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Autore Topic: Breve storia della giustizia minorile in Italia  (Letto 6990 volte)
Luisa
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« il: 22 Luglio 2008 - 08:12:52 »

Breve storia della giustizia minorile in Italia

Dott. Giancristoforo Turri, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Trento

Alla fine dell’800 fanno la loro comparsa, nel mondo anglosassone, organi giudiziari che si occupano di minorenni. Quasi coevamente nasce e si sviluppa nella coscienza sociale dell’Occidente più sviluppato la percezione della alterità del bambino e dei suoi particolari bisogni di protezione. Marx (per l’ingiustizia delle condizioni di lavoro, dello sfruttamento dei minori) e Freud (per la scoperta psicologica dell’universo bambino) hanno avuto una parte importante nella determinazione del fenomeno, così come la dottrina sociale della Chiesa ed alcuni movimenti che promossero l’attenzione e il riguardo per l’infanzia (il movimento dei Children’s sauvers sensibilizzò gli ambienti della giustizia verso il mondo dei minori).

La giustizia si sensibilizzò e cominciò ad occuparsi di minorenni nell’area penale, nella quale il trattamento non poteva essere equiparato a quello riservato agli adulti (oggi, negli U.S.A., in molti casi, i minorenni vengono giudicati dai tribunali per gli adulti!). E’ stato solo nel corso del tempo -e non dappertutto- che i sistemi di giustizia hanno considerato separatamente i minorenni nell’area civile. In molti Paesi ci si rese conto che non bastava modificare il regime di trattamento per i minorenni, ma occorreva anche pensare ad una diversa composizione dei tribunali che ne facevano applicazione.Prende avvio da qui, non dappertutto, la partecipazione della componente onoraria all’amministrazione della giustizia minorile.

In Italia, solo nel 1934 viene istituito il tribunale per i minorenni, anche se il primo progetto risale al 1908 (progetto Quarta-Vacca) e non si occupava soltanto della giustizia penale (!). E’ con il RD. 20/7/1934 n.1404 che inizia ad operare un organo giudiziario specializzato (in quanto ne faceva parte, accanto a due giudici di carriera, un "benemerito dell’assistenza sociale", che fosse cultore di scienze bio-mediche o umane). Deve occuparsi della giustizia penale, di taluni rapporti tra genitori e figli e dei "corrigendi", per i quali erano predisposti i riformatori.

Si delineava così la tripartizione delle "competenze" del T.M. in penale, civile e amministrativa, che perdura tutt’oggi .Bisogna tenere presente che erano entrati da poco in vigore il codice penale e quello di procedura penale (1930). Il primo aveva introdotto o riformato, con riferimento ai minorenni, gli istituti del perdono giudiziale, dell’incapacità d’intendere e di volere e della sospensione condizionale della pena. Nello stesso anno era stata portata a termine l’opera di organizzazione dell’assistenza amministrativa all’infanzia (legittima e illegittima) e alla maternità, iniziata nel 1923.

Nel 1942 entrano in vigore il nuovo codice civile e il codice di procedura civile. Il primo innova il diritto di famiglia e istituisce la funzione dei giudice tutelare, che raccoglie l’eredità del Consiglio di famiglia; il secondo disciplina i procedimenti in camera di consiglio con norme tuttora vigenti.

Nel 1948 entra in vigore la Costituzione della Repubblica, che contiene disposizioni di grande rilievo per il diritto di famiglia e dei minori (artt. 2, 10, 30-32, 34, 38), ma bisogna attendere il 1956 (L. 25/71956 n.888), per vedere una riforma, che, oltre a portare a due il numero dei componenti onorari (un uomo e una donna) nel collegio, innova profondamente la competenza amministrativa, detta altrimenti "rieducazione", per i minori irregolari per condotta o per carattere, incentrata su un doppio ordine di misure: l’affidamento al servizio sociale del Ministero di giustizia (istituito nel 1962 con L. n.1085) e il collocamento in casa di rieducazione.

La rieducazione dei minorenni, come impostata da tale riforma, non ha lunga durata. Già alla fine degli anni ‘60 (il ‘68) è in piena crisi. Si fa sempre più strada l’idea che solo la prevenzione "paga". Ed è una legge di portata storica (L. 5/6/67 n.431), che, nel solco di tale filosofia, introduce la più radicale delle prevenzioni: l’adozione speciale (oggi, legittimante) dei minori abbandonati, rivolta principalmente a quelli ricoverati negli istituti, molti dei quali, facendosi grandi, popolavano i riformatori e le patrie galere. Si è molto parlato di questa legge, che ha rappresentato una profonda innovazione anche culturale nel senso del cosiddetto puerocentrismo.

Gli anni ‘70, che si aprono con l’istituzione delle Regioni (il tema della prevenzione è fortemente connesso al territorio ed ai poteri che vi si costituiscono), sono una stagione di grandi riforme che interessano i minorenni: l’istituzione degli asili-nido (1971), il divorzio (1970) e, successivamente, l’aborto (1978), l’istituzione dei consultori familiari (1975), la riforma penitenziaria (1975) e quella sanitaria (1978), ma soprattutto la riforma del diritto di famiglia (L. 19/5/75 n.151), che ha innovato ampiamente la nostra materia, realizzando il principio della parità dei coniugi e centrando sull’interesse del minore la regolazione di molteplici istituti del diritto di famiglia (tra l’altro, ha abbassato il conseguimento della maggiore età ai 18 anni). Negli stessi anni comincia ad affacciarsi l’idea di accorpare in un unico tribunale le competenze frammentate fra T.M., tribunale ordinario e giudice tutelare (e giudice penale). Idea che fatica ad imporsi e che, ancora oggi, non si è realizzata.

Intanto, la legge sull’adozione ha notevolmente incrementato il lavoro dei tribunali minorili, per i quali viene istituito un organico, con contestuale autonomia rispetto al tribunale ordinario (L. 9/3/71 n.35). Altra grande riforma di quel tempo è la soppressione degli enti nazionali e di quelli autonomi territoriali di tutela dei minori (ONMI, ENAOLI, istituti nazionali di assistenza per determinate categorie di minori assistibili: orfani di guerra, sordomuti, ciechi, ecc.: IPPAI, ECA) e una prima, parziale, attuazione del dettato costituzionale (art.117) della competenza delle autonomie locali in materia di assistenza e beneficenza pubblica (1975-1977).

Nel nostro settore è di fondamentale importanza lo spostamento della competenza assistenziale dal Servizio sociale del Ministero di Giustizia ai Servizi sociali territoriali nella materia civile (dove, in realtà, operava largamente il personale degli enti nazionali) e amministrativa (DPR. 616/77, art. 23). Se, nella prima, la riforma funziona, ancorchè in modo diseguale nelle varie aree del Paese, nella seconda il fallimento è totale: gli Enti locali non hanno nessuna intenzione di occuparsi delle funzioni rieducative. Sempre nel segno e nel verbo della prevenzione. Per il disadattamento, solo se penalmente rilevante, non c’è che il penale: un penale che ha fatto il suo tempo.

Nel mondo dell’infanzia si avvertono mutamenti. Si contrae l’istituzionalizzazione e il "controllo sociale" punta decisamente i contesti familiari problematici e si fa più penetrante. Il riferimento concettuale è il maltrattamento: fisico e psicologico, la cui variante più drammatica è l’abuso sessuale. Nel 1983, viene aggiornata la disciplina dell’adozione (legittimante), che contiene la regolamentazione dell’affidamento familiare (L. 4/5/83 n.184): una misura di tutela intermedia tra assistenza in famiglia e adozione. Questa legge si apre, tuttavia, con una disposizione che afferma il diritto primario del minore a vivere nell’ambito della propria famiglia. Forse, la parte più significativa della legge è quella che riguarda l’adozione internazionale, che, con la contrazione dell’adozione nazionale, registra un progressivo incremento applicativo. In questo periodo la normativa internazionale riguardante l’infanzia e l’adolescenza, che è diventata abbastanza consistente, non è ancora tenuta ben presente in Italia. Sarà la Convenzione sui diritti del fanciullo, ONU, 20/11/89, ad aprire gli occhi della nostra realtà sullo scenario del mondo.

Ma, intanto, è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale minorile (DPR. 22/9/88 n.448): la rieducazione è dimenticata, anzi è riassorbita nel processo penale. Nulla di nuovo sul piano del sistema sanzionatorio. E’ questa una lacuna fondamentale, a tutt’oggi non colmata. E’ della fine degli anni ‘80 la legge Martelli sugli stranieri extracomunitari. Non contiene una sola disposizione sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, che travaglierà molti tribunali minorenni e le strutture di riferimento per tutto il decennio seguente senza che venga individuata una soluzione (non è tale la più recente normativa in materia: T.U. 286/98).

Gli anni ‘90 saranno segnati dal "pensiero" -poco praticato- della Convenzione di New York, che viene ratificata con L. 27/5/91 n.165, dalla produzione di norme di sostegno alla prevenzione della criminalità minorile (L. 19/7/91 n.216) e alla sperimentazione di nuove strategie di intervento a favore dell’infanzia e dell’adolescenza (L. 28/8/97 n.285). Diventano esecutive in Italia (L. 64/94) alcune convenzioni internazionali di vecchia data: protezione dei minori stranieri (Aja, 5/10/61), sottrazione di minori (Aja, 25/10/80) e ristabilimento dell’affidamento dei minori (Lussemburgo, 20/5/80), rimpatrio dei minori (Aja, 28/5/70): cominciamo a renderci conto di far parte dell’Europa. Anche il diritto internazionale privato viene riformato (L. 218/95). Il 31/12/1998 viene approvata, con n.476, la nuova legge sull’adozione internazionale, che recepisce (non in toto) la convenzione dell’Aja del 1993.

L’esigenza di adeguamenti del diritto ai mutamenti sociali e ad istanze politiche, a nuove rappresentazioni dei diritti dei minori e degli adulti, al principio costituzionalmente ribadito del giusto processo (nuovo art. 111 Cost.) ha ispirato le riforme degli ultimi tempi. Esse hanno riguardato l’adozione cosiddetta nazionale (L. 149/2001); il processo penale minorile, anche se molto parzialmente (L. 63/2001, D. Lvo. 274/2000, relativo alla competenza penale del Giudice di pace, che introduce per i reati minori nuove sanzioni); l’introduzione di nuove misure contro le violenze familiari (L. 154/2001); la riforma in senso federalista (?) del Titolo V, Parte II della Costituzione (L. cost. 3/2001), che ha travolto la legge-quadro sull’assistenza (L.328/2000), cui si era approdati dopo decenni di dibattito.

Tra breve, dovrebbe essere introdotta una normativa di incisiva riforma dei procedimenti civili minorili, in attuazione della L. 149/2001 (v.supra), mentre con la legge n. 77/03 è stata ratificata  la Convenzione di Strasburgo 26 novembre 1996, sull’esercizio dei diritti del minore nel processo.

http://www.minoriefamiglia.it/pagina.asp?mode=full&id=207
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