il sangue e il plasma 
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Francesco Di Lorenzo
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SOMMA V.
 
1.
Summa Villadiana ha l'aria più fresca del mondo. Qui, quando è bel tempo, il cielo è più azzurro che in altri posti. Di queste due banalità mi assumo tutta la responsabilità, tà-tà. Ma questo tono di presunta scherzosità ( basta con queste tà) mal si coniuga con il tono che dovrebbe avere un morto. Sono morto, anzi, mi hanno fatto morire, e invece di star zitto, come si conviene, voglio dire tutta la verità su chi mi ha ucciso e perché.

2.
Ho bisogno di molta forza. Devo dimenticarmi di non essere in vita, se voglio raccontare e non piagnucolare sulla mia assenza. Ci metto poco a farlo, in privato ho sempre pianto molto su di me, scusatemi.
Avevo venticinque anni e tutti -parenti e conoscenti- mi tormentavano. "Sei troppo normale, non ti succede mai niente, non ci porti nessuna novità", dicevano. E come incoraggiamento: "falla una volta una scoreggia colorata" ("fallo na' vota nù pirito violetto", nella loro lingua).
Lo feci, o così a me sembrò. Mi spostai a Summa Villadiana e nonostante fossi poco attraente, feci innamorare di me Idolina la bionda. Non fu per niente difficile, tanto che pensai "che stupido a non muovermi prima".
Era ben fatta Idolina, lo è ancora oggi che ha trentasei anni. Appetibile, come si dice.

Mi sono chiesto spesso perché quel giorno disse sì proprio a me, lei che aveva tutti i giovani del paese ai suoi piedi (o in teoria avrebbe potuto averli). Poi non c'è stato tempo di trovare una risposta. Si sa, i problemi si presentano senza avvertire, un bel giorno si apre il cielo e giù grandine, lampi e tuoni come Dio comanda. (Beh, forse è esagerato, succede semplicemente che uno non si fa più certe domande.)

Veramente per me i problemi cominciarono molto presto. Venivo da Sovigliano dell'Arco ( un paesotto vicino), e non fui accolto molto bene dai parenti di Idolina. Questioni di cultura, le solite domande. "Chi è questo? Da dove viene? Che mestiere fa? I suoi come stanno a soldi? Ha la casa franca?" Il mio senso di inferiorità congenito non ne uscì molto ritemprato.

Di Summa Villadiana mi sono innamorato piano piano. Si trova in collina, non c'è mai nebbia. Io abituato alla pianura, ad uscire nelle mattine d'inverno con la testa circondata dalla foschia, mi sono sentito rinascere. Più lucido. Forse (senza forse) anche per la presenza vicino a me di Idolina. Mi ha amato lei, lo so.

Nel frattempo, con amore appunto, abbiamo fatto due figli. Piccolino mio, gioia mia, ti voglio tanto bene, ma perché sei biondo come la mamma? All'altro mio figlio, che è una bambina, questo discorso gliel'ho fatto varie volte, ma adesso non più. Ormai è grandicella e non vorrei che mi mettesse in imbarazzo dicendomi "papà quanto sei stupido". Comunque sono sani, sono belli, sono biondi, ci penso un poco e sono contento lo stesso.
Ma per non ingenerare equivoci devo dire che qualcosa di me ce l'hanno. Mia madre ha giurato che il piccolo ha le mani, le stesse di quando avevo la sua età. L'altra ha il fisico uguale al mio: ossa grandi, gambe lunghe, slanciata. Senza la mia testa naturalmente.

3.
Da questo momento prenderò ogni tanto le distanze da me stesso. Lo faccio per abituarmi al trapasso. Ricordiamoci, sono morto.
Nero carbone (niro gravone) è il colore di una lineetta invisibile che lega tutte le parole di questa storia da ora in poi. Siamo pronti? VIA.
Antonio (così mi chiamo, il cognome non è importante) da qualche settimana quando aspettava Idolina a letto di sera, perché lei aveva sempre qualcosa da fare in cucina e si attardava, tutto pronto per assaltarla e sfilarle lentamente le mutandine (era una sua abitudine) si sentiva mettere una mano sulla mano, "no, oggi no, mi fa male la testa". Una volta era la testa, un'altra solo stanchezza, un'altra ancora non mi ricordo che, se non la prendeva ogni tre o quattro sere mentre si stava addormentando e le resistenze erano meno tenaci, sarebbe rimasto all'asciutto, con il silos pieno. (Oddìo, questo non è proprio il linguaggio adeguato. Ma sono morto, abbiate pietà.)
Turbata, non la vedeva. E allora cos'era? O Idolina riusciva a nascondere così bene, con il solito comportamento, qualcosa che doveva nascondere, oppure Antonio si stava fissando su quei rifiuti notturni.
Non mi riusciva di pensare ad altro. Ma come? La madre dei miei figli, che se anche non mi somigliano molto sono pur sempre la luce dei miei occhi -e di conseguenza lei una luce ancora maggiore per me visto che li ha generati- ebbene, mia moglie non mi vuole più? Dottore, lei capisce?
Antonio non avendo a chi esprimere queste ossessioni, si era inventato un interlocutore immaginario e lo chiamava dottore. Passava molto tempo a dialogare con lui, sempre sul solito tema s'intende. Del resto a chi avrebbe potuto dire le cose che diceva al dottore?
Ah, se fossi rimasto a Sovigliano, almeno ora potrei parlare con Renato (un suo amico d'infanzia) ma dove vado a trovarlo ora? Non lo vedo da più di quindici anni.
Antonio maledì Summa Villadiana, i Summesi e tutti i loro antenati. Guardava Idolina mentre parlava al telefono e si chiedeva cosa sta pensando adesso? La fissava mentre mangiava, e quella testa bionda così bella, quei capelli così folti color oro, avrebbe voluto staccarli e prenderli con sé, preservarli da eventuali attacchi. Ma no, è meglio non esagerare, avrebbe voluto solamente carezzarli e baciarli, ma c'erano i bambini, "papà, stai diventando matto?"
(Non mi sono mai piaciuti così tanto i capelli di mia moglie, non solo i capelli, ma i capelli più di tutto).
Quando, proprio una sera in cui l'amore di Antonio per i capelli di Idolina era arrivato all'eccesso, a letto mentre le leccava il collo e le baciava l'orecchio e contemporaneamente stava sfilandole le mutandine, Idolina non fermò le mani di Antonio che trafficavano tra le sue gambe ma portò le sue, tutte e due, al volto per ripararsi (come era possibile?) da un pianto dirotto.
Rimasi con le mani bloccate e le mutandine tra le dita a mezza coscia. "Ma cos'hai?", mi tradii perché la voce era dura, ma non ce la feci a far finta di niente. Allora era vero, qualcosa era successo! "Zeus" pensò Antonio, ma disse "cazzo", una cosa è sospettare, un'altra scoprire che il sospetto è fondato, ammettiamolo francamente. Tra i singhiozzi Idolina gli disse che l'uomo con la giacca bianca (così lo chiamavano in paese, il nome non è importante) l'aveva una volta fatta fermare per strada e altre tre volte chiamata al telefono. "E tu?", disse Antonio. "Io che? io niente", rispose tra le lacrime Idolina.
In fondo gli andò bene, avrebbe benissimo potuto rispondere, "io niente, ma tu sei uno stronzo". Però non aveva mai usato queste parole e neanche questa volta le usò.
Tirai un sospiro per darmi un'aria e per pensare, accesi una sigaretta, feci tre o quattro tiri e non sapevo che dire. Poi dissi "dai, in fondo non è successo niente, aggiusteremo tutto". "Andiamocene da qui, subito, prendiamo i bambini e scappiamo lontano", furono le parole di Idolina che appoggiò la testa bionda sul petto di Antonio. Lui le passò la mano nei capelli che solo noi sappiamo quanto amasse, e stette zitto. Dopo poco si spostò per spegnere la sigaretta nel posacenere sul comodino, tirò l'interruttore a filo dell'abat-jour, e rimasero così abbracciati nel buio.
Quella notte Antonio sognò. Naturalmente non furono grandi sogni. Sognai che piangevo in fondo ad una valle, tra due alte file di montagne, e gridavo "noo, nooo, noooo...". In fondo era l'unico sogno stupido che potesse fare. E fu proprio quello che fece.

4.
Giacca bianca, seduto allo chalet del ristorante "Rose Fucsia", nel verde, parlando ad una schiera di suoi servetti, aveva espresso con delicatezza il desiderio di conoscere una certa signora bionda. In realtà:
( 'nce sta na' chiavatona bionda che aggio visto parecchie vvote, ma' facesse). Siccome ogni suo desiderio era un ordine, i servetti si misero alla ricerca della bella biondona, della donna che aveva solleticato gli appetiti sessuali di giacca bianca - una specie di divertimento, un fuggire momentaneo dalla noia del paese, da una moglie e tre figli-.
Dottore, sapesse quanto mi costa essere così obiettivo, io a quello stronzo (stuppolo) gli spaccherei subito la faccia. Vede, il solo pensiero che quell'essere così squallido, tanto insignificante, abbia potuto mettere gli occhi o le mani o qualsiasi altra cosa (col pensiero) su Idolina, mia moglie, mi fa mangiare il fegato e anche quello che c'è intorno ('a rezza d'o' fegato). Ma non posso continuare a mangiarmi il mio stesso fegato (e a' rezza) senza fare niente.
Come vorrei essere a Sovigliano, a casa mia. Lì, è vero, mi chiamavano pesciolino di canna (piscitiello 'e cannuccia = ragazzino ingenuo) ma almeno non mi sentirei così solo come adesso. E invece no, ho voluto essere libero, sono uscito fuori dal paese, e adesso che faccio?
Il contrabbando, pensò Antonio. Una cantilena tante volte sentita si stava facendo sempre più insistente nella mente,
"Marlboro, Muratti, Merit, mitra, pistole, bombe a mano...". Forcedda, il quartiere della città vicina dove tante volte era passato, e sempre aveva sentito offerte di questo tipo. Un mitra? Ha detto un mitra? Ebbene sì. Voglio comprare un mitra e togliere dalla circolazione quello stronzo-stuppolo di giacca bianca. Cos'altro potrei fare? Andarmene come vuole Idolina? Lasciare questo paese in mano a quelli come "giacca bianca" che quando camminano si prendono mezza strada? Sì, perché oltre alla mole grossa di faccia di corna (=giacca bianca), il fatto di camminare sempre accerchiato dalla schiera dei servetti messi a raggio, data anche la piccolezza del marciapiede, deve per forza di cose invadere la carreggiata occupandone la metà. Dottore, lei mi capisce? Io non so più quello che dico. Né quello che penso. Mi sento distrutto, proverò a dormire.
Dottoreeeeee, non ci riesco. Se dormo mi verrà un'idea migliore?
(L'idea migliore ad Antonio non venne.)

5.
Antonio purtroppo non era riuscito a togliersi dalla mente che il solo modo per uscire da questa situazione fosse eliminare giacca bianca.
Il mitra, già, era un'idea, ma era solo un'idea. Come si fa ad avere un mitra? E' una parola. "Farò in modo che qualcuno me lo vada a comprare, ma chi?", questo era il punto. "Scusi per favore mi può mandare un mitra a casa? E non si dimentichi le cartucce, mi raccomando". Sicuramente in America una cosa del genere è possibile. Ma qui da noi! Che schifo di paese, neanche un mitra a casa ti mandano. Un semplice mitra per vendicarti di un torto subìto. "Dottore, non ragiono più, vero?". Mi devo calmare.
Perché poi Antonio si fosse fissato con il mitra, nessuno lo sa. Perché proprio il mitra e non un'altra arma? Booh...

6.
Il mitra lo mandò a comprare tramite Ciccillo 'o pazzo (Franco il malato di mente). Un pover'uomo che non avendo né santi né madonne si era dato all'alcool e per questo gli erano venute le visioni. Col tempo le visioni si erano trasformate in deliri. Tutto il paese non aveva perso tempo: "è pazzo".
Lui però non aveva mai fatto male a nessuno. Si limitava a camminare per le vie del paese avanti e indietro instancabilmente, a volte ridendo forte, a volte parlando sottovoce tra sé.
(Con il senno di poi possiamo dirvi che dopo aver comprato il mitra, come gli aveva detto Antonio, e dopo aver saputo cosa era successo con il mitra che aveva comprato [perché si seppe in tutta la regione], divenne pazzo veramente. Infatti due volte tentò di uccidere un bambino, sempre lo stesso, e queste cose non le aveva mai fatte prima). Ma andiamo con ordine.
"Hai capito bene?", disse Antonio a Ciccillo. "Ho capito, per chi mi hai preso". Ciccillo aveva in tasca novecentomila lire in contanti che gli aveva dato Antonio.
Quando tornò con un pacchetto in una busta di plastica, aveva l'aria seria, serena e soddisfatta. Era come se tornasse da una missione all'estero e la missione fosse andata nel migliore dei modi. Ciccillo aveva la faccia liscia e riposata. Antonio appena lo vide, lo caricò in macchina e filò via. C'era ancora il sole perché era estate, si fermò in una strada poco trafficata. "Tutto a posto", disse Ciccillo, "qua dentro sta il mitra e due caricatori pieni. Tutto è costato settecentocinquantamila lire". Stette zitto. " Ah, mi dimenticavo", e cacciò dalla tasca un fazzolettino di carta nel quale stava avvolto qualcosa. " Quello che mi ha venduto l'arma mi ha detto che questa è una pastiglia, te la devi sciogliere in bocca quando spari". Antonio aveva sentito parlare qualche volta di ecstasy, dalla televisione, dai giornali. Prese il fazzolettino di carta con dentro la pastiglia e se lo mise in tasca. "Tieniti il resto", disse Antonio. " Ma sei pazzo?", disse Ciccillo "non esiste proprio, ho fatto un favore ad un amico e basta". E gli restituì le centocinquantamila lire.
Andarono a prendersi un caffè nel bar della stazione.

7.
Manderò mia moglie in vacanza con qualche giorno di anticipo.
Abbiamo una casetta al mare, ogni italiano ha una casetta al mare, una cosa piccolina, adeguata alle nostre possibilità.
"Sì, forse hai ragione tu. Andrò con i ragazzi al mare. Chiedo a mia madre se vuole accompagnarmi". Poi passandomi vicino, "ma come farai? Verrai subito anche tu?". "Sì, verrò subito, devo solo sistemare una faccenda e sarò da te". "Ti vedo calmo sai, è pure per questo che me ne vado al mare tranquilla". So fingere che è una meraviglia, quando voglio.

Testa bionda (la moglie) faceva questi discorsi, e si era calmata non poco dopo che aveva risposto ad una telefonata di giacca bianca in modo risoluto e deciso, "senta, si tolga dalla testa certe cose. Io non ho nessuna intenzione di conoscerla, né di parlare con lei mai più". E aveva chiuso il telefono. Quella sera era stata lei ad infilare le mani nelle mutandine di Antonio.
Per me invece che ero stato messo al corrente anche dell'ultima telefonata da Idolina-sempre-ligia, la calma che mi si vedeva in faccia era solo apparente. Più le giornate passavano, anzi, più le ore passavano, e più si rodeva dentro. Riusciva a nasconderlo molto bene. Può un simile avvenimento ridurre un uomo che nonostante abbia qualche insicurezza (ma chi non ne ha?) in questo modo? Sì.
Antonio era pieno di rabbia fino alla punta dei capelli, non è una frase fatta. Ogni sua fibra era arrabbiata. Se avesse in quel periodo, per un qualsiasi motivo dato un morso a qualcuno, ebbene questo qualcuno sarebbe morto avvelenato.
(Sinceramente è una frase troppo stupida, ma tant'è, ormai mi è venuta).
Il problema di Antonio era che non parlava con nessuno dei suoi problemi. Solo col dottore che, come sappiamo, non gli dava nessun consiglio. Si limitava ad ascoltarlo.

8.
Il mitra lo aveva nascosto in una località pseudoturistica, in montagna, a duecento metri dal paese. Dietro un cespuglio vicino alla pista di bocce (e'palle), dove nel pomeriggio almeno trenta persone erano lì a giocare. Lo aveva messo in una cassetta di legno e sotterrato per bene, e il posto lo aveva scelto perché troppo appariscente e trafficato di giorno per destare sospetti. Di notte invece, con tutta calma, avrebbe potuto riprenderlo.
Pensò che forse avrebbe dovuto provarlo, prima di fare quello che si era messo in testa. Ma dove poteva provare un simile aggeggio? In aperta campagna? E poi, c'era forse bisogno di un silenziatore? Chi lo sapeva di cosa c'era bisogno. Sicuramente di un manicomio, pensò per un momento. Ma non se ne fece nulla, e nelle sue orecchie continuò a sentire un taratatà prolungato, come nei film, né più, né meno.

9.
Si mise la pastiglia in bocca, lasciò passare un minuto, e salì le scale con il mitra avvolto nella giacca. Fuori dalla porta buttò via la giacca, impugnò l'arma in qualche modo, divaricò un poco le gambe, e così piazzato bussò deciso il campanello. Il gesto produsse un placido DLIN-DLON. Giacca bianca che si era appena tolto la giacca beige (lo chiamavano giacca bianca, ma le portava anche di altri colori) dall' interno si avvicinò alla porta con passo deciso. "Chi è" disse, e contemporaneamente spalancò i battenti. Non ebbe il tempo né di ripararsi né di fare un qualsiasi altro gesto. Una scarica di colpi lo gettò letteralmente a terra in un lago di sangue. Subito si sentirono grida nella casa. Antonio non aveva ancora perso la calma quando una figura di donna, in pigiama, con i capelli scarmigliati e il volto terrorizzato, apparve da una porta laterale. Premette di nuovo il grilletto. La scarica di colpi freddò la donna che cadde distesa a metà del corridoio. Iniziai a tremare. Invece di tornare indietro, avanzai nella casa. Con gli occhi lucidi spalancò una porta solo accostata e senza nemmeno guardare, dette una sventagliata di mitra sui due letti al centro della stanza. Si accorse però che erano vuoti. Sentì dei passi e si voltò di scatto. Erano due ragazzi grandi che cercavano di scappare attraverso il corridoio. Li colpì alle spalle mentre stavano raggiungendo la porta. Ormai ero in un bagno di sudore e il tremore per tutto il corpo era incontenibile.
L'ultima stanza, ancora con la porta chiusa, la aprì con il piede. Accese la luce abbassando la punta dell'arma, e vide un bambino in piedi, dritto accanto al muro, con le mani alzate. Lo sguardo del piccolo era terrorizzato. Nel tremore confuso premette il grilletto e partì una scarica che non finiva mai. Il sangue dell'innocente, appena tre anni, schizzò sulla parete in basso macchiando la carta da parato verde tenero.

10.
(Ora la gravità della situazione impone la serietà. Non posso umanamente scrivere le ultime righe, non ce la faccio. La situazione mi disgusta e mi terrorizza, nonostante sia stato io ad averla subìta.
Lo stralcio è preso da una ricostruzione fatta da terzi, una specie di verbale stranamente scritto molto bene. Un saluto.)

Una mattina, ma presto che ancora nel cielo non era spuntato il sole, Antonio sentì qualcosa di freddo e liscio appoggiarsi alla sua gola. Per un momento sperò di sognare.
Quando il secondino qualche ora dopo bussò per il latte, si accorse che il pover'uomo aveva la gola tagliata fino alla giugulare. Gli occhi erano debitamente chiusi per l'eterno riposo.