identità e imperfezione 
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Ottavia Lo Forti
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I FIGLI BELLI DELLA CIVETTA
 
Dovete sapere che, in origine, la civetta non era un rapace notturno. In origine, la civetta era un uccello diurno dotato di piume variopinte come quelle del pavone, del fagiano e del colibrì messi insieme. Del suo piumaggio portentoso, la civetta era fiera e in tutte le occasioni si vantava come se fosse merito suo. Dei figli poi cinguettava tutto il giorno: - girate pure la foresta, belli come i miei figli non ne troverete. I miei figli sono più belli del sole!- era solita ripetere.
Della domenica poi, quando tutti gli animali bighellonavano per la foresta godendosi il passeggio, la civetta approfittava lanciando sfide a questo o a quell'animale. Così facendo urtava la suscettibilità degli animali meno disposti ai confronti. Insomma provocava malumore nei suoi vicini.
Anche in occasione della Pasquetta di quell'anno, durante il pic-nic, ricominciò con il suo ritornello:- belli come i miei figli non ne troverete... i miei figli sono più belli del sole...- diceva: - belli come i miei figli non ne troverete...
-Basta! Non se ne può più ...! urlò un facocero che si godeva la vacanza disteso sull' erba in compagnia della moglie e dei suoi quattro figli.
- Quando è troppo, è troppo...- e, raccolti tovaglie e tramezzini, si allontanò minacciando in direzione della civetta che ripeteva ancora una volta:- i miei figli sono più belli del sole... belli come i miei figli non ne troverete.
Al tramonto, quando il sole sfiora la terra, il facocero ne approfittò e gli disse:- Oh! Sole, eterno sole! Fino a quando ignorerai la tracotanza della civetta?!
Il sole stupito, chiese- Di che parli?
- Ah! A quanto pare sei rimasto solo tu a non aver sentito quello che va ripetendo in continuazione quella civetta della civetta!
Il sole incuriosito:- A che ti riferisci?
- Mi riferisco... in poche parole... la civetta dice che i suoi figli sono più belli di te!
Il sole, insofferente dei paragoni, ormai sulla linea dell' orizzonte, divenne tutto rosso... e fece appena in tempo a dire:- Domani ci penso io per quella signora!- che già era buio.
Il facocero, soddisfatto, prese la via di ritorno fischiettando.- Mi compiaccio - lo apostrofò un gufo che se ne stava appollaiato tra i rami- mi compiaccio proprio che non sei più arrabiato compare facocero! Non vale davvero la pena di prendersela. Tu lo sai come è mia cugina! Povera illusa non si è resa ancora conto che i colori del suo piumaggio non sono merito suo, ma piuttosto dei raggi del sole che, illuminandoli, li rendono visibili agli esseri dotati di occhi adatti. Lasciala parlare, non farci caso.... se ci pensi, è davvero ridicola una civetta che si... pavoneggia!
E per tutta risposta, il facocero:- Quel che è fatto è reso, caro mio! Ho riferito tutto al sole che domani le darà una bella lezione, in pieno giorno e davanti a tutti!
Il gufo non replicò, ma non appena il facocero si fu allontanato, si affrettò, con volo leggero, a raggiungere la cugina civetta nel cavo della quercia millenaria.
Quando furono abbastanza vicini, il gufo informò la civetta delle intensioni del sole aggiungendo:- Sento odore di bruciato... tu da un incontro ravvicinato con il sole puoi correre rischi di rimanere scottata. Secondo me, tu e i tuoi figli dovete trovarvi subito un nascondiglio sicuro.
- Sì! Ma dove? - esitò la civetta non più tanto sicura. Il gufo ci pensò un attimo e poi, solenne, disse: - Un posto ci sarebbe e nemmeno tanto lontano...solo che, cara cugina, devi essere disposta a rimanerci per sempre...
- Per sempre... dici?
- Per sempre... tu e i tuoi discendenti!
- Qualsiasi cosa pur di non finire sulla... griglia... sai è per via delle piume!
- Bene! Ti consiglio di rifuggiarti nell' unico posto dove mai il sole potrà arrivare: dovete nascondervi nel buio della notte!
- Magnifico, cugino mio! Sei la salvezza mia e della mia specie! Non so come ringraziarti!
- Non te ne preoccupare - disse sornione il gufo- a me basterà la gratitudine degli animali diurni della foresta...
Fu così che, quando l'indomani il sole si mise alla ricerca della civetta, non riuscì a trovarla, né in quel giorno, né in quelli che seguirono.
Ma la civetta, di notte, continuò a cantare la bellezza del piumaggio dei suoi figli dimentica del fatto che, al buio, non si distinguono colori.
Di tanto in tanto gli animali notturni sentono ancora il tritornello... ma si allontanano, per niente infastiditi, mentre nella notte: - ... belli come il sole... belli come i miei figli non ne troverete più...