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16  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Rom: buona strada, perchè anche le parole sono nomadi il: 07 Giugno 2008 - 10:15:50
Rom: buona strada, perchè anche le parole sono nomadi
di Doriana Goracci

"In Italia te simti discriminat?" E' la domanda che pone il sito alla sua comunità romena a Viterbo. A Roma dicono "ce rimbalza" come il pallone...quello con cui i ragazzini giocavano in strada: a Roma quando vinse la Squadra del cuore erano 3.000.000 per strada.

A Roma in strada l'8 giugno ci saranno i Rom e i Sinti, ci saranno quelli che lottano contro ogni razzismo perchè qualcuno ha il coraggio di scrivere che "la mafia sta al cancro come la criminalità zingaresca ad una infezione, quella degli zingari è una invasione. Una pericolosa invasione allogena": si trovano queste asserzioni in rete, su Euro-Holocaust ad esempio "Contro il suicidio dei popoli europei".

Devono essere cacciati, prima ancora che arrivino. Sono rifiuti da smaltire. Si aprono i cancelli dei campi per loro come si fà con i furgoni pieni di rifiuti tossici, e si tace. Ce l'abbiamo anche noi nel viterbese il pericolo rom:"A Viterbo c’è una zingara che sono 6 ANNI che al semaforo espone il cartello “ho 4 figli, ho fame, sono povera, aiutatemi”. Negli altri semafori negli anni e a rotazione si sono alternati nuclei famigliari veri e propri: elemosina o lavavetri, ovvio! E se dici di no al lavavetri, la zingarella ti butta il sapone sui vetri e sulla macchina. Ma se sbrocchi,scendi dall’auto e ti incazzi, allora l’italiano è RAZZISTA, XENOFOBO!". Già, dallo sciuscià lustrascarpe a quella che vivacchia pulendo le auto: un paese di furbi, non c'è che dire, di delinquenti dediti a "mille traffici illeciti sulla scia delle truppe d´occupazione"...

De André ne racconta un'altra di lettera che gli arrivò da Verona, feroce con gli zingari e con lui che li canta . "Non è anonima, per fortuna. Risponderò. Spiegherò che gli zingari sono stati raccontati persino da Erodoto, che non hanno mai fatto guerre a nessuno, che la Mercedes taroccata è tutto quello che possiedono. Che sentono l'impulso primario al saccheggio, di cui parla Campbell, ma che non hanno mai rubato milioni alle banche. E aggiungerò che non ho mai visto una zingara battere il marciapiede a differenza delle nostre donne. Dirò, educatamente, che non sono abituato a prendere le cose alla leggera e che se decido di parlare dei nomadi in una canzone, prima mi informo. Spero lo faccia anche il signore che mi ha scritto. Si sono incattiviti i vecchi benpensanti dei miei primi dischi, ora che gli hanno toccato anche la tasca. Questo signore. per esempio. ha allegato pure duemila lire per umiliarmi, per essere sicuro di ottenere risposta. Mi auguro che la prossima volta quelle duemila lire le metta nella mano di una zingara, senza storcerle il polso... Spesso si odiano le cose soltanto perché non le si conoscono".

Ma veniamo a chi li conosce bene gli zingari. Era il 2 gennaio 2007 e il quotidiano Libero, di nome e di fatto, in prima pagina scriveva :"Arrivano 30 mila zingari. L'Europa si allarga a 27 Stati. Risultato: noi italiani dovremo stringerci un po'. Soprattutto, a quanto pare, dovremo lasciar spazio ai rumeni, ed in particola ai rom, insomma gli zingari". Il 29 gennaio Fiorello annunciava: "Ho paura, ci si deve difendere da soli". E' l'8 marzo il Giornale rincalzò:" Gli zingari continuano a occupare abusivamente aree come il parcheggio di Saxa Rubra". E' il 7 novembre 2007 e la Trincea Padana sostiene: "Sì alle espulsioni di massa, e di corsa! Ma quale pacchetto anticrimine ed espulsioni facili. Il Governo due mesi fa ha creato il Fondo per l’integrazione forzata degli zingari, dei romeni e degli stranieri nullafacenti! Alla fine della fiera, la politica dell’Italia verso i rom, romeni compresi, era stata già decisa da un pezzo: ce li teniamo tutti. Bella zingarata. Altro che espulsioni, pacchetto sicurezza, altro che cattivi da cacciare. Chi se ne frega se le città se la fanno sotto dalla paura".

Siamo all'8 maggio 2008 e il sindaco Alemanno sulla questione campi nomadi abusivi e abusivismo commerciale dichiara:"fare in modo che ci sia una prospettiva per eliminarli tutti". Partono le Ronde nel Viterbese, organizzate da Forza Nuova, a Marta, sono "le ronde notturne per riportare ordine e tranquillità nel meraviglioso centro situato sulle sponde del lago di Bolsena... 60 persone hanno aderito all'appello ed, ogni notte, a turno hanno sorvegliato e sorvegliano il territorio. Dopo due o tre uscite, a Marta è tornata la tranquillità. Il servizio, tuttavia, continuerà ad ulteriore garanzia dei cittadini".

Dieci anni fà, con altro stile in Turismo Itinerante, un pellegrino di Novara a Lourdes, scriveva il 27 Maggio dalla sua sosta: "Devo ammettere che, per chi come me ha intenzione di passare e sostare almeno un giorno a Lourdes durante le prossime ferie d'agosto, le notizie che giungono da Giuseppe Scalabrini non sono propriamente incoraggianti. Che ci sia folla è un dato di fatto, spero però che l'occupazione dei parcheggi da parte degli zingari peraltro autorizzata dall'amministrazione comunale sia stato un episodio dovuto a qualche raduno di carattere etnico".

Un po' in anticipo sui tempi, roghi a parte, la stagione venatoria si è aperta, torna trend la mimetica e out lo stile gipsy. Come disse Goethe, viaggiatore in Italia: "Qualsiasi cosa sogni d'intraprendere, cominciala", io inizio così a preparami per il mio viaggio a Roma, domenica 8 giugno.

E Buona Strada: "Perché anche le parole sono nomadi", come scriveva De André, il senza gregge nè legge.

(6 giugno 2008)

http://www.osservatoriosullalegalita.org/08/int/06/084rom.htm
17  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Milano: schedati perché nomadi il: 06 Giugno 2008 - 09:17:55
A Milano-Rogoredo il blitz della polizia nel campo dove vive la famiglia Bezzecchi, sinti con medaglia d'oro al valore civile
"Schedati perché nomadi" I supercommissari in azione
L'accusa di Giorgio, 47 anni: "Io dico vergogna Italia"
A Roma sgombero in corso di un campo nella zona del Testaccio
di CLAUDIA FUSANI e MATTEO TONELLI

Una delle casette del campo nomadi di via Impastato a MIlano-Rogoredo dove stamani all'alba è scattato il blitz

MILANO - I bambini hanno scherzato con le divise e sono impazziti per il furgone della Scientifica, quello con le macchine fotografiche e gli strumenti come vedi nei film. Gli adulti hanno accettato in silenzio, "con grande umiliazione". I vecchi hanno avuto "paura", uno soprattutto:
Goffredo, 69 anni, il capofamiglia, sopravvissuto durante la guerra a un "campo del Duce" dove venivano deportati gli zingari, una di quelle pagine di cui si è persa memoria. Le sirene e le macchine della polizia; loro, gli zingari, tutti in fila a mostrare i documenti; le cinque e mezzo del mattino di un giorno qualsiasi: brutti ricordi nella testa di Goffredo.

L'alba di questa mattina, Milano-Rogoredo, tra la tangenziale est, la ferrovia e sotto i cavi dell'alta tensione, campo nomade del comune - dunque autorizzato e censito -, quattro casette di legno, il resto roulotte e baracche, la kher, la casa della famiglia Bezzecchi, arrivati in Italia dalla Slovenia nel 1943 e qui, tra un campo e l'altro, giunti alla quinta generazione. Sono circa quaranta persone e tutti stamani sono sfilati uno per uno davanti a polizia, carabinieri e vigili urbani per declinare nome, cognome, generalità, stato civile. Ognuno ha mostrato il documento di identità e ad ognuno è stata fatta la fotocopia.

"Censimento dei rom", secondo il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, da dieci giorni super commissario per gli zingari con gli ampi poteri previsti dall'ordinanza della Presidenza del Consiglio pubblicata in Gazzetta il 30 maggio. "Una schedatura umiliante" secondo Giorgio Bezzecchi, 47 anni, ragioniere, uno dei cinque figli di Goffredo, vicepresidente dell'Opera nomadi della Lombardia, fino all'anno scorso responsabile dell'Ufficio nomadi del Comune e adesso ricercatore presso l'università. "Quello che è successo stamani non era mai accaduto, è agghiacciante e tutti devono sapere, tutti..." insiste Bezzecchi.

Ma anche a Roma si muove qualcosa. Da stamattina è in corso un'operazione congiunta della Questura e della Polizia municipale per lo sgombero di 30 roulotte, per un totale di 120 persone, di cui 40 minorenni, zingari italiani di origine slava, che si erano insediati illegalmente nella zona dell'ex mattatoio, a Ponte Testaccio. Un'operazione che si sarebbe dovuto concludere con l'arrivo dei bambini che frequentano la scuola. Ma dopo oltre 10 ore nell' insediamento regna l'incertezza. Da un lato ci sono i nomadi che attendono vicino le loro roulotte, di fronte all'insediamento, in largo Giovanni Battista Marzi, sono schierate le forze dell'ordine, attualmente con circa 15 automobili e camionette. Il tutto mentre il prefetto Mosca assicura che anche a Roma sarà realizzato "un monitoraggio sia dei luoghi, sia del numero delle persone, sia della loro identità.
"Inizieremo - spiega Mosca - dai campi abusivi in modo tale da fare una ricognizione attenta della qualità delle persone presenti.Poi si passerà ai campi autorizzati.L'ordinanza prevede per tutti, comprese donne e bambini, l'utilizzo dei rilievi segnaletici".

I prefetti super commissari per i nomadi sono tre, Roma, Milano e Napoli dove però gli "sgomberi", per ora, sono stati fatti in un altro modo dalla camorra. Giorgio Bezzecchi non vive più al campo ma ieri sera, sapendo che ci sarebbe stato quello che definisce "blitz" si è fermato con il padre e le famiglie dei suoi quattro fratelli. "La nostra famiglia, tutta la nostra famiglia - spiega Bezzecchi - è italiana, abbiamo i documenti, lavoriamo, paghiamo le tasse, luce e acqua, i nostri figli vanno a scuola.
In comune, dove ho lavorato per 23 anni, e in prefettura lo sanno perfettamente. Arrivare all'alba, circondare il campo e illuminarlo con le lampade, svegliarci e metterci in fila e fare la fotocopia del nostri documenti è stato molto più che umiliante. Sanno chi siamo, conoscono la famiglia Bezzecchi, mio padre è medaglia d'oro al valore civile. Perché questo blitz di evidente matrice razziale?".

E'un fatto che il primo atto ufficiale del commissario per i rom di Milano è proprio il monitoraggio della famiglia Bezzecchi, Rogoredo, Milano.
"Sono arrivati alle cinque e mezzo - racconta Giorgio - hanno circondato il campo, lo hanno illuminato, sono venuti casa per casa, roulotte per roulotte, ci hanno svegliato, ci hanno fatto uscire, hanno fotografato le case e poi i nostri documenti. Hanno finito intorno alle sette e mezzo. Io credo - aggiunge Bezzecchi - che tutti debbano sapere e capire cosa sta
succedendo: sono italiano, sono cristiano e sono stato schedato in base alla mia razza. Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani".

Con Bezzecchi proviamo a metterla così, che in fondo è solo un censimento, qualcosa di utile per affrontare una volta per tutte la questione rom, per conoscerli e quindi poter essere di aiuto a chi vuol vivere in Italia rispettando le regole. "Tanto per cominciare - risponde - noi siamo sinti italiani registrati all'anagrafe quindi non capisco cosa debbano censire visto che già esistiamo. Più in generale - lo dico perché ho lavorato per
23 anni all'Ufficio nomadi del comune di Milano - il censimento già esiste dei campi autorizzati. A Milano ci sono tra i 5 e i 5.500 nomadi". Una discriminazione, quindi, "anche se presentata come positiva".

Sessanta anni fa, ricorda Bezzecchi, usciva la rivista "La difesa della razza" di Guido Landra, furono approvate le prime leggi razziali, poi i primi rastrellamenti. "Mio nonno fu portato a Birkenau ed è uscito dal camino... Mio padre fu portato a Tossicia ed è tornato indietro. Stamani lo hanno svegliato all'alba e lo hanno messo in fila. Io oggi, italiano e sinti, dico vergogna".

E in serata il titolare del Viminale, Roberto Maroni insiste: "Abbiamo intenzione di chiudere i campi nomadi abusivi. Questo è quello che stiamo facendo a Milano a Roma e a Napoli. Tutto ciò che è abusivo, illegale si deve intervenire. Tutto ciò che è legale va mantenuto e sostenuto".

(6 giugno 2008)
18  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Torino: denuncia di grave episodio il: 06 Giugno 2008 - 09:15:27
Torino: vogliamo denunciare un grave episodio, accaduto questa mattina, di cui è stata testimone una Mediatrice interculturale di Moncalieri.  Alle 08:30 circa, sul bus 67 (capolinea di Moncalieri), pieno di gente che a quell'ora è diretta a scuola o a lavoro,  è salita una pattuglia della polizia, ha intimato a tutti gli stranieri di scendere, ha diviso maschi e femmine con bambini, ha chiesto il permesso di soggiorno.

Molte persone avevano con sé solo la carta di identità italiana, altri il permesso di soggiorno, altri ancora né l'uno né l'altro.

Tutto l'episodio si è svolto accompagnato da frasi quali : "non ce ne frega niente della vostra carta di identità italiana" , "è finita la pacchia", "l'Italia non è più il Paese delle meraviglie".

Gli agenti hanno fatto salire tutti  gli uomini su un cellulare, solo un uomo marocchino, mostrando la carta di identità italiana, si è rifiutato di salire, chiedendo di che cosa veniva  accusato e che avrebbe fatto riferimento al suo avvocato.  Gli agenti l'hanno lasciato andare.

Nessuno dei passeggeri  rimasti sull'autobus è intervenuto, anzi, molte delle persone presenti, anche sui balconi delle case intorno e sui marciapiedi, hanno applaudito.

Ci aspettiamo che venga fatta chiarezza e che non si ripeta mai più un simile episodio in un Paese che si dichiara civile e democratico.

ASSOCIAZIONE ALMATERRA - Centro Interculturale delle Donne

(04 giugno 2008)

FacciamoBreccia
19  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / GLI IMMIGRATI CAPRI ESPIATORI il: 06 Giugno 2008 - 05:02:19
L'Europa DELL'APARTHEID ÉTIENNE BALIBAR: «GLI IMMIGRATI CAPRI ESPIATORI»

«Si è cittadini europei per diritto genealogico. Gli immigrati, ventottesima nazione fantasma, sono degli esclusi. Il razzismo è specchio dell'ostilità tra europei. Le colpe del nazionalismo di sinistra» Teresa Pullano È pessimista sull'avanzata delle destre, anche estreme, in Europa. E sul fatto che i cittadini dell'Unione desiderino realmente la democrazia. Ma si affida a Gramsci per dire che in questo momento bisogna avere l'ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione. Confessa che oggi non direbbe no ad un referendum sulla Costituzione europea. E pensa che nei confronti degli immigrati, il «ventottesimo stato dell'Ue», esista una vera e propria «apartheid europea», in cui il razzismo rispecchia i conflitti interni tra gli stessi cittadini comunitari. Conflitti dei quali i migranti rappresentano solo il capro espiatorio. Incontriamo Étienne Balibar, filosofo della politica e intellettuale critico della costruzione europea, di passaggio a Roma per alcune conferenze proprio mentre divampa in Italia un clima xenofobo e razzista.

In Italia ha vinto la Lega sulla base della difesa del territorio, perfino i movimenti pensano di ripartire dallo stesso principio, sia pur declinato in maniera opposta. Forse che in Europa il principio del territorio si sta sostituendo a quello di nazione?

Quello del territorio è un concetto plastico che non ha un referente univoco.Leggevo qualche giorno fa un editoriale del manifesto sulle violenze al Pigneto: si faceva una critica, giustificata ma che non offre una soluzione immediata, del modo in cui tende a svilupparsi un mito del microterritorio che fa sì che gli abitanti di un quartiere o di una regione si percepiscano come difensori di uno spazio minacciato da cui espellere tutti gli stranieri. È la prova che la nozione di territorio può funzionare a vari livelli. Nelle periferie francesi le guerre tra bande di giovani proletari immigrati, disoccupati e non scolarizzati sono anch'esse dei fenomeni di difesa del territorio nel senso fantasmatico del termine. È a questo livello che bisogna proporsi non solo una critica della nozione di territorio, ma una vera politica d'apertura o di deterritorializzazione dell'appartenenza comunitaria. La sacralizzazione dei piccoli territori può essere molto violenta ma è limitata. Ciò che preoccupa è la generalizzazione di questi fenomeni su una scala più ampia. Si è verificato con il fascismo, che era una trasformazione immaginaria del territorio nazionale in proprietà di un popolo o di una razza. Ci sarebbero delle conseguenze disastrose se questo fenomeno si sviluppasse nell'insieme dell'Europa, in particolar modo su base culturale, come sembra suggerire Benedetto XVI, quando sostiene che essa è un territorio cristiano e di conseguenza i musulmani sono dei corpi estranei.

Possiamo dunque concludere che il principio di territorialità può essere la base di una cittadinanza europea?

La costruzione europea ha una base territoriale per definizione, ma a seconda se la concepiamo come fissa o evolutiva, come chiusa o aperta, si apre una direzione storica diversa. Oggi il territorio non è la base della cittadinanza europea, ma dovrebbe diventarlo. Quella che definisco come una vera e propria «apartheid europea» è data dal fatto che è cittadino europeo solo chi ha la nazionalità di uno degli Stati membri. Gli immigrati stabilitisi da una o più generazioni sul suolo europeo sono la ventottesima nazione fantasma dell'Ue e costituiscono circa un ottavo della sua popolazione. Non sono semplicemente persone che in Francia non sono francesi, in Germania non sono tedeschi o in Italia non sono italiani. È a livello dell'intera Europa che gli immigrati sono degli esclusi, a maggior ragione con la libera circolazione all'interno delle frontiere europee. L'allargamento dell'Unione europea produce forme qualitativamente nuove d'esclusione. Il diritto alla cittadinanza europea non è territoriale: è genealogico. Nella maggior parte degli stati membri la nazionalità si acquisisce con lo jus soli, ma a livello dell'insieme dell'Europa la cittadinanza è genealogica nel senso dell'appartenenza originaria alla nazione. Questo evoca dei ricordi e pone problemi inevitabili. Ci sono delle analogie tra lo sviluppo di quest'esclusione e il fatto che nella storia ci sono state e ci sono sempre, almeno a livello simbolico, delle popolazioni transnazionali trattate come nemici interni o corpi estranei alla civiltà europea. È stato il caso degli ebrei; oggi non lo è più. Rimane il caso dei rom. Il fenomeno di cui parlo è tuttavia molto più vasto.


Oggi in Europa non si sentono istanze di partecipazione dal basso a livellocomunitario, mentre nei singoli stati le istanze di partecipazione si esprimono in un linguaggio nazionalistico e identitario. Che rapporto vede fra queste due tendenze?

La domanda di partecipazione a livello locale e la domanda di controllo popolare a livello nazionale e sovranazionale non si escludono. Forse c'è bisogno di un'accelerazione delle cose perché i cittadini ne prendano coscienza. La responsabilità di questa situazione è da attribuire alle istanze intermedie, come i partiti politici, che oggi sono drammaticamente assenti e ci si dovrebbe chiedere il perché. Secondo Gramsci, le istanze intermedie sono la trama statale del funzionamento della società civile e, reciprocamente, i conflitti della società civile si traspongono nella struttura dello stato. Le costituzioni nate dalla resistenza in Francia e in Italia infatti affidano ai partiti il ruolo di costituire l'opinione pubblica. Dove sono oggi i partiti politici in Europa?

La legittimità degli Stati nazionali e quella dell'Unione europea secondo lei vanno di pari passo?

Il momento attuale è caratterizzato, in modo preoccupante, da una perdita di legittimità democratica degli Stati nazione e da una diminuzione della legittimità del progetto politico europeo. Non si tratta di assumere una posizione di difesa della sovranità nazionale, al contrario. Io adotto la definizione di legittimità di Max Weber, che mi pare vicina al concetto foucaultiano di potere: una nozione pragmatica e realista che si articola in termini di probabilità, d'obbedienza al potere pubblico e dunque d'efficacia di questo stesso potere. Da questo punto di vista, non possiamo ritornare indietro rispetto a quel poco di struttura politica che esiste su scala europea, ma siamo obbligati a progredire. Ne consegue che la legittimità delle istituzioni europee è diventata una condizione di legittimità delle istituzioni nazionali stesse. Non tarderemo a vedere concretamente gli effetti di questa relazione, che si manifesteranno con forza man mano che le difficoltà economiche e sociali legate agli choc petroliferi si ripercuoteranno in Europa. Solo delle politiche europee comuni hanno una minima possibilità di essere efficaci di fronte a questo tipo di situazione, ma devono essere approvate dai cittadini degli Stati nazionali, che rimangono la fonte ultima di legittimità.

Intanto in Europa assistiamo a una crescita delle destre, anche quelle più estreme. Perché, secondo lei?

In questo momento sono pessimista e mi riconosco nella massima di Gramsci dell'ottimismo della volontà e pessimismo della ragione. Per principio le situazioni difficili sono quelle in cui bisogna immaginare delle soluzioni e delle forme d'azione collettiva e non lasciarsi andare a seguire la tendenza naturale delle cose. I sistemi politici relativamente democratici nei quali viviamo o abbiamo vissuto sono in questo momento gravemente minacciati ed indeboliti. Ai miei occhi, i problemi del nazionalismo e dell'avanzamento della destra non coincidono. Tra le due correnti ideologiche ci sono delle interferenze molto forti, ma esse non si riducono l'una all'altra. Il nazionalismo nei vari Paesi europei non è monopolio della destra. Faccio parte - lo devo confessare, ma i lettori del manifesto lo sanno - delle persone che tre anni fa in Francia hanno votato «no» al referendum sulla costituzione europea. Ho creduto di farlo per ragioni che non erano né di destra né nazionaliste. Sono oggi costretto a constatare che questa scommessa è stata persa e che l'aspetto transnazionale e il richiamo a un federalismo europeo sono stati completamente neutralizzati da una dominante nazionalista a sinistra, o meglio nella vecchia sinistra. Ciò che è inquietante è la convergenza del nazionalismo di destra e del nazionalismo di sinistra. I suoi effetti si fanno sentire a livello dei governi nella forma di un sabotaggio permanente delle politiche europee comuni. Ma la convergenza tra le due forme di nazionalismo a livello dell'opinione pubblica e dell'ethos delle classi popolari in Europa è ancora più preoccupante. Meno gli stati nazionali sono capaci di rispondere alle sfide economiche, sociali e culturali del mondo contemporaneo, più i discorsi populisti e nazionalisti fanno presa su una parte delle classi popolari in Europa. Bisogna interrogarsi sulle cause strutturali di questa situazione, non ci si può accontentare del discorso elitista dell'ignoranza del popolo. Di certo è una situazione molto pericolosa per il futuro della democrazia in Europa, senza parlare delle conseguenze sullo sviluppo del razzismo.

Lei parla di un nazionalismo di sinistra. Si può dire che la sinistra oggi pensi da un lato lo spazio mondiale e dall'altro quello nazionale, e sia perciò incapace di vedere quello europeo come uno spazio eterogeneo rispetto agli altri due? È forse un lascito dell'internazionalismo di Marx?

Calandoci nell'epoca in cui Marx ha scritto, potremmo dire esattamente il contrario. Il pensiero di Marx era legato a un momento rivoluzionario che investiva l'Europa intera. Rileggendo gli articoli di Marx del 1848, vediamo che il nazionalismo democratico si allea con il socialismo e le prime forme di lotta di classe. In quel momento Marx e Engels hanno probabilmente pensato che una repubblica democratica europea o un'alleanza di repubbliche democratiche europee era al contempo la forma nella quale si preparava o poteva realizzarsi il superamento del capitalismo. Oggi la situazione è diversa e il senso di parole come nazionalismo si è ribaltato. È vero che certe forme di anticapitalismo teorico, che pescano in parte nell'eredità di Marx e che io non disprezzo ma trovo un po' arcaiche ed unilaterali, trascurano il problema della politica europea. La prospettiva altermondialista ha tuttavia il vantaggio di affermare che pensare l'Europa come uno spazio chiuso è illusorio. Al contempo, le costituzioni democratiche sono radicate nella risoluzione dei conflitti storici passati. Costruire uno spazio politico europeo è importante perché dobbiamo ricomporre il nostro passato a livello continentale: una cultura politica comune deve emergere dalle differenze culturali e storiche dell'Europa. Vi è un legame profondo tra la mancata rielaborazione del nostro passato e l'immigrazione. Gli immigrati sono i capri espiatori dell'ostilità fra gli europei. E' la loro stessa incapacità di pensarsi come un'unità che impedisce agli europei di trattare il problema dell'immigrazione in termini progressisti. I francesi non vi diranno mai che detestano i tedeschi o gli inglesi che non possono sopportare l'idea di formare un popolo comune con gli spagnoli, però questa diffidenza non è stata superata, anzi si è rafforzata con l'allargamento dell'Europa ad Est.

La Costituzione europea è stata affossata, ma in parte viene recuperata con il Trattato di Lisbona. Come giudica la strategia dei leader politici europei di procedere comunque, nonostante il rifiuto dei cittadini dell'Unione?

Non m'interessa, dubito che gli stessi leader europei ci credano loro stessi. Possiamo invece tornare sulla questione del rifiuto del Trattato europeo. I casi francese ed olandese, come ha scritto Helmut Schmidt su Die Zeit, non erano isolati. Il malessere era generale. Questo malessere resta da interpretare e analizzare ed è sempre d'attualità. All'epoca ho difeso la posizione un po' troppo idealista, che oggi non sosterrei più allo stesso modo, secondo la quale la Costituzione europea non era abbastanza democratica. Pensavo che essa non presentasse una prospettiva sufficientemente chiara di progresso generale della democrazia per l'insieme del continente. Tendevo dunque a considerare che la sola possibilità, molto fragile, per l'Europa di diventare uno spazio politico nuovo e superiore al vecchio sistema degli stati-nazione e delle alleanze nazionali, era di apparire come un momento di creazione democratica. Continuo a pensarlo, ma c'è qualcosa d'idealista in questo modo di vedere le cose che la realtà attuale ci obbliga a guardare in faccia. L'idealismo consiste nell'immaginare che le masse vogliano la democrazia, mentre purtroppo siamo in un periodo molto difficile e conflittuale. Ci sforziamo di aprire nuovamente delle prospettive democratiche a livello transnazionale, però allo stesso tempo dobbiamo provare a trovare i mezzi di resistere passo per passo all'avanzata del populismo e del nazionalismo nei paesi europei.

(6 giugno 2008)

Il manifesto
20  Lingua e cultura ROM / Proposte ed iniziative / Appello: “Il sonno della ragione genera mostri” il: 06 Giugno 2008 - 11:24:24
Appello: “Il sonno della ragione genera mostri”
Lo zingaro e il clandestino non possono diventare dei capri espiatori.

Recenti avvenimenti di cronaca, e la loro accresciuta rappresentazione mediatica, hanno portato ad emergere in maniera plateale un diffuso atteggiamento di sospetto, quando non manifestazioni di vero e proprio razzismo, verso gli zingari, italiani e immigrati. La denigrazione verbale, genericamente diretta a queste comunità ed anche gli episodi di aperta violenza e razzismo nei loro confronti, non possono essere in alcun modo tollerati. Spesso questi comportamenti vengono giustificati come risposta al presunto alto tasso di devianza di questo popolo, dimenticando che i reati in sé sono sempre compiuti da singole persone e che la responsabilità penale è, per legge, individuale.

Una politica intelligente, a vantaggio della sicurezza dei singoli e della collettività, sarebbe quella di analizzare le cause che portano ad una maggiore devianza tra queste persone (emarginazione sociale e culturale, assenza di politiche d’integrazione, ecc.) offrendo misure atte a governare davvero l’immigrazione e a coniugare politiche di sicurezza con quelle di accoglienza ed integrazione. Si preferisce invece battere il tasto sulla paura della gente e sulla necessità di inasprire le leggi e le pene.

E’ anche strano che il battage pubblicitario sulla sicurezza e sulla paura degli italiani, avvenga proprio quando il Ministero di Giustizia dimostra, statistiche alla mano, che i reati in Italia sono diminuiti e che in Europa – il nostro Paese è uno dei più sicuri dal punto di vista dell’ordine pubblico.

Il sospetto che esista una precisa regia dietro queste campagne mediatiche è inevitabilmente forte: una regia volta a rendere più accettabili misure di legge intollerabili contro i diritti della persona. Una regia che sposta l’attenzione degli italiani dal pesante declino economico e sociale in cui stiamo vivendo, verso un nemico ed un obbiettivo esterno: lo zingaro, l’immigrato, il diverso.

Come spesso succede nella storia, anche su questo versante come popolo italiano abbiamo la memoria corta e ci sembra lecito accettare attacchi verbali e misure contro gli zingari che consideriamo intollerabili, quando rivolte ad altri popoli od etnie. E’ un atteggiamento pericoloso e , per dirlo con le parole di Goya, “il sonno della ragione genera mostri”.

Non è mai colpa nostra se le cose vanno male, è sempre colpa di qualcun altro e così, mentre ci beiamo della supposta imbattibilità della creatività italiana, non ci accorgiamo che la crisi del nostro Paese di fronte alle sfide della globalizzazione è anche crisi di capacità di interloquire con l’esterno, le culture degli altri, la gestione serena dei fenomeni del nostro secolo, quali l’unità europea e le migrazioni.

In ogni caso, è certo che una politica esclusivamente di pura e semplice repressione dei reati che derivano dal disagio sociale sarà una tela di Penelope, e se non ci si indirizzerà anche verso la rimozione delle cause della condizione dei rom, non servirà a molto: a meno certamente di non innalzare l’escalation fino alla deportazione collettiva, all’arresto indiscriminato, o peggio, cosa fortunatamente proibita dalle normative internazionali. Non sembri retorica quest’ultima osservazione: rom e i sinti sono state vittime nei lager, e quella tragedia che in lingua zingara è ricordata come Porajmos, ed equivale alla shoah del popolo ebraico, pone un dovere di memoria e una responsabilità di tutti per il presente e il futuro.

I sottoscritti promotori di questo appello, operatori nel campo dell’immigrazione e dei problemi sociali, con esperienze disparate e di diverse ispirazioni politiche, culturali e religiose, propongono questi punti all’attenzione del governo nazionale, regionale e locale, dei media,, nonché degli operatori sociali così come di quelli di polizia:

1. Combattere la campagna mediatica volta a creare atteggiamenti razzisti e xenofobi nei confronti degli zingari, ma anche dell’immigrazione in generale.

2. Adottare efficaci politiche di sicurezza e chiudere i campi nomadi, in quanto ghetti e fonte di emarginazione ed illegalità, incentivando misure di vera accoglienza ed integrazione di queste comunità; i “campi nomadi” sono costosi, perpetuano le discriminazioni, ostacolano una reale integrazione. Sono anche una “zona grigia” di illegalità, su cui occorre che sia fatta luce, per tutelare in primo luogo i più deboli tra coloro che vi vivono.

3. Procedere ad un vero e completo censimento dei singoli e dei nuclei familiari di zingari presenti in Italia, come primo passo verso misure di integrazione diversificate ed efficaci;

4. Per i minori e i giovanissimi, nati e vissuti nelle baracche, occorre prevedere con coraggio e creatività opportunità di integrazione e anche di cittadinanza, capaci di rompere un circuito davvero infernale di sottrazione di futuro;

5. Ridurre i casi di espulsione solo per le persone che non hanno titolo o che hanno commesso reati legalmente comprovati; chi ha tale titolo, inoltre, deve essere trattato con rispetto e dignità. Prevenire le condizioni di emarginazione, miseria e criminalità sarà sempre più razionale e anche più economico che reprimerne gli esiti.

6. Occorre un’integrazione tra il livello europeo, quello nazionale, quello regionale e comunale: occorre evitare infatti che la sindrome del “non nel mio cortile”: i rom non sono immondizia.

7. Mantenere la memoria collettiva del Porajmos, anche incentivando la ricerca storica sui campi di concentramento costituiti dal governo italiano nel periodo fascista, un evento rimosso e colpevolmente dimenticato.

8. Incoraggiare la voce dei Rom e Sinti italiani, che ad oggi sono l’unica minoranza linguistica storica del nostro Paese a non godere di alcuna tutela: auspichiamo che sorga un’associazione rappresentativa della comunità zingara italiana.

Danielà Carlà
Giuseppe Casucci
Luca Cefisi
Piero Soldini
Rodolfo Ricci
 
Chi intende appoggiare questo appello può mandare la propria adesione a:
 
Giuseppe Casucci: g.casucci gEL uil.it
Luca Cefisi: luca.cefisi gEL gmail.com
Piero Soldini: p.soldini gEL sede.cgil.it
 
o a FIEI: fiei gEL fiei.org

(6 giugno 2008)

http://bellaciao.org/it/spip.php?article19492
21  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / IMMIGRATI/ROM: CGIL SICILIA CHIEDE INTERVENTO PREFETTO DI CATANIA il: 06 Giugno 2008 - 12:10:35
IMMIGRATI/ROM: CGIL SICILIA CHIEDE INTERVENTO PREFETTO DI CATANIA
Dopo lo sgombero del campo in città si cercano soluzioni

Palermo, 4 giu. (Apcom) - Un intervento del prefetto di Catania perché si attivi, insieme all'amministrazione locale, per trovare soluzioni tampone per i rom del campo del quartiere Zia Lia di Catania che, tra sabato e domenica e' stato sgomberato.

A chiederlo e' Pietro Milazzo, responsabile per l'immigrazione Cgil Sicilia che dice che "non si possono allontanare, in ossequio a una campagna su ordine sicurezza, persone da un alloggio, per quanto improvvisato, né bambini dalla scuola che frequentano grazie a un progetto di integrazione finanziato dall'Unione europea. Non si puo' accettare - aggiunge Milazzo- che cittadini europei non accusati di alcun specifico reato siano privati di diritti elementari, senza offrire soluzioni alternative che rendano almeno sopportabile la loro condizione di vita".

Milazzo conclude con l'auspicio che "si superi il clima di paura e intolleranza che, senza alcuna giustificazione, si sta alimentando in Italia e nelle nostre città".

http://notizie.alice.it/notizie/politica/2008/06_giugno/04/immigrati_rom_cgil_sicilia_chiede_intervento_prefetto_di_catania,15027232.html
22  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Bimbi di Ponticelli: "Rivogliamo i rom in classe" il: 05 Giugno 2008 - 08:12:17
Bimbi di Ponticelli: "Rivogliamo i rom in classe"
Appello degli alunni al sindaco

Ridateci i Rom. Dopo l´incendio del campo e la cacciata dei nomadi, e dopo la penosa scoperta dei temi che approvavano l´accaduto, ecco che Ponticelli cambia volto. Grazie agli alunni della stessa scuola che produsse i temi dello scandalo, la "San Giovanni Bosco". I suoi alunni, un centinaio fra i 9 e gli 11 anni, sono stati ricevuti in Municipio dal sindaco Rosa Russo Iervolino. E sono andati a portarle una verità diversa, cioè a chiedere che i piccoli rom loro compagni di scuola vengano fatti tornare e possano rientrare a scuola. Lo hanno chiesto con disegni e cartelloni, in cui venivano rievocati gli articoli di stampa sui temi incriminati, e a questi venivano invece poi aggiunte frasi del tipo «vi aspettiamo, vi vogliamo bene».

Ad accompagnarli c´era la direttrice Giovanna Gargiulo, nonché don Tonino Palmese per l´associazione "Libera" che da tre anni collabora con l´istituto a un programma di integrazione dei rom. Tutti a ribadire come l´immagine dei bambini a caccia di rom sia stata falsa e parziale. «È stato un messaggio distorto - ne ha dedotto la Iervolino - i bambini hanno scritto e detto il contrario. Non possiamo pensare di assolutizzare una singola posizione perché sarebbe di una scorrettezza unica». La spiegazione l´ha fornita don Palmese: «C´è stata un´informazione distorta, che ha segnato marcatamente la negatività di pochissimi temi». Per l´esattezza si trattava di otto lavori su cento. Pochi rispetto ai tanti che avevano condannato l´assalto ai rom, come evidenziò subito il vicepreside Mariano Coppola. Il quale però aggiunse preoccupato: «Poco importa se a scrivere che è stato giusto bruciare i campi siano stati due o cento alunni. Anche se è stato uno solo ci deve far pensare, soprattutto perché alcuni hanno raccontato di aver preso parte ai raid e, anche dopo, hanno ribadito con fermezza la loro posizione».

Sta di fatto che don Palmese e la scuola hanno reagito veementemente.
L´immagine di quei temi rischiava di compromettere il loro lavoro di integrazione. Non a caso Palmese invoca: «Il problema vero sono ora i bambini rom che non vanno più a scuola, e di cui non sa dove siano». Ne è rimasto uno solo, Enea, che faceva parte ieri della delegazione in Municipio. E il lavoro va avanti. Poiché anche la Curia sta lavorando alla costituzione di un tavolo per i rom, Palmese conferma che «tra un paio di settimane incontreremo anche il cardinale Sepe».

(05 giugno 2008)

http://napoli.repubblica.it/dettaglio/I-bimbi-di-Ponticelli:-Rivogliamo-i-rom-in-classe/1470717
23  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / ROM: IN 40 PROTESTANO DI FRONTE A RAPPRESENTANZA ITALIANA ALL'UE il: 05 Giugno 2008 - 12:53:49
ROM: IN 40 PROTESTANO DI FRONTE A RAPPRESENTANZA ITALIANA ALL'UE
Presenti tre eurodeputati, presentata petizione ad ambasciatore

Bruxelles, 4 giu. (Apcom) - Circa 40 persone hanno protestato oggi a Bruxelles di fronte alla Rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea contro la discriminazione della comunità rom in Italia. Tra i partecipanti, oltre ai rappresentanti delle associazioni rom in Europa, c'erano tre eurodeputati: l'olandese verde Els De Groen, sponsor della protesta, l'ungherese liberale di origine rom Viktória Mohacsi - che a maggio si era recata in Italia con i Radicali per denunciare le condizioni nei campi rom italiani - e l'italiano Vittorio Agnoletto, di Rifondazione comunista.

I manifestanti hanno sfoggiato una serie di striscioni che, fra l'altro, esortavano a "infrangere gli stereotipi" e accusavano il ministro degli Esteri Franco Frattini di aver fatto "un giro a 180 gradi" rispetto a quando era commissario Ue alla Giustizia. "Non si possono espellere gruppi interi di persone, è illegale", ha denunciato Dani Klein, cantante del gruppo belga 'Vaya con Dios'. "Sono qui per esprimere solidarietà con il popolo rom", ha affermato Agnoletto, criticando la decisione di nominare commissari per i Rom a Roma e Milano e la battaglia della Lega Nord contro la creazione di un insediamento per i sinti a Mestre.

Al termine della protesta è stata consegnata una petizione all'ambasciatore italiano presso l'Ue, Rocco Antonio Cangelosi, in cui si chiede al governo Berlusconi di tutelare i rom, evitare qualsiasi provvedimento discriminatorio nell'ambito del 'pacchetto sicurezza', promuovere l'inclusione sociale e punire severamente i responsabili degli attacchi ai campi rom nei dintorni di Napoli.

"Leggi specifiche contro i 'nomadi' non si vedevano in Europa dagli anni '30 e ricordano il Medioevo, ma l'ultimo decreto del governo italiano che dichiara uno Stato d'emergenza nei campi rom e concede poteri straordinari ai prefetti per fare fronte ai 'pericoli per i residenti' è un doloroso ricordo di quei tempi", sostiene in un comunicato David Mark, un attivista rom arrivato a Bruxelles dalla Romania

(4 giugno 2008)

http://notizie.alice.it/notizie/politica/2008/06_giugno/04/rom_in_40_protestano_di_fronte_a_rappresentanza_italiana_all_ue,15027033.html
24  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / ZINGARI: LO SCONOSCIUTO POPOLO TRA NOI il: 30 Maggio 2008 - 12:02:01
(AGI) - Roma, 17 mag. - Le raccomandazioni del Consiglio d’Europa non sono vincolanti per gli Stati membri, ma rivestono un’importante base di diritto che costituisce una forma di tutela soprattutto nel caso dei rom. Si tratta di raccomandazione attinenti, per esempio, al diritto a una casa, all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al diritto dei camminanti ad accamparsi.

Il 28 gennaio scorso a Roma si è tenuta la prima “Conferenza europea sulla popolazione rom” in Italia. In quell’occasione, Alexander Vladychenko, direttore generale della Coaesione sociale per il Consiglio d’Europa, volle sottolineare la presenza di rappresentanti rom, sinti e camminanti, dicendo che era “un segnale forte tanto delle autorità quanto dei rom stessi di instaurare un dialogo che permetta la partecipazione dei diretti interessati al processo decisionale riguardante le politiche di integrazione”.

Proprio l’anno scorso, ricordò il relatore, “il Consiglio d’Europa lanciò una campagna di sensibilizzazione e di informazione sulla cultura dei rom, avente come obiettivo principale quello di combattere i pregiudizi e gli stereotipi contro i rom, dando a loro stessi la parola e facendo in modo che la cultura di questo popolo, europeo da più di sei secoli, sia meglio conosciuta e apprezzata”.

Ancora Vladychenko consigliò poi di ridimensionare la paura dell’”invasione” e ricordò che “in Italia rom, sinti e camminanti non sono più di 120.000, di cui soltanto 30.000 sono ’stranieri’”. Si parla di stime, giacché un censimento condotto esclusivamente su basi etniche violerebbe una norma del diritto umano.
25  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Quanti rom frequentano le scuole italiane? il: 05 Giugno 2008 - 10:41:10
Quanti rom frequentano le scuole italiane?

Nel dossier sulla condizione dei minori nel nostro Paese, di cui la stampa nazionale ha riportato nei giorni scorsi un quadro preoccupante di sfruttamento e povertà, è stata lamentata la mancanza di dati relativi ai ragazzi nomadi e rom che frequentano le nostre scuole. I dati, ancorché poco noti, ci sono e ci dicono che nell'anno scolastico 2006/2007 gli alunni nomadi (Rom, Sinti e Camminanti) frequentanti le scuole sono stati 11.832 (lo 0,13% dell'intera popolazione scolastica, cioè un nomade ogni 744 alunni). 5.626 (47,6%) sono donne.

Sette anni prima, quando il ministero della pubblica istruzione aveva effettuato per la prima volta la rilevazione dei nomadi nelle scuole italiane, ne erano stati censiti 10.282, cioè 1.550 in meno (che equivale a dire che dal 199 al 2006 il loro incremento è stato del 15%.

Attualmente a Roma ce ne sono 2.029 e a Milano 1.237. Il Lazio è la regione che accoglie nelle scuole il maggior numero di nomadi (il 18,4% del totale nazionale) seguita dalla Lombardia con il 15,7%: insieme le due regioni accolgono più di un terzo degli alunni nomadi.

La Basilicata accoglie nelle sue scuole soltanto 4 alunni nomadi.

I quasi 12 mila nomadi che frequentano il nostro sistema nazionale di istruzione sono iscritti per oltre la metà (54,7%) in scuole primarie-elementari; il 25,7% in scuole medie. Negli istituti di istruzione secondaria superiore c'è soltanto l'1,8% del totale; le scuole dell'infanzia accolgono il restante 17,8%.

Dal 1999/00 al 2006/07 gli alunni non italiani sono aumentati del 419%; gli alunni di cittadinanza romena del 1653% (da 4.137 a 68.381). Si ricorda che in Romania 1/3 della popolazione è Rom.

(3 giugno 2008)

http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=18199
26  Lingua e cultura ROM / Proposte ed iniziative / STOP Razzismo: monitoraggio rom e media il: 05 Giugno 2008 - 11:58:04
La federazione rom e sinti insieme ha avviato un capillare monitoraggio nazionale delle notizie dei media discriminanti sulle minoranze Rom e Sinti.

Tante notizie discriminanti dei media locali è possibile reperirle con la collaborazione di tanti amici.

Si invita a collaborare a questa iniziativa segnalando o inviando il testo della notizia alla seguente e mail: federazioneromsinti@yahoo.it 
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