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Autore Topic: L’Europa dei “dritti” e quella dei diritti  (Letto 3037 volte)
Redazione
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« il: 06 Ottobre 2010 - 01:11:45 »

di Maurizio De Santis (fonte: Giustizia Giusta)

20 settembre 2010

Viviane Reding, laureata in Scienze Umane alla Sorbona di Parigi, è una politica lussemburghese che ricopre attualmente il ruolo di Commissario dell'Unione Europea.  La signora, stimatissima da José Manuel Barroso, risulta incaricata della commissione che si occupa di Giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza.
I fatti sono questi.
In aperto contrasto con la politica interna del presidente francese Sarkozy, votata alle espulsioni mirate dei nomadi non regolari, la Reding non ha esitato a trascinare la Francia in un contenzioso giudiziario che, volenti o no, rischia di rappresentare di diventare per l’UE un rovo doloroso.
Vediamo perché.
Dunque, Viviane Reding ha chiesto alla Francia di rinunciare alla propria politica delle espulsioni dei Rom (bulgari, romeni o di altri lidi, che fossero). Al diniego dell’Eliseo e, dopo l’invito del bellicoso Nicolas Sarkozy, di portarsi i nomadi in Lussemburgo, la commissaria UE ha attivato una procedura di infrazione contro la Francia
Qui il discorso si complica.
La prima opzione promossa dalla Reding, infatti, contempla la possibilità che l’Alta Corte di Giustizia Europea condanni la Francia per le proprie scelte. Obbligandola ad osservare le direttive indicate dalla Reding e comminando una salatissima multa allo Stato francese.
La seconda possibilità, invece, apre scenari politici più delicati. Perché prevede la sospensione del diritto di voto della Francia. Opzione possibilissima, perché prevista dal Trattato dell’Unione Europea (il TUE) che, nell’articolo 7, osserva la possibilità di sospendere il voto a quello Stato che non osserva più i valori dell’Unione Europea.
La commissaria lussemburghese si è sicuramente mossa confidando  nella replica di uno scenario simile a quello del 1999, quando di fronte alla vittoria dell’estrema destra austriaca di Jorg Haider, l’UE preparò un “biscotto” che fece subito desistere Vienna da ogni progetto esecutivo contro l’immigrazione musulmana.
Ma forse stavolta la Reding ha sottovalutato il crescente disagio sociale che attraversa gli Stati membri.
Oggi come oggi, nessun governo appare particolarmente incline a condannare il proprio vicino di casa, anche se di colore politico diverso, sapendo che la nemesi potrebbe riservare un contrappasso analogo a quello francese.
In definitiva, il dibattito attuale su Rom (e nomadi in generale), altro non è se non la prova provata che tutte le politiche di integrazione messe in piedi dai vari Stati dell' Unione europea sono fallite. E che alle politiche di integrazione credano sempre di più in pochi se ne è avuta una concreta testimonianza in aprile a Cordoba, dove in un summit ad hoc su questa problematica, organizzato dalla presidenza spagnola, la maggior parte dei ministri europei ha brillato per la propria assenza.
E non è vero che Sarkozy abbia incassato il solo consenso del suo vicino Berlusconi.
Vero è che se il primo ministro bulgaro Boïko Borissov ha paragonato gli zingari odierni alle tribù di nomadi che imperversavano nel medio evo, il suo omologo belga, Yves Leterme, ha sollecitato i rappresentanti delle comunità nomadi ad avere "il rispetto per il diritto di proprietà".
Niente male per chi si ostina a dire che nessuno la pensa come Sarkozy.
E come non citare  il premier ceco, Petr Necas, secondo cui la Francia ha "il pieno diritto di esigere che un cittadino Ue residente lavori, studi o dimostri di avere i mezzi per sostenersi"?
Insomma, il dibattito sui Rom sembra definitivamente orientato verso un orizzonte sgombro dei postulati buonistici sino ad oggi apparecchiati da una certa ideologia. Diritti si, ma anche sacrosanti doveri da rispettare nelle società dove si è accolti.
Hai voglia ad aggrapparti al concetto di cultura diversa.
Santino Spinelli, musicista e docente di lingua e cultura Rom all’università di Chieti, per esempio, sostiene che «la cultura rom non distingue il mondo dell’infanzia da quello degli adulti.  Se per esempio il papà va a dormire alle tre di notte o la mamma chiede l’elemosina i bambini li seguono. E’ naturale, non si tratta di sfruttamento”.
Io posso comprendere il Prof. Spinelli, ma nelle complesse società attuali, sussistono  dei paletti che non possono essere superati neanche da deroghe accordate a “culture diverse”, siano esse sotto forma di un burqa o di “cooperazione” di minori alle attività di accattonaggio svolte dagli adulti.
Lo stesso Massimo Converso, presidente dell'Opera Nomadi, pur lamentandosi dell’incompletezza dell’informazione, sa perfettamente che il caso della riuscita stanzialità dei Rom in terra d’Abruzzo non può essere portato quale esempio valido per l’intero territorio Europeo. In Abruzzo si parla di “zingari” italiani da plurigenerazioni, lentamente integratisi (e non tutti, sia chiaro), nel tessuto sociale abruzzese. Altrove, invece, parliamo di un’ondata devastante di zingari bulgari e romeni, spesso invisi agli stessi nomadi “nostrani”, causa la loro profonda asocialità.
E a chi rifiuta il confronto, sfoderando la solita, ammuffita, minaccia di razzismo, suggerisco di consultare l’ultimo rapporto del centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità dell’Università di Firenze. Un lavoro che ha chiaramente indicato  nei Sinti un nodo critico dell’allarme sociale. Il primo cittadino della città gigliata (non esattamente di destra), rifiuta il decotto stereotipo di razzista.  «Sono dell’avviso di dare una chance a tutti, una casa, la possibilità di studiare, la normalità. Se poi uno delinque se ne va, in prigione o direttamente al suo paese».
E mentre l’Unione dei Rom Iberici intenta un ricorso contro la Francia per violazione dei diritti umani, l’autorevole quotidiano economico Il Sole24ore ha condotto un sondaggio che, intorno al semplice e chiaro quesito  "siete d'accordo con Sarkozy o Barroso?", ha visto trionfare con il 70% la posizione di Parigi.
Il Presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ha giustamente avvertito che «il problema non è solo dei Rom o della Francia, ma di tutta l'Europa e dobbiamo affrontarlo insieme». Un monito contro certi “pruriti” di qualche area politica, pronta a brandire la questione dei Rom a mò di clava per strategie di breve respiro.
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