mo(n)do solare mo(n)do notturno 
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Severo Lutrario
 
IL PAESE CHE AVEVA PAURA DELLA NOTTE
 
C'era una volta uno strano paese dove gli abitanti temevano la notte.

La notte è scura – dicevano – buia.

La notte è il regno degli spiriti maligni, che di giorno si rintanano nell'ombra, fuggendo la luce.

La notte ruba le cose che amiamo e le nasconde sotto il suo manto oscuro.

La notte è amica del ladro e dell'assassino e li protegge nei suoi antri bui.

La notte chiama i cattivi pensieri, li veste, li nutre e li manda all'assalto.

Questo ed altro ancora dicevano, temendo la notte.

E a poco valevano i discorsi di chi ricordava come i pieri e gli alberti, della casata degli Angeli, avessero dimostrato, con autorevoli studi, come gli spiriti maligni ci fossero comunque, come le cose amate si perdessero anche alla luce del giorno, come in essa i ladri e gli assassini prosperassero ed i cattivi pensieri non vi facessero una vita grama.

Indubitabilmente, era la notte la condizione propizia del male.

E venne il giorno in cui in questo strano paese gli abitanti si riunirono per vedere se ci fosse modo di liberarsi della notte.

La discussione fu lunga ed i pareri contrastanti.

C'era chi, confortato dallo studio di fattibilità di qualche illustre luminare e dall'azione legale prospettata da un famoso principe del foro, avrebbe voluto arrestare il sole.

C'era chi si sarebbe contentato di deviare la notte sul paese vicino – del resto poco amato – ricorrendo a lusinghe e promesse, in modo che fossero gli altri a vedersela con l'indesiderata ospite.

C'era chi propugnava la fiamma ardente e luminosa della guerra santa e chi chiedeva la nomina di tre ambasciatori che concertassero con la notte un compromesso ragionevole.

Al termine dell'estenuante discussione gli abitanti di questo strano paese decisero di affidarsi al nuovo, prode borgomastro – che in quella giornata era stato capace d'essere d'accordo con ognuno – lasciando il paese nelle sue mani, con l'unico obbligo di liberarlo della notte.

E il prode borgomastro si mise subito di buona lena all'opera.

Per prima cosa nominò una commissione di esperti (un atto dovuto) e diede mandato al principe del foro di adire le vie legali.

Quindi inviò un'ambasceria al paese vicino con l'incarico di magnificare le sorti commerciali dell'allevamento intensivo dei gufi e delle falene.

All'abate del tempio fece pervenire un sommesso e riservato sollecito di un'autorevole invettiva e ai tre fratelli, gestori del mulino, affidò l'incarico di ricercare un compromesso accettabile.

Soddisfatta così ogni opinione, si mise di buon grado all'opera per amministrare quello strano paese.

Per primo emanò un decreto che stabiliva come in ogni casa fosse obbligatorio avere almeno un antro buio, confortevole per dimensioni e condizioni, ad uso degli spiriti maligni che, soddisfatte in tal modo le loro legittime aspettative, non avrebbero avuto ragione di desiderare l'arrivo della notte.

- Ma….
- Preferite, forse, che torni la notte?

Per secondo emanò un decreto con il quale venivano sequestrate le cose amate da ogni abitante, in modo che la notte non trovasse cosa rubare.

- Ma….
- Preferite, forse, che torni la notte?

Per terzo emanò un decreto con cui si assicurava l'impunità e la libera iniziativa dei ladri e degli assassini, in modo che non avessero bisogno degli antri bui della notte

- Ma….
- Preferite, forse, che torni la notte?

Per quarto emanò un decreto che vietava i cattivi pensieri e puniva severamente i trasgressori.

- Ma….
- Preferite, forse, che torni la notte?

...

Nonostante gli sforzi del prode borgomastro, alla fine, la notte tornò.

Ma di certo, però, adesso faceva molto meno paura.