fascicoli aperti 
[ indice
 
della consumazione del rogo 
Leggi Scrivi all'autore Renzo Scasseddu L’AMFIBOLOGIA DELL’ INCANTESIMO
 

  registrazione n.94 del 28.2.1972 presso il tribunale di frosinone
direttore responsabile alfonso cardamone
 



 
della consumazione del rogo 
[ indice fascicolo
Renzo Scasseddu
[ r.scasseddu@fastwebnet.it ]
 
L’AMFIBOLOGIA DELL’ INCANTESIMO
ovvero
DELLA CONSUMAZIONE DEL ROGO
 
Ch. Mauron le mot obsédant…
le ‘occorrenze’…
le parole-chiave
e le a)rxai/dei poeti greci arcaici
K. Kerenyi e i pescatori dei suoi racconti mitologici
(Gli dèi e gli eroi della Grecia)


Mi son votato e mi han destinato a fungere da ‘controcanto’ a questa ultima “fatica” di Alfonso Cardamone.

Ora incomincian le dolenti note
a farvisi sentire…


La poesia di Alfonso Cardamone è una poesia ‘difficile’: non ti lascia mai in pace, (considerate il titolo di questa sua ultima “fatica” ed altri titoli, a partire dall’opera giovanile Grumi del 1958); essa è tanto un incanto quanto un tormento; e l’incanto è termine amfibologico, ambivalente, per dirla con Alfonso, e sulla scia del suo amatissimo Borges (ma già Dante, Inf. XXXIV, 87), è «amfisebenico», cammina da una parte e dall’altra: in-canto, dove in- risulta essere «verso» ma anche «contro». Insomma, l’amfibologia dell’ incantesimo: ricordate le Sirene, il loro in-canto? Certo, vedere Alfonso come una Sirena può sembrare strano, alla lettera, eppure è così.
Torniamo alla poesia “difficile’…
A me che amo giocar con le parole, vien subito in mente, l’amfibologia di questo aggettivo, che voglio leggere sia con il dys privativo/negativo sia con il dis duplicativo.
Ed ora contnuiamo con Alfonso Cardamone, con i suoi versi-diversi. Cosa ci combina il nostro Poeta? Ecco…
Ti porta nel mare a pescare (e a… Pescara), dove ti ritrovi nel tuo ambito… ‘acquale’, ch’è ancestrale primordiale temporale vitale e ti lasci cullare dall’onda sua musicale. Dove incontri sì l’incanto di belle pescatrici adescatrici ospitali os(pi)tesse ben sì, anche però, voci roche, gesti ruvidi di pescatori, salmastri, segnati dalla fatica, figli di un mare padre/padrone/patrigno…
Ti porta, il poeta, nelle selve di… Crono e tu resti incantato dalle selve: incantato, appunto! Ninfe delle acque (naiadi), delle piante (driadi), dei monti (oreadi). Lui, Alfonso, grande cacciatore, vi si caccia dentro, come il suo Kessi, «dall’arco senza fallo», ci si trova a meraviglia. Noi, ci lascia lì incantati ed intricati tra i brividi fitti del mistero.
Kronos, lui pure amfibologico: si mangia i figli per non cedere il potere (kratos), non affatto usando la testa (uranio), poi si nasconde, latita, (latet) nel Latium, pianeggiante (latum) diventa Saturno e semina frutti, rende ricchi, saturi, appunto, i nostri campi: ecco l’Età dell’Oro, ‘firmata’ da un dio ambipollente, che esprime tanto il principio del Male quanto il principio del bene (Kronos/Saturnus)…
Ti caccia nel sogno dal «profondo ventre», nel «ricordo delle sette corde dell’arpa della dea»…

Ti racconta il Mito
Kerenyi
brancolando nell’ombra lunga del Mito.

Ti infila nel labirinto: lui, Alfonso, si fila Arianna (la quale poi, però, spinta da Eros irrefrenabile, si fila Dionìso, Satiri, Sileni e pianta Tèseo in Nasso), percorre filando con agilità dipanatrice i meandri del Labirinto. E te, ti lascia lì, senza un filo d’indirizzo, senza ali liberatorie, senza tracce, senza orme, solo vertigini, ad… amfibesenarti, ad andare ora di qua ora di là, nel centro ora, ora ai margini del Labirinto, errando, girovago, nei vorticosi interminabili corridoi del Dubbio.
Ti trascina per le strade della politica, con studenti, operai a contestare contro teste di… testarde testuggini politiche, inamovibili, a lanciare sassi contro un potere becero di beceri.
E sono, i sassi, le parole di Alfonso Cardamone, ora leggère, come le pomici del suo mare, in armonia con le struggenti fantasie presenti nei suoi componimenti,
v. la poesia mia che d’affanno ansima (63)

ora levigate da quella stessa acqua marina che rende ondeggianti i ritmi di alcuni suoi versi,

la poesia dicono è un peccato infantile (107)

sul limitare del tempo che cerco di dire

che sembra un ‘pentametro dattilico cataletto’
ora aguzze taglenti spigolose, da Eolo erose e da Posidone

(v. èdipo) (21)

Parole che risultano sapientemente espresse, sagacemente, in ossimoro, in anafora, solitarie, a formare, da sole, appunto, un verso;

(v. ancora èdipo)

Charles Mauron (le metafore ossessive)

E sassi sono i versi di Alfonso Cardamone. Versi nella cui costruzione si nota sia una solidissima fondamentale formazione classica – letteraria (echi omerici, della lirica greca arcaica: ecco il polytropos e polymetis Odìsseo, ora il trasgressivo geniale Archiloco, all’angolo della strada, nei fumosi bassifondi cittadini, il ricercatissimo rissoso Ipponatte, dalla ricercata elegante… zoppìa), una formazione ricca di filologia, di storia, di filosofia, di religione, di mitologia, di antropologia –, sia una consapevole adesione a ‘schemi’ (le virgolette son necessarie!) irregolari e trasgressivi di poesia ‘ermetica’, con echi ‘ungarettiani’, ‘montaliani’, costruiti (e decostruiti) in enjembement, con una sintassi irregolare, vorticosa che cuce, con i suoi tagli sbiechi, frasi prima concetti dopo di concreta profonda efficacia e coinvolgimento sottile intrigante.
A questo proposito, mi piace sottolineare, convinto, che solo chi sa e sa rispettare le regole può trasgredirle! Alfonso Cardamone appartiene, come ‘titolare fisso’ a tale squadra.
E mi viene in mente anche una figura geometrica: il triangolo… C’è quello equilatero, quello rettangolo, quello isoscele. No! Alfonso Cardamone ama il rettangolo scaleno. Ecco: ‘scalena’ mi piace definire (no! «Definire» non è verbo per Alfonso Cardamone…), meglio, più semplicemente ‘dire’ la poesia presente in quest’ultima fatica (alla greca: àthlon, che vale tanto «fatica» quanto «premio» relativo) Della consumazione del rogo; poesia ‘sghemba’, che soffia dove e come vuole, paragonabile al vento di quel mare che un pescatore come Alfonso Cardamone vive con l’adesione profonda dell’amore, della irrazionalità…
Cosa ci dicono queste parole, questi sassi?
Dicono del Poeta, di Alfonso; raccontano i suoi umori/amori, sogni, fantasie; esprimono le sue lotte sociali e politiche; ci danno il gusto del mare…
Sanno (sapĕre = «aver sapore») di Mito, cioè il Mistero del Mito, la sapienza del Mito, la saggezza, la sagacia, cioè, del Mito, ch’è, io credo, voglio credere – per immediata, sincera sympatheia – l’ «ombra lunga», la radice profonda, la corda vibrante, il fondamento-supremo della sua Arte Poetica.