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Alessandro Adriano
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IN FORMA DI DIARIO
ad una passione in corso
 
31 dic. 2000 – pomeriggio

Sto ripensando a quanto ci siamo detti questa mattina. Non so se debbo essere arrabbiato con me stesso o deluso per i miei propositi puntualmente mancati le mie teorizzazioni dissolte in questa livida giornata che, pure, promette neve e non mantiene.
E’ vero, ho una motivazione indiscutibile: debbo, voglio dedicarmi di più a mio figlio e tu sei impegnativa, entri dentro ti insinui. Non ti limiti a piacere, ti fai sentire sei presente sempre il desiderio di te riduce di molto la capacità di ragionare distrae dalla quotidianità: e tutte queste cose, belle ricche auspicabili, obbiettivi e speranze della vita di ogni persona, non solo ornamenti di una esteriorità esibita necessari per spiriti vanitosi, tutte queste cose sono incompatibili (quanto?) col rapporto che sto cercando di costruire con mio figlio.
Arrabbiato e deluso perché malgrado le mie convinzioni sull’iniquità di una vita fatta di scelte – e quindi di rinunce – in momenti importanti come questi trascorsi con te diventa tutto inutile tutti gli sforzi fisici (si, fisici come è fisico il dolore procurato dalla rinuncia a qualcosa che si desidera ardentemente) le elaborazioni intellettuali (non ho mai capito se precedono – cercando di provocarla – la passione o se rappresentano tentativi di giustificazione a posteriori dei propri “cedimenti” sentimentali) le incombenze spirituali ( come siamo bravi a dissezionare la nostra anima quando non troviamo altro modo per evitare la sofferenza – anche per questo preferisco la fisicità, non è scomponibile e non ti permette di fingere con te stesso, potrebbe essere interessante mettere a confronto le tecniche di controllo dello spirito e quelle per la sopportazione del dolore), non riescono a deviare dalla sua traiettoria ciò che è stato già deciso (ma da chi se non da te stesso? È inutile cercare responsabili al di fuori di te stesso): rinunciare ad una cosa bella, scegliere tra due cose belle, ma quel che più ti sgretola è che le due cose non sarebbero incompatibili non sono incompatibili, e allora perché scartarne una? (dio che brutto termine eppure è quel che accade: scarti getti nel cestino non quel che non ti serve o non ti piace o ti impedisce di dedicarti ad altro (!?) bensì quel che compete per bellezza con l’altro ma per un motivo inspiegabile non ti è consentito (tu non ti consenti) di goderne), quesito escatologico di un’età che ha abbattuto molti muri confini limiti ma non quelli interiori gli ostacoli che un uomo deve superare per dare senso alla propria vita: e non si dà senso rinunciando al bello a ciò che fa fremere il proprio corpo accendere il proprio intelletto levitare lo spirito, né consola sapere che lo si fa per gli altri finché l’evoluzione del costume della morale delle capacità di pensare rimettendosi sempre in discussione non libererà ognuno di noi dal “giudizio degli altri” catena formidabile della vita sociale (immagino l’obiezione: “non si impostano rapporti sociali se non ci si forma un giudizio degli/sugli altri”, ma è l’emersione del giudizio che incatena portarlo in superficie attraverso un processo di razionalizzazione schemi precostituiti parametri “condivisi” anziché lasciarlo nel territorio delle sensazioni laddove sfuma il limite tra corporeo ed incorporeo laddove diventa insondabile alla ragione a meno di ricorrere alla contaminazione della parola che tutto inquina – o, se il termine ti dà fastidio, trasforma – e che – per colmo d’ironia – può costruire concetti all’infinito affermando e negando contraddicendo continuamente fino a quando – come nella ruota della fortuna – non decidi di fermarla e può non dipendere dalla tua volontà se la fermi sul nero o sul bianco ma dal tuo umore dalla tua cultura dalla tua luna dal tuo stato di salute ecc. ecc., e questo giudizio così emesso/emerso deciderà della vita (ai tuoi occhi) di una persona di un mondo fatto di storia personale di sentimenti di opportunismi magari anche ma comunque di qualcosa non riducibile non semplificabile non comprensibile attraverso “un giudizio”), ma purtroppo non posso farlo da solo farei soffrire troppe persone eppure se non lo faccio non contribuisco alla loro emancipazione (mi dirai che è presunzione pura…), aiutare, intendo, a sprigionare ciò che è compresso dalle convenzioni che legano la nostra ragione e irridono i nostri istinti che non sono mai animaleschi come vogliono far credere tutti quegli ipocriti che inibiscono dall’abbandonarsi ad essi pena chissà quali tormenti infernali mentre è particolarmente denso di significato farlo, rivela di noi stessi molto più di quanto si riesca a capire conducendo un’intera esistenza repressa, rivela combinazioni dei nostri tratti caratteriali delle nostre componenti più raffinate la cui ricerca è stata delegata – confinandola – dal puritanesimo occidentale ai psicanalisti come se esibire i nostri istinti – “soccombere” ad essi, secondo il fariseismo dominante – fosse una malattia, ma l’istinto è una memoria che ha codici di comunicazione misteriosi non è quella reazione irrazionale nel senso di “non umano” e quindi di animale che si vuol far credere (ma anche negli animali è tutt’altro che “irrazionale”), forse incomprensibile, incomprensibile si … ma mi accorgo che sono giunto ad un punto in cui ogni concetto è ovvio banale scontato. Che sia arrivato alla verità?
Eppure ti voglio


Primi di gennaio 2001
inizio millennio? – in barca con amici

Non ti ho chiamata per farti gli auguri di buon anno. E’ segno che non mi sei indifferente. Il tempo non è bello, di tanto in tanto piove, ma la temperatura consente di veleggiare senza coprirsi troppo. Briatico Tropea Capo Vaticano assistono alla navigazione di questo scafo azzurro che sembra non avere meta né fretta. Va avanti e indietro pigramente con persone che a volte parlano a volte tacciono. Io, più spesso, penso. A te. Alle tue mani, alla tua bocca, al tuo corpo che una ritrosia inspiegabile a volte mortifica. Al tuo piacere che mi piace provocare e al mio piacere che trova appagamento completo nella tua disponibilità. Ho qualcosa che mi gira in testa. In questo momento c’è tutta la gamma dei grigi che ci circonda, nuvole basse, il loro riflesso sull’acqua, la costa altre volte brillante di toni rossoverde e adesso indistinta come una pennellata sporca di cenere. Tu non hai nulla di grigio. I tuoi occhi il tuo collo i tuoi seni le tue cosce le natiche morbide nelle linee ma sode al tatto la tua splendida … (come la chiamerebbe un poeta? Bisognerà pur trovare un termine che non suoni volgare – nel senso di nome volgare, comune – ma nemmeno ridicolmente aulico). Ripercorro con la mente i tuoi fremiti il tuo modo di concederti anzi di darti – gli schizzi d’acqua che ogni tanto mi raggiungono non sono freddi – ma ho bisogno di distrarmi la mia eccitazione sta diventando troppo evidente. Cos’è che non vuole uscirmi dalla testa? Vado al timone così la mia assenza è notata meno. Ieri sera abbiamo ormeggiato a Troppa. Abbiamo deciso di cenare su al paese. Li ho lasciati andare tutti avanti. Ho voluto rimanere solo con te. Abbiamo fatto l’amore. E’ stato meno bello del solito. Ho capito finalmente cos’è che mi tormenta: vorrei che fossimo insieme


Roma – fine gennaio compleanno M.

Che meraviglia di città anche con la pioggia se hai una persona a cui pensare non avvertirai mai la solitudine in questa aggregazione di paesi ma se hai la mente libera, vuota di piacevoli sconfinamenti se non hai qualcuno dubitare del quale ti faccia soffrire allora ti sentirai solo come in nessuna altra città.
Festeggiamo al Testaccio in un simpatico locale di musica latinoamericana. Sono trascinato nella folla in un tentativo di ballo subito abortito. Troppa gente. Accetterei soltanto di ballarvi un lento con te stringendo il tuo corpo aderente inalando il profumo della tua pelle sfiorando con le labbra la morbidezza del tuo collo riuscendo a reprimere la voglia di assaggiare la tua lingua succhiare le tue labbra con la certezza di poterti mangiare dopo la festa per tutta la notte di possederti… in questo caso che sia Roma mi sarebbe del tutto indifferente.


2 marzo lo so è il tuo compleanno Cosenza

Non ti ho più chiamata. Neppure per farti gli auguri di buon anno. Mi assalgono sensi di colpa forse non sono stato sufficientemente chiaro avrei voluto accertarmi che ci fossimo intesi bene senza travisamenti non mi va di essere considerato uno stronzo anche perché non lo sono. Ho voglia di chiamarti ma non per questo… si, anche per questo … ho voglia di gustarmi il tuo corpo nudo stringerlo accarezzarlo baciarlo possederti voglio essere preso da te che tu mi desideri che mi chiami per dirmi “oggi voglio essere tua” e un altro giorno “ti voglio, oggi voglio che tu sia mio” continuando una storia nostra solo nostra fuori dal tempo e dallo spazio delle nostre rispettive quotidianità. Perché consegnare ad altri la nostra passione l’intimità del nostro piacere? Non so se ti chiamerò ma non posso sopportare l’idea che tu mi creda insensibile. Non ho smesso di pensarti non ho smesso di desiderarti.
Grazie per avermi telefonato! Spero che i fiori ti abbiano fatto bene come ha fatto bene a me risentire la tua voce dolce. Se mi avessi chiesto di raggiungerti sarei volato da te, ma forse avrei chiesto troppo alla vita.


Pasqua 2001 – Portoferraio in barca

Questa volta ti telefonerò. Non resisto più al bisogno di sentirti ma mi spinge anche il bisogno di “farmi sentire” da te. Il tempo ed i luoghi sono straordinariamente belli e come tutto ciò che è bello ti crea un tale trasporto di sentimenti che devi assolutamente comunicare a qualcuno. Ma in questo caso il mio essere era già ipersensibile e il tuo pensiero immanente già da molto tempo riempie il mio splendido isolamento ma mi manchi tu, da toccare.

Il giorno dopo, anzi la sera.

Navigato con 35 nodi. Vento da nordest. Dopo un inutile tentativo di navigare verso La Spezia cambiamo rotta. Pericoloso provare ad atterrare a Macinaggio, con questo grecale si rischia di non poter nemmeno entrare in porto. Telefono al velaclub di Marciana Marina per accertarmi che lì si possa ormeggiare e facciamo vela col vento al giardinetto. Malgrado il mare grosso mi fido a lasciare M. ed A. al timone e scendo in cabina a riposare un po’. Una grande straorzata e manovre molto rumorose mi consigliano di tornare in coperta. Le condizioni non sono delle più rilassanti ma con i ragazzi ci divertiamo un mondo con lunghe planate. La barca è magnifica. Per entrare in porto dobbiamo effettuare alcune strambate e, anche con la randa terzarolata, bisogna fare molta attenzione. Al pontile ci accolgono con grande rispetto. Siamo i soli ad essere usciti in mare con queste onde e questo vento. Incoscienza calcolata. Dopo la burrasca si apprezza molto di più essere al sicuro, ormeggiati. Anche il cacciucco lo apprezzi di più. Non so se questa è metafora della vita ma se è così, con te il significato è capovolto: vorrei poter navigare di nuovo con te e spero di averti trasmesso questo mio sentimento ieri sera al telefono. Se cambia il vento domani ci riproviamo.


31 DICEMBRE 2001 – UN ANNO ESATTO!

Perché ho lasciato che trascorresse tutto questo tempo senza scriverti? Ho paura di darmi una spiegazione. Di certo non ti ho dimenticata né è diminuito il desiderio di te. A volte mi dicevo che ti avrei telefonato, poi che avrei preferito scriverti, e poi accadeva qualcosa che me lo impediva, e poi… e poi…
Ho trascorso mesi di grande stanchezza. Non sarei stato piacevole né di persona né per iscritto. Adesso mi sto preparando per godermi in piazza con mio figlio quest’ultimo giorno dell’anno. So già che questo mi basterà ma vorrei avere di più e quel “di più” ha la tua materialità e le tue labbra. Il tuo nome: Fra i propositi che si fanno per l’anno nuovo c’è quello di completare questo quadernetto e consegnartelo per il tuo prossimo compleanno. Dovrebbe farti piacere. Ma so già che sarà molto difficile mantenere questo proposito. Il mio lavoro giornaliero ed i miei problemi ordinari mi provocano pigrizia e mi svuotano. E poi mi accade spesso che quando provo a scriverti il tuo desiderio si impossessa di ogni mia facoltà e divento come un bambino balbuziente che davanti ad una forte emozione è incapace di parlare. E’ quel che mi è accaduto quando ti ho vista alla festa del “novello “ a Torano. Salutarti toccandoti sentendo il tuo profumo il sapore della tua pelle e il suono della tua voce mi ha fortemente turbato. Forse non lo hai notato (sono bravo – che stupido! – a trattenere le mie emozioni) ma non ho più preso parte al rito della compagnia. Avrei voluto che noi due ci appartassimo fuori al freddo dietro un albero per fare l’amore come due adolescenti. Invece sono rimasto come uno scemo a chiedermi “chissà cosa pensa della mia apparente indifferenza”. Quella notte credo di essermi masturbato.


Gennaio 2002

E’ finito il primo mese del nuovo anno e come temevo non è cambiato niente nemmeno la mia pigrizia. Ma sento la necessità di scrivertelo: con la mia anima ci provo ma il prossimo 2 marzo non riuscirò a mantenere la mia promessa. Mi piacerebbe vederti per sapere della tua vita di quest’anno trascorso senza che le mie mani e le mie labbra abbiano più percorso il tuo corpo. Vorrei che me lo permettessi ancora ogni qualvolta tu lo desideri. Ci risiamo, penso ai nostri momenti di godimento al tuo corpo che si inonda di piacere… e non posso più scrivere


Aprile 2002

Stiamo portando giù la barca di un mio amico, da Genova. E come tutte le volte, fuori dai mesi estivi, il mediterraneo è magico, tutti i bei posti lungo i quali facciamo sosta ci si presentano nel loro splendore senza tempo. Recuperiamo la leggerezza della nostra vita e ci chiediamo perché non continuiamo a navigare per i prossimi due mesi. No, non me lo chiedo, ma il mio spirito riprende a volare riflessivo sulla mia vita con prudente distacco (saggio?), sulle cose che l’hanno resa bella e potrebbero ancora renderla bella. Tu – naturalmente – sei fra queste. La mia passione ha un sussulto al pensiero che tu potresti essere qui a rendere tutto ancor più bello, fare l’amore con te nelle notti di navigazione mentre il resto dell’equipaggio è su nel pozzetto a governare la barca tu ed io abbracciati a confondere lo sciabordio delle onde con i nostri gemiti di piacere. Credo che dormiremmo poco… Vorrei guardarti negli occhi per cercare di capire se hai ancora voglia come me di fare l’amore, tu ed io. La prossima volta che ti incontrerò…


Santa Manza – Corsica – agosto 2002

Se ti continuo a pensare qualche ragione ci deve pur essere. Cos’è che mi lega a te? Il ricordo di un breve ma intensissimo periodo in cui abbiamo fatto tutto ciò che una coppia fa nel corso di anni? La passione che sicuramente c’era e certamente c’è ancora (almeno per me)? Un sentimento che si è rivelato dopo troppi anni dal nostri primo incontro? E che nome dare a questo sentimento? Qualunque definizione io provi a dargli mi sembra insoddisfacente. Forse quello che più mi … piace(?) … è “incestuoso” … non arrabbiarti … non ti considero una sorella, mi piace troppo scoparti, né l’amore che provo per te può dirsi fraterno ma non è nemmeno travolgente (è da molto tempo ormai che nulla mi travolge più …), lo è più la passione, ma è purtuttavia un persistente erosivo stimolante pacifico pensiero che si manifesta in momenti importanti ed in altri insignificanti, insomma sei qualcosa che è irreversibilmente dentro di me. Oggi, per esempio (siamo ormeggiati a Santa Manza con vento forte), è accaduto qualcosa che poteva avere conseguenze spiacevoli. Mio nipote facendo kite surf stava finendo sugli scogli insieme a mio figlio che lo assisteva col tender rovesciato dal vento. Per recuperarli ho alato rapidamente le due ancore ( a mano quella di rispetto, risvegliando un vecchio stiramento alla schiena) e, a motore, mi sono precipitato a trainarli col rischio che i fili del kite si attorcigliassero attorno all’elica trascinando anche la barca sugli scogli sottovento a cui ci eravamo pericolosamente avvicinati. E’ andata bene. Ed ora sono qui a scriverti. Questo episodio credo rientri fra quelli importanti, nella categoria “fare esperienza”, sperando che servi davvero l’esperienza, tra noi è servita? Non so darmi risposta, sapevo che mi sarebbe piaciuto prendermi cura del tuo corpo e del tuo erotismo, non pensavo che mi avrebbe così tanto coinvolto, vorrei riprovarci, ormai ci conosciamo bene perché non mettere a frutto l’esperienza? Ci riproviamo? io non sono geloso ed i rapporti totalizzanti mi insospettiscono, quantomeno … diamoci piacere diamoci al piacere siamo maturi per farlo, da parte mia ho lasciato trascorrere anche troppo tempo trascurandolo e ti assicuro che non ne vale la pena, è protervo verso se stessi sottrarsi al piacere è arroganza pensare di poterne fare a meno così come lo è procurarselo irresponsabilmente, noi possiamo farlo senza correre alcuno di questi rischi. Riproviamoci. Il vento continua a soffiare forte, la barca brandeggia ma non mi distrae da te. E le stelle sembrano infischiarsene di qualche nuvola che di tanto in tanto le copre. I ragazzi dormono già da tempo, spossati dalla loro esperienza odierna. Noi non ci faremo spossare dalla nostra, vero?


Porto Vecchio – Corsica – agosto 2002

E’ un brutto carattere quello che non dà stimoli ad ottenere sempre di più dalla vita? Guarda me: sono in uno dei porticcioli più belli del mediterraneo, con una bella barca ed in compagnia di mio figlio. Si potrebbe dire che non posso non essere felice. E in effetti sto bene. Ma è lo stato di chi si fa portare dall’onda. Però, avessi un altro carattere, mi darei da fare per avere di più. Perché so che potrei averlo (è così? …). Naturalmente si tratta di te. So che potrei essere ancor più felice se fossimo insieme: mangiamo del buon pesce insieme beviamo del buon vino insieme ci gustiamo questi bei posti insieme ci isoliamo a leggere un buon libro e poi ci ricongiungiamo e ci stanchiamo in lunghe passeggiate insieme fino a quando non suggelliamo (i cattolici direbbero “santifichiamo”… se non sapessero quello che sto per dire…) tutto questo stare insieme con un sano sudoroso faticoso fantasioso leccoso sempre rinnovato e gioioso AMPLESSO.
Eppure il mio carattere mi dice: “accontentati”, anche se il mio spirito scalpita e vorrebbe pervadermi tutto per spingermi ad ottenere quel che so di desiderare.

Lo so, sto parlando troppo di me stesso, anche se sei tu lo/la “stupefacente”. Ho avuto l’impressione che tu fossi uno scrigno colmo di tesori ma irrimediabilmente chiuso in attesa che qualcuno (non chiunque, beninteso) scoprisse di avere la chiave giusta per aprirti. E nel momento in cui ho creduto di averla io quella chiave ti sei manifestata con bagliori forti quasi accecanti. Riconosco di essermi disorientato. Anche perché la tua volontà di odiare mal si concilia con la tua maturità sessuale. Si, dicono che facciano parte della femminilità gli eccessi dei sentimenti. Vorrei approfondire il concetto, è troppo complesso per liquidarlo con un luogo comune. Ma ho finito il mio tempo. Alla prossima.
P.S. Come mai, pur avendo da molti anni acquisito consapevolezza della preziosità del tempo, non ho fatto nulla non dico per fermarlo ma nemmeno per rallentarlo? Ho creduto di vivere facendo cose importanti o ritenendo che tali sarebbero diventate prima o poi ma faccio fatica a mettere insieme un bilancio che riempia almeno una paginetta di cose che abbiano un loro senso vitale e in cui io abbia avuto almeno qualche merito. Mi consolo dicendomi che non ho memoria.


S. Teresa di Gallura – agosto 2002

Siamo in porto. Da troppo tempo. Dopo una rapida puntata in Corsica siamo rientrati a S. Teresa e trascorriamo le nostre giornate ad attraversare la Sardegna da una costa all’altra. In macchina… Facciamo vita mondana, una noiosissima barbosa inopinata (e costosissima…) vita mondana, ospiti ora di un amico ora di una altro ora restituiamo gli inviti ecc.ecc. Persone piacevoli, care, bendisposte verso di noi. Ma a me piace navigare siamo nel paradiso della vela in posti creati apposta per veleggiare in una barca fatta per veleggiare e che si vede soffrire mortificata a dondolarsi alla banchina mentre le sue sorelle cugine nipoti lasciano gli ormeggi e riempiono le Bocche contribuendo a creare uno spettacolo sempre diverso che corrobora lo spirito ma intristisce chi vorrebbe e potrebbe trovarsi lì con loro. Supero il dispiacere. In fondo mi sto riposando ed è quel che mi serviva. Penso che il rientro sarà ancor più duro del solito. Mi aspettano mesi di intensissimo lavoro, nuovo sindaco nuova amministrazione nuova attività tutta da impostare. Ma soprattutto so già che farò fatica a rimettermi a scrivere e dovrò rimandare ancora il completamento di questo quadernetto e quindi la possibilità di riaverti. Si, perché è una specie di fioretto quello che mi sono imposto: se c’è la possibilità di riprendere un rapporto con te, anche se sporadico ( ma mi piacerebbe almeno frequente…), questa passa per una dimostrazione di attenzione verso di te ma anche mia interiore di convinzione che ti voglio non soltanto col corpo ma anche con la volontà del pensiero e della determinazione. Diciamo pure che mi sono rincoglionito e che in nome di non so più che cosa assumo atteggiamenti masochistici rinunciando ad una donna come te ed esponendomi all’irrisione del tribunale dei Maschi! Troverò la forza di rinsavire?


Cosenza – settembre 2002

Ci siamo. Il bollettino dà profonda depressione sulla terra ferma (ferma perché? Per la fermezza dei propositi no di certo, per l’immobilismo della volontà si purtroppo!) e profondissima è la depressione che blocca tutte le mie facoltà. Vorrei chiamarti per sapere se hai registrato le mie comunicazioni telepatiche, se desideri ancora le mie carezze, se hai trovato chi ti sa far godere come me (meglio di me?), se sentendo la mia voce il tuo corpo si scioglie, se le tue reazioni sono lente o immediate (non so cosa sarebbe più positivo per te…), se la prospettiva di rivedermi ti fa pensare alle piacevolezze dei nostri momenti insieme o se, invece, pensi alle ragioni della mia scomparsa (se tu mi dessi dell’idiota non potrei che essere d’accordo con te). Invece continuo con il darmi assente. Il rinvio, questa sciagurata irrecuperabile dissennata dissipatrice caratteristica umana! Figlia della ragione, anzi no, del ragionamento, di qualcosa cioè che dovrebbe derivare dalla ragione ma che dimostra come l’evoluzione umana porta in se tare diaboliche. Ed io rinvio. Rinvio il momento del tuo incontro, del ritrovarti, del rioffrirti me stesso per un momento un’ora una notte, va bene, ma quanta passione trasporto sintonia erotismo gratificazione piacere in quei momenti! e quanta debolezza nei momenti che adduco a me stesso per giustificare il rinvio: non ho tempo, il lavoro gli impegni gli appuntamenti, le relazioni da scrivere le disposizioni da dare l’organizzazione da garantire le scadenze da rispettare, tutto mi impedisce di chiamarti di invitarti a cena e poi a casa e poi a stare tutta la notte con me a passare ore a cercare nel sapore della tua pelle del tuo ventre del tuo sesso le ragioni della vita. La depressione si approfondisce ancora di più, il barometro scende vertiginosamente il bollettino prevede uragano. So già che non ti chiamerò. Continuerò a riempire questi fogli fino all’ultimo. Che stupido gioco (perché non strappare le pagine che rimangono, scrivere una pagina si ed una no, una ogni tre, finirla qui?…). Spero solo che quando ti avrò consegnato tutto questo inchiostro da leggere, tu…..


Cosenza – fine settembre 2002

Sto lavorando al “PSU” (Programma di Sviluppo Urbano), uno strumento amministrativo per l’utilizzazione dei finanziamenti dell’U.E. Siamo già in ritardo per la sua trasmissione alla Regione. Prevediamo di realizzare opere come il planetario, il completamento del viale-parco, ecc. Opere volute da Giacomo M. Solo ora comincio a riflettere sul significato della sua scomparsa. Sono trascorsi 5 mesi e l’emotività dei primi giorni, delle prime settimane(che se pure non impediva la consapevolezza che era scomparso un grande uomo certo impediva lucidità riflessiva) comincia a lasciare il posto alla razionalità. Sono tentato di giudicare (ma io non ho mai giudicato nessuno…) l’uomo alla luce dei miei rapporti con lui e mi vieni in mente tu: al mio posto lo avresti certamente odiato per come ha interrotto in un preciso momento il suo sentimento di stima nei miei confronti affibbiandomi colpe mai comunicate. Ma tu sai che io non concepisco l’odio e, forse, lo conoscevo così bene che, seppure con grande sofferenza, ho continuato a lavorare per lui con la stessa abnegazione di prima. E credo che questo mi abbia alla fine premiato se alcuni mesi prima di morire ha ritenuto di incontrarmi per dirmi che l’avevamo tirata troppo per le lunghe, che tutt’e due avevamo mostrato troppa intransigenza e stava per spiegarmi il suo comportamento quasi con atteggiamento di scusa,quando l’ho interrotto dicendo che tra noi non c’era bisogno di aggiungere altro e dandogli l’occasione per cambiare discorso chiedendomi notizie di me e di mio figlio.Avevo ritenuto che un uomo come lui per quanto ostico, spesso ingiusto secondo valutazioni standard, non meritasse di mortificarsi neanche con me che pure gli ero stato sempre e comunque devoto. Insomma, anche in queste mie considerazioni sei entrata tu con le tue ossessioni (?) la tua visione passionale della vita il tuo infinito bisogno di dolcezza il tuo manicheismo. Vorrei poterne riparlare con te…


Cosenza – ottobre 2002

Ciò che avevo cominciato a scriverti l’ultima volta doveva servire a dimostrarti quanto fossi impegnato ed il perché ero costretto a ritardare il completamento di questo quadernetto. Poi mi sono lasciato distrarre dal ricordo di G.M. e, soprattutto, dalle tue convinzioni. Sono certo che non ti dispiace l’accostamento, del resto anch’egli ti apprezzava. Non sono tuttavia certo di conoscere come la pensi oggi. E’ così tanto tempo che non parliamo che non so se hai cambiato visione del mondo, la considerazione del tuo prossimo, se sei ancora così poco indulgente con te stessa. Vorrei ascoltarti guardandoti negli occhi ed abbracciandoti stretta per non perdere nulla – né un lampo del tuo sguardo né un palpito del tuo cuore – del tuo complesso modo di comunicare. Però adesso girati. Ho voglia di baciarti la nuca tenere tra le mie mani il tuo ventre ed i tuoi seni sfiorare le tue labbra dolci con le mie dita troppo ruvide per essa. Perché non è più tempo di parlare i nostri corpi sono già oltre l’eco delle parole.


Novembre 2002 – Verona

Una al mese. Almeno una al mese. Se non mantengo almeno questo impegno di scriverti almeno una volta al mese merito di essere sfrattato dalla tua vita. Sono a Verona per una visita al ginocchio. Risonanza magnetica: risultato: escluso lesioni a legamenti e menisco. Suggerito comunque intervento artroscopico da fare il 23 dicembre in hospital day, dato che verrò a trovare mia sorella per le vacanze di natale. Non so perché ti racconto queste cose – te ne importa? Come spesso ti ho scritto, vorrei piuttosto parlare di te. Il fatto è che ho bisogno del contraddittorio. Da solo non riesco a costruire un discorso soddisfacente su di te. Ho bisogno delle tue interruzioni dei tuoi pensieri delle tue impennate caratteriali. Da solo tutto mi diventa artificioso se non frammentario. Del resto non ho la pretesa di conoscerti tanto da pontificare (a parte che non pontificherei mai per niente e per nessuno…). Solo quando possiedo il tuo corpo (parlo al presente perché non ho mai smesso di desiderarti…) sento di conoscere la tua anima, quando provoco il tuo orgasmo quando mi godo i tuoi spasimi di piacere solo allora sono certo che mi stai scoprendo i tuoi sensi metafisici il tuo spirito la tua capacità di comunicare attraverso la pelle. Non smettere. Ti prego


Verona – dic. 2002

Altro che semplice pulizia! Menisco era! e adesso mi tocca stampellare fino a fine gennaio e poi fisioterapia … che naturalmente non farò. In questo stato non completerò il quaderno non ti potrò cercare non ti potrò vedere non ti potrò… Eppure che voglia di. Fumerò antichi toscani leggerò di tutto lavorerò come al solito mi dedicherò ancor più a mio figlio troverò qualcuno che mi scarrozzi da casa al lavoro e dal lavoro a casa mi terrò lontano dal telefonino per resistere alla tentazione di chiamarti o mandarti sms. Eppure si avvicina un altro tuo compleanno. Ce la farò? Sto almeno mantenendo l’impegno di scriverti 1 volta al mese. Ma non vorrei scriverti cazzate tanto per riempire il prima possibile le pagine che ancora restano. E’ importante che la tensione sia come 2 anni fa … 2 anni! non è possibile… ho dovuto riandare alla prima pagina e leggere la data: 31 dic. 2000 pomeriggio!!! lo consideriamo un lungo anno sabbatico? Lungo quanto sarà necessario 365 + 365 + 1, 2, 3, 4, … giorni fino a quando ti telefonerò e ti dirò: Luisa ho qualcosa da darti, qualcosa che ti avevo annunciato un anno fa… Chissà cosa mi risponderai e chissà se lo leggerai o me lo tirerai dietro o forse lo cestinerai semplicemente senza nemmeno dirmelo senza nemmeno farti sentire più lasciandomi nell’eterno dubbio di avere continuato a dissipare il mio tempo senza neppure riscattarmi ai tuoi occhi. O mi chiamerai chiedendomi di vederci subito e ne discuteremo rinnovando nel corso di ore di piacere con i nostri odori mescolati i nostri sensi lentamente appagati…molto lentamente…rinnovando il gusto di possederci l’un l’altra raccontandoci di noi tra una carezza e l’altra sussurrandoci nell’orecchio – io nel tuo destro tu nel mio destro o preferisci il sinistro? – le cose che non possiamo dirci guardandoci negli occhi. Perché poi? invece ce le diremo a voce alta e ci guarderemo negli occhi e sorrideremo…


Fine gennaio 2003 – Cosenza

Cammino di nuovo a due zampe. Ma non salto. Non perché ne sia ancora impedito ma perché non ho motivi per gioire. La vita è più veloce di me, e con essa tutte le cose belle, te compresa. Non riesco a raggiungerti anche se con qualche artificio domani stesso potrei toccarti. Se tu lo volessi. Ma non voglio farvi ricorso. Mi sembra di camminare lungo uno splendido precipizio dal quale potrei allontanarmi adagiandomi su morbidi prati ricchi di colori ma non proverei quel senso di vertigine che acuisce i sensi che fa cogliere la preziosità dei rapporti con persone particolari ti permette di affondare il braccio attraversando la crosta terrestre ed afferrare i minerali rari che nessuna comune saggezza ti consiglierebbe di desiderare per non mettere a repentaglio il docile procedere della morte. Non capiscono, molti, che noi cerchiamo altro quel che avvertiamo in una persona che ci fa sentire leggeri pronti a volare o a bruciarci le nostre ciglia avvicinandoci fino a toccare quella cosa che ci scalda ci attrae col suo calore che è ancora solo un acconto di quel che c’è dentro se sapremo tuffarci perforando lo strato di ninfee che pur belle e invitanti a soffermarti su di esse ti impediscono tuttavia di raggiungere le acque limpide e sorridenti dei tumultuosi torrenti.


Febbraio 2003 – Cosenza

Ahi!
L’ellissi di un grido
va di monte
in monte.
Su dagli ulivi
sarà un arcobaleno nero
sopra la notte azzurra.
Ahi!
Come un arco di viola
il grido ha fatto vibrare
lunghe corde del vento.
Ahi!
(Le genti delle caverne
espongono le loro lampade)
Ahi!


È Garcia Lorca che mi viene in aiuto. S’avvicina un altro tuo compleanno ed io grido. Ahi! Un’altra ricorrenza della mia incapacità di vivere. Ti ho persa? Spero di no. Abbi ancora un po’ di disposizione all’attesa, ti prego. Presto sarò da te. Io ti propongo di goderci la vita. Ci divertiamo insieme. Lasciamo i grandi interrogativi esistenziali fuori dal letto. Facciamo l’amore….. ci riesce molto bene. Se non ci annoiamo perché impedircelo?


Marzo 2003 – Cosenza

OK. Tutto come previsto. Non ho completato il quaderno ti ho fatto gli auguri ti ho promesso presto un omaggio e tu avrai pensato che sono diventato scemo. Mi piacerebbe vedere la tua nuova abitazione ma non come architetto. Mi interessa conoscere questo aspetto di te, come ti sei organizzato il tuo appartamento da single. Cosa c’è, un ingresso ? Se c’è lo hai di sicuro riempito di specchi. Non per vanità ma hai bisogno di vedere spesso che ci sei, la tua fantasia ti astrae spesso dal luogo in cui ti trovi e vederti ti rassicura. Poi almeno due ambienti giorno: uno per quando sei allegra e l’altro in cui rintanarti quando sei arrabbiata. Poche riviste e pochi libri in vista. Perché? Non pensavo che leggessi poco, o hai deciso di cambiare vita? Non ci sono segni di ragazzi, mantieni ancora un grande controllo sui tuoi figli, non gli consenti di invadere il tuo spazio. Sei brava, io non ci riesco. Le lampade vanno bene. Forse ci sono troppi colori ma sono la manifestazione della tua ricchezza interiore ma anche della tua complessità e, naturalmente, della tua voglia di divertirti. Allora forse posso coltivare ancora qualche speranza. Non sono geloso ma sto pensando agli uomini che ti si sono avvicinati in questi ultimi anni. Ti sei data a qualcuno? Com’è, alto magro biondo, quanto giovane? ama viaggiare apprezza le passeggiate in campagna o in montagna gli piace stare in mezzo alla natura? tenerti addosso distesi in un prato a mescolare il sapore dei tuoi denti con i fili d’erba tagliati accarezzarti la nuca mentre le tue labbra poggiano sul suo collo? E sentire il tuo corpo. Sa baciarti? dappertutto? Cucina efficiente e luminosa. Le stanze dei ragazzi con le porte sempre aperte ed una confusione che stride con l’ordine dei tuoi spazi. La porta della tua stanza da letto invece è chiusa, non riesco a vederla. Potrò entrarci?


Cosenza – aprile 2003-11-17

Comincio ad essere emozionato. Si avvicina la fine del quaderno e l’inizio del mio nuovo rapporto con te(?). Avrai notato che in questi anni non ti ho annoiato con gli avvenimenti politici. La guerra la pace questo inaspettato fenomeno mondiale delle bandiere della pace (ne ho 2 ai miei balconi) il terrorismo questi nostri miserabili governanti truffatori imbonitori mediocri i problemi ambientali i grandi avvenimenti sportivi le religioni. Mi sei molto servita evidentemente a tenere fuori da me tutto ciò che ci deve certo vedere attenti ma che rappresenta una afflizione costante con cui fare i conti. Invece ho te dentro. Ti penso ti scrivo ti desidero ti possiedo nella mia fantasia ti cerco con queste mie righe d’inchiostro. Questa volta ci siamo quasi. Comincio a pensare a come farti avere questo scrigno di un pezzo della mia vita. Lo impacchetterò? e come con quale carta che fiocco userò per legarlo di che colore, dev’essere carta che a stropicciarla fa rumore o similstoffa silenziosa? Ti inviterò a cena per consegnartelo o te lo spedirò per evitare di influenzarti nella lettura con le mie parole. La mia voce dopo tanto scrivere. Ma tu queste ultime pagine non le leggerai subito … o sei come quei lettori che si affrettano a sapere “come va a finire”? Spero di no, anche perché non c’è una fine bensì un invito a ricominciare.


Cosenza – 13 luglio 2003 Forse ci siamo?

Il timore di finire una cosa cominciata anni fa? La voglia di continuare a scriverti immaginandoti mia lettrice attenta (o paziente)? La possibilità di rinnovare un impegno che non so se saprò sostenere? o solo il troppo lavoro, il troppo star dietro a mio figlio (lo so che non è mai troppo il tempo dedicato ai figli)? Il calcolo di consegnarti il quaderno alla vigilia di un lungo periodo di leggerezza obbligata (le vacanze…) che in teoria dovrebbero consentire lunghe ore per una pacifica (!?) lettura e conseguenti riflessioni? Non so dirtelo. Sono troppo stanco troppo spossato dal lunghissimo caldo. Ma ormai debbo chiudere. Anche per il rispetto che ho di te – non posso darti da leggere qualcosa di pensato molto molto tempo fa, no, debbo dartelo adesso che la tensione è sempre molto viva malgrado le lunghe pause -, anche per la voglia che ho di te…………………….. …………………………………………………………………………………………………………
Ho ancora alcune pagine da riempire ma la sera è appena cominciata e dovrò attendere il rientro di mio figlio che avverrà tra alcune ore. Quindi ce la farò!

Eleonora’s falcon

Puoi vederlo passare
Selvaggio e lontano,
seguendo onde ed alberi,
attraversando i mari
fino alla remota Africa
per consumare l’inverno.


Forse è stata la copertina di questo quadernetto … lo spirito dev’essere selvaggio … a darmi la forza di condurre a termine questo mio lungo rapporto solitario con te. Può darsi che mi abbia aiutato a consumare questo inverno di cui tuttavia non vedo ancora la fine. Anche con te era piacevole (di più…) trascorrere le serate fredde e piovose avvertivo che i nostri spiriti insieme diventavano selvaggi e i nostri corpi con essi godevano parlavamo se necessario se necessario tacevamo mentre i nostri corpi godevano e dopo a volte parlavamo a volte tacevamo sempre consapevoli di essere in una nuvola selvaggia soffice e carezzevole barca che ci conduceva lontano dalla folla da tutti quelli che non sapevano e non s’accorgevano e non avevamo bisogno di nient’altro e lasciandoci non ci davamo obbligatori appuntamenti sapendo che ci saremmo ritrovati oltre le onde oltre gli alberi nel cuore sperduto di un’Africa nei cui deserti ci muoviamo senza accorgerci in queste città ricoperte di sabbia che non riesce ad attutire i rumori di tutto ciò che ci allontana pretendendo di unirci da un giorno all’altro scivolosi come gli anni che aumentano dietro di noi e tuttavia non riescono a contenere tanti ricordi quanti sono invece i nostri propositi futuri in una vita che può essere bella se rinunciamo ad ogni utilitarismo se diamo spazio ai nostri spiriti selvaggi se riusciamo a godere del silenzio dopo l’amore delle parole liberate e perse senza rimpianti forti del nostro sentire qui ed ora perché sappiamo che la magia si riprodurrà ogni qualvolta lo vorremo e i fastidiosi rumori delle città insabbiate non riusciranno ad impedircelo come non riescono a coprire il canto dei grilli e delle cicale in questa lunga e caldissima estate in questa ormai notte echeggiante del canto delle cicale e in cui nuovi grilli si sono sostituiti a quelli diurni lotta perenne tra ciò che si ode e ciò che si sente tra una vita da vivere come una lunga calda estate ed una vita da attraversare come un rigido inverno da consumare noi falconi alti e selvaggi distesi in un volo che supera foreste mari in tempesta città sabbiose………………………