Andrea - anno scolastico 2003-2004
Andrea Bagni - 25-05-2004
Il Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del Primo Ciclo di Istruzione (6-14 anni) di Bertagna-Moratti è un testo a suo modo straordinario. Suggerisce alcune riflessioni sul rapporto fra sapere, scuola, sfera dell'esistenza personale. E può mettere in crisi qualunque insegnante (e qualunque genitore credo).
Si disegna il ritratto a tutto tondo di un pre-adolescente che sa gestire la sua irrequietezza emotiva e la comunica senza disagio (...); è in grado di pensare al proprio futuro dal punto di vista umano, sociale e professionale (...); elabora esprime ed argomenta un proprio progetto di vita (...); ha coscienza dell'immensità del cosmo (poco sotto si precisa infatti che sa usare in modo mirato motori di ricerca); conosce le regole e le ragioni per prevenire il disagio (...); avverte interiormente la differenza fra il bene e il male (...); riesce ad immaginare e progettare il proprio futuro (...); sa porsi le grandi domande sul mondo, sulle cose, su sé e sugli altri, sul destino di ogni realtà, nel tentativo di trovare un senso che dia loro unità... e così via.
Insomma è uno che ha risolto tutti i problemi riguardo la sua identità, il suo corpo, il suo destino esistenziale. Sa della complessità del mondo e la sa risolvere; è in contatto costante col suo mondo emozionale e lo sa comunicare.
Più che il pre-adolescente sembra il post-umano. Chi di noi adulti o dei nostri figli/e (non passati per la scuola della Moratti) può aspirare a tanto? Superate inquietudini, nessun problema a comunicare le emozioni, ma quando mai...
E' un cucciolo divino dell'armonia universale, questo piccolo dio delle grandi cose. Anzi è Persona - naturalmente all'interno di un corpo organico, comunitario, che ne garantisce lo sviluppo onnicomprensivo e armonioso.
Cioè sotto controllo.
Come può essere che si realizzi in otto anni di scuola questo ennesimo miracolo italiano (ma certi “sogni”, quando sono programma di un potere istituzionale, forse sarebbe meglio chiamarli incubi)?
Perché la scuola di questa modernizzazione tecno-spirituale berlusconiana è una specie di fabbrica della vita, sensibile agente morale di una personalizzazione organicistica.
Non perde nulla della dimensione buro-pedagogica che aveva connotato anche il centrosinistra, ma cancella ogni residuo (ecologico) senso del limite, integrando nel suo percorso privo di deviazioni possibili, l'intera esperienza personale di chi apprende e di chi insegna. L'intera vita. Il bio-potere ha la sua scuola, e non lascia niente fuori di sé, tutto integrando nella formazione del corpo e dell'anima del suddito dell'impero; fondamentalismo e funzionalità da ingranaggio produttivo si sposano religiosamente. La didattica infatti non è questione di scambio, ma neppure di rapporti (ancora segnati dalla dimensione fredda dei ruoli), bensì di relazione educativa che si fonda sull'accettazione incondizionata dell'altro (...); ci si prende cura l'uno dell'altro come persone: l'altro ci sta a cuore, e si sente che il suo bene è anche la realizzazione del nostro (Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati).
È curioso perché si toccano qui argomenti – il coinvolgimento personale nelle pratiche di scuola, la dimensione relazionale del sapere, la complessità olistica di ogni conoscenza, la centralità della motivazione nell'apprendimento – che sono stati tipici di una riflessione radicale e giustamente critica della scuola burocratizzata e tecnicizzata (ad esempio quella dell'autoriforma gentile).
Adesso però sono fatti propri e riprodotti come da uno specchio deformante nella megamacchina produttiva non di diplomi e professioni ma addirittura di Progetti di vita. I processi viventi, la relazionalità didattica, inglobate in un Piano dell'Offerta Formativa spiritualizzato; il coinvolgimento appassionato e gratuito, nel mansionario del profilo professionale come una sorta di vocazione altruistica istituzionalizzata al Bene del fanciullo...
Si parla anche di storia personale degli allievi e narrazione nei documenti ministeriali, ma è un trucco. E qui forse è il nodo centrale del discorso.
La storia dello studente è infatti una costruzione di Piani di Studio Personalizzati, nei quali si traducono in Unità di Apprendimento gli Obiettivi Specifici d'Apprendimento, mediati dagli Obiettivi Formativi attraverso i quali conoscenze e abilità possono diventare competenze (c'è sempre una santissima trinità dei documenti pedagogici ministeriali), cogliendo le dissonanze cognitive e non cognitive nelle biografie giovanili che possano giustificare la formulazione di obiettivi formativi, coerenti col maggior numero possibile di obiettivi specifici d'apprendimento e col Profilo. E la competenza è poi quella cosa da nulla definita capacità di conferire senso alla vita. (Peraltro è da notare come l'uso delle maiuscole in tutto il testo della riforma ricordi straordinariamente i documenti delle Brigate Rosse: forse perché l'orizzonte di salvezza è effettivamente simile).
Nell'insieme, insomma, una costruzione di ingegneria etica che mattone dopo mattone, sotto la guida della scuola e della famiglia (anzi dell'istituzione scolastico-familiare) innalza l'edificio armonioso della vita verso il cielo.
(Mi viene in mente la giovane “tirocinante” che mi raccontò della didattica delle ssis, nella quale il fare scuola veniva sempre smontato e rimontato in tanti pezzettini per costruire un edificio e mai visto come un paesaggio. In fondo domina sempre l'immagine dell'insegnante vasaio - magari contro quella del mero “versatore” di sapere nella testa vuota dei discenti - e mai quella del giardiniere, architetto di spazi e di luce...).
Non c'è libertà infatti in questo processo. Dunque nessuna possibilità di imprevisti: sarebbero solo un fallimento del percorso programmato, uno strappo alle “relazioni educative”, dove non è previsto conflitto (se non verso i cattivi maestri, non degni di emulazione, sembra suggerire il Profilo).
Niente libertà, niente imprevisti, dunque niente narrazione. Niente che si possa raccontare solo dopo, ricostruire attraverso le vie che ha preso nel tempo. Il tempo è già tutto conquistato dal progetto e l'armonia organicistica (che ha trasformato la vita stessa delle ragazze e dei ragazzi in obiettivo scolastico sensibile), non prevede deviazioni. Non prevede attraversamenti di qualcosa che sia e resti altro da sé. Da non ricondurre all'ovile della scuola e della famiglia.


>>> continua...
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