempo e più mi convinco che se si va in collegio docenti sonnecchiando e non vedendo l'ora che finisca la tortura cinese è molto facile votare a favore della dichiarazione della guerra termonucleare totale contro San Marino senza neanche rendersene conto. Un po' dobbiamo ammettere che ci sono, in mezzo a noi insegnanti, numerosi personaggi senza scrupoli che fiutano l'odore dei soldi meglio di un cane da tartufo e per loro penunia non olet; quelle lobby sanno bene come orientare un collegio di bradipi sbadiglianti e ci riescono quasi sempre. C'è anche un'ulteriore motivazione che consiste nella constatazione che le parolone fanno molto fico ed opporsi (o anche solo volerci vedere più chiaro) ad una cosa che suona bene come "alternanza scuola lavoro" (senti mentre lo pronunci come ti riempi la bocca) automaticamente ti fa sentire socio onorario del club degli sfigati, quelli che contrastano "il nuovo che avanza" solo per pigrizia mentale o perché sono strenui difensore del loro orticello. Insomma, in un ambiente dominato da una casta di conformisti adulatori arraffoni traffichini, gli yes-men sono capaci di farti sentire tremendamente conservatore, al punto che alla fine, anche se non ci hai capito un gran che, tu cedi e dici: "facciamoli provare, può darsi pure che ne vengano delle buone cose, non diamo l'impressione di essere contro aprioristicamente, anzi vediamo come riusciamo a gestire la faccenda, sicuramente con una buona prassi riusciremo a piegare a fin di bene anche l'alternanza scuola lavoro, il portfolio delle competenze, il tutor ed altre astruserie, bisogna cambiare tutto perché tutto rimanga come sta".
Pierangelo Indolfi - 09-03-2005
Segnalo da Repubblica del 4 e 8 marzo 2005 Un decalogo contro l´apatia politica
di GUSTAVO ZAGREBELSKY
La lezione sulla parola democrazia è stata tenuta la settimana scorsa al 34° convegno del Cidi, l´organizzazione degli insegnanti democratici.



Secondo un luogo comune, l´attaccamento alla democrazia si svilupperebbe da solo, causa ed effetto della democrazia stessa: tanta più democrazia, tanta più virtù democratica. Un circolo meraviglioso! La democrazia sarebbe l´unica forma di governo perfettamente autosufficiente, rispetto a ciò che Montesquieu denominava il suo ressort, la molla spirituale. Basterebbe metterla in moto, all´inizio; poi, le cose andrebbero da sé per il meglio.
Ebbene, a distanza di qualche decennio dalla Costituzione, uno scritto famoso di Norberto Bobbio (Il futuro della democrazia, 1984) tra le «promesse non mantenute» della democrazia indicava lo spirito democratico. Invece dell´attaccamento, cresce l´apatia politica. In Italia, e forse non solo, si è democratici non per convinzione, ma per assuefazione e l´assuefazione può portare alla noia, perfino alla nausea e al rigetto. E´ pur vero che la partecipazione può improvvisamente infiammarsi e l´indifferenza può essere spazzata via da ventate di mobilitazione, in situazioni eccezionali. Sono però reviviscenze che non promettono nulla di buono. Gli elettori, eccitati, si mobilitano su fronti opposti per sopraffarsi, al seguito di parole d´ordine elementari: bene-male, amore-odio, verità-errore, vita-morte, patriottismo-disfattismo, ecc., cose che lestofanti della politica spacciano come rivincita dei valori sul relativismo democratico. Parole che potranno forse servire a vincere le elezioni ma intanto spargono veleni, senza che un´opinione pubblica consapevole sappia difendersi, dopo che la routine l´ha resa ottusa. Un difetto e un eccesso: l´uno indebolisce, l´altro scuote alle radici.
Apatia e sovreccitazione sono qui a dimostrare che l´ethos della democrazia non si produce da sé. Monarchie, dispotismi, aristocrazie e repubbliche hanno avuto i loro pedagoghi.
Senofonte, Cicerone, Machiavelli, Bossuet, Montesquieu... Le rivoluzioni hanno avuto i loro catechismi. La democrazia invece ha politologi e costituzionalisti. Non bastano. Il loro compito è studiare e spiegare regole esterne di funzionamento ma ciò che qui importa, il fattore spirituale, normalmente sfugge. Il loro pubblico, poi, non è certo il cittadino comune, come dovrebbe essere, in quanto si sia in democrazia. Naturale dunque è che si guardi alla scuola e al suo compito di formazione civile. Il decalogo che segue è una semplice proposta.

1) La fede in qualcosa che vale.
La democrazia è relativistica, non assolutistica. Come istituzione d´insieme, non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli su cui si basa. Deve cioè credere in se stessa e sapersi difendere, ma al di là di ciò è relativistica nel senso preciso della parola: fini e valori sono da considerare relativi a coloro che li propugnano e, nella loro varietà, ugualmente legittimi. Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma, sono incompatibili. La verità assoluta e il dogma valgono nelle società autocratiche, non in quelle democratiche. Dal punto di vista dei singoli, invece, relativismo significa che «tutto è relativo», che una cosa vale l´altra, cioè che nulla ha valore. In questo senso, cioè dal punto di vista dei singoli, relativismo equivale a nichilismo o scetticismo. Ora, mentre il relativismo dell´insieme è condizione della democrazia, nichilismo o scetticismo sociali sono una minaccia. Se non si ha fede in nulla, perché difendere una forma di governo come la democrazia che vale in quanto le proprie convinzioni possono essere fatte valere? Per lo scettico, democrazia o autocrazia pari sono. Rallegriamoci dunque se la democrazia, come insieme, è relativistica. Solo così la società può essere libera; chi se ne duole, nasconde pensieri autocratici. Impegniamoci però in ogni luogo per scuotere l´apatia, promuovere ideali, programmi e, perché no, utopie.

2) La cura delle individualità personali.
La democrazia è fondata sugli individui, non sulla massa. Come Tocqueville ha antiveduto, la massificazione è un pericolo mortale. Proprio la democrazia, proclamando un´uguaglianza media, può minacciare i valori personali annullando individui e libertà nella massa informe. E la massa informe può accontentarsi di un demagogo in cui identificarsi istintivamente. I regimi totalitari del secolo scorso sono la riprova: una democrazia senza qualità individuali si affida ai capipopolo e questi, a loro volta, hanno bisogno di uomini-massa, non di uomini-individui. Per questo, la democrazia deve curare l´originalità di ciascuno dei suoi membri e combattere la passiva adesione alle mode. Dobbiamo vedere con preoccupazione l´appiattimento di molti livelli dell´esistenza, consumi e cultura, divertimenti e comunicazione: tutti «di massa». Chi non si adegua, nel migliore dei casi è un "originale", nel peggiore uno "spostato". Non è questa certo la prima volta che ci si rivolge proprio alla scuola perché alimenti, e non reprima, caratteri e vocazioni personali delle giovani vite con cui ha a che fare.

3) Lo spirito del dialogo.
La democrazia è discussione, ragionare insieme; è, socraticamente, filologia. Chi odia discutere, il misologo, odia la democrazia, forma di governo discutidora. Alla persuasione preferisce l´imposizione. Maestro insuperabile dell´arte del dialogo, cioè della filologia, è certo Socrate, cui si deve la denuncia di due opposti pericoli. Vi sono - dice - "persone affatto incolte", che "amano spuntarla a ogni costo" e, insistendo, trascinano altri nell´errore. Vi sono poi però anche coloro che "passano il tempo nel disputare il pro e il contro, e finiscono per credersi i più sapienti per aver compreso, essi soli, che, sia nelle cose sia nei ragionamenti, non c´è nulla di sano o di saldo, ma tutto va continuamente su e giù". Dobbiamo guardarci da entrambi i pericoli, l´arroganza del partito preso e il tarlo che nel ragionare non vi sia nulla di integro. Per preservare l´onestà del ragionare, deve essere prima di tutto rispettata la verità dei fatti. Sono dittature ideologiche, quelle che li manipolano, travisano o addirittura creano o ricreano ad hoc. Sono regimi corruttori delle coscienze «fino al midollo», quelli che trattano i fatti come opinioni e instaurano un «nichilismo della realtà», mettendo sullo stesso piano verità e menzogna. Gli eventi della vita non sono più «fatti duri e inevitabili», bensì un «agglomerato di eventi e parole in costante mutamento (su e giù, per l´appunto), nel quale oggi può essere vero ciò che domani è già falso», secondo l´interesse del momento (Hannah Arendt). Perciò, la menzogna intenzionale - strumento ordinario della vita pubblica - dovrebbe trattarsi come crimine contro la democrazia. Né intestardirsi, dunque, né lasciar correre, secondo l´insegnamento socratico. Il quale ci indica anche la virtù massima di chi ama il dialogo: sapersi rallegrare di scoprirsi in errore. Chi, alla fine, è sulle posizioni iniziali, infatti, ne esce com´era prima; ma chi si corregge ne esce migliorato, alleggerito dell´errore. Se, invece, si considera una sconfitta, addirittura un´umiliazione, l´essere colti in errore, lo spirito del dialogo è remoto e dominano orgoglio e vanità, sentimenti ostili alla democrazia.
Pierangelo Indolfi - 22-02-2005
Quando ero io uno studente del Marconi
appena attraversavi il portone
si sentiva il profumo della limatura di ferro.
Ogni lunedì si facevano le otto ore,
a mezzogiorno divoravamo l'enorme panino che mamma aveva preparato
imbottito di mortadella e provolone piccante,
mamma lo incartava in tantissimi
fazzoletti di carta, chissà perché.
Di professori e di professoresse
ce n'erano buoni e canaglie, un po' come ora.
C'erano quelli che per noi erano come persone di famiglia
e quelli che senza particolare motivo ci incutevano terrore.
Ce n'erano anche di quelli che perdevano tempo in classe
senza fare nulla.
Ma quelli che stimavamo di più erano quelli che in classe ti facevano
lavorare sodo e non si risparmiavano loro per primi.
I ragazzi erano di modi rustici, lo sono anche ora,
tutti figli di operai perché i figli dei dottori,
i figli di papà, frequentavano ben altre scuole.
Un po' rozzi sì, ma gente in gamba!
E il piacere di stare insieme era tanto
e ci siamo trovati che eravamo diventati amici davvero
mentre giocavamo a "sguincio" contro la lavagna al cambio dell'ora.
Per questi motivi quando sono rientrato al Marconi
ed ho sentito lo stesso profumo ed il primo ragazzo
mi ha chiamato "Professore"
ho provato una forte emozione e commozione
e negli occhi di quel ragazzo ho rivisto gli occhi miei
e di tutti i compagni di un tempo ormai volato via,
compagni che ora saranno sposati e avranno i figli e
pure se qualcuno di loro ora è laureato, speriamo che
continuino a mandare anche i loro figli al Marconi.

Pierangelo Indolfi - 05-02-2005
Giacomo è un mio studente che si è diplomato perito informatico due anni fa con 100/100 e l'encomio della commissione.

Ora studia a Roma ingegneria aerospaziale. Mi manda questa email il cui contenuto mi fa piacere condividere.

Salve ...
Pierangelo Indolfi - 03-01-2005
Segnalo da da Ecole - Dicembre 2004


Può la mannaia dei tagli alla scuola del governo Berlusconi compattare idee della formazione diverse e renderle concordi? È possibile pensare che il marcio della privatizzazione e confessionalizzazione della ...
Pierangelo Indolfi - 31-12-2004
Segnalo dal Corriere della Sera

La preghiera di Assisi «Capodanno silenzioso»

Il Custode della basilica: donate i soldi alle vittime dell’Asia Il cardinale di Napoli: no ai botti. I Comuni riducono le feste

«A Capodanno non spendete soldi in ...
Pierangelo Indolfi - 05-10-2004
Con una certa delusione nel volto, mia figlia Letizia mi mostra un passaggio del suo libro di letteratura latina del primo liceo classico.

Su di esso è presente il seguente passo:
"Un'analisi accurata del lessico latino nella sua fase ormai ...
Pierangelo - 04-10-2004
Oggi è San Francesco.

In questi tempi difficili, un solo episodio della vita di San Francesco d'Assisi diventa più importante di tutti gli altri: l'incontro con il Sultano. Lo riporto dalla lettera che il recentemente scomparso Tiziano Terzani ha ...
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