fant)a(smatico - anno XXVIII - n.120 
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Romolo Runcini
 
IL LINGUAGGIO FANTASMATICO
DELLA RIFORMA PROTESTANTE
 
La Riforma luterana ha compiuto e rappresentato un così grande salto di prospettiva in campo religioso, coinvolgendo tali problemi morali, storici, artistici in tutta l'Europa cristiana da offrire sempre, ancor oggi, forti occasioni di analisi per coglierne i complessi motivi e valori di fondo che hanno forgiato una nuova Weltanschauung per l'uomo occidentale. Il libro di Matheson affronta questa prospettiva rivoluzionaria da un piano insolito e, per così dire, elementare: il linguaggio dei riformisti.
L'importanza metodologica assegnata attualmente da varie discipline (linguistica, estetica, sociologia della letteratura) al rapporto codificante/connettivo della comunicazione - come fattore informativo e ermeneutico - mentre testimonia l'azione interattiva del discorso parlato e scritto rivela senza dubbio il crescente interesse per la funzione mediatrice e talora creativa del lettore nei confronti di un testo. Bene dunque ha fatto Matheson a scegliere il linguaggio dei riformisti e le sue aree di interscambio, convenute o casuali, al fine di comprendere il senso e la direzione di quei testi sovversivi in un ambiente cattolico assai chiuso, ordinato, ecumenico.
Ora questo ordine universale dell'Europa cristianizzata appariva però insidiato non solo dall'esterno, dalla pressione dell'imperialismo ottomano, bensì anche dall'interno, dalle nuove istanze di identità e libertà nazionale. Agli inizi del XVI° secolo allorchè l'umanesimo rinascimentale italiano si espande nei vari paesi europei portandovi una chiara impronta di pensiero critico e di laicismo, i vecchi valori universalistici entrano in crisi, per un verso di fronte all'inarrestabile processo di erosione del feudalesimo avviato dalle grandi monarchie (Spagna, Francia, Inghilterra) determinate al dominio assoluto dei propri stati, per altro verso a causa dell'insostenibile primato della Chiesa romana che mirava con la sua potenza spirituale e politica - sempre più arrogante e corrotta - a tenere unite e a controllare le strutture e le anime della molto articolata compagine europea. Specchio rivelatore di questa crisi religiosa e sociale erano l'Elogio della follia (1509) di Erasmo da Rotterdam e Utopia di Tommaso Moro. Queste sono certamente le premesse storiche sottintese nel discorso di Matheson sopra il linguaggio accusatorio dei riformisti, le cui dirette (ma non uniche) motivazioni di fondo partivano dalle 95 tesi (proposizioni) esposte alla fine di ottobre del 1517 sul portale della chiesa di Wittenberg dal monaco agostiniano Martin Lutero contro il perverso sistema delle indulgenze - salvezza dell'anima in cambio di denaro - fortemente sostenuto dal papa Leone X°, il quale scomunicherà l'eretico tedesco nel 1520 con la bolla "Exsurge Domine".
Come fu possibile formulare e diffondere quelle idee sovversive in così vasto raggio d'azione da investire i diversi territori tedeschi del vecchio Sacro Romano Impero (e di lì per tutta l'Europa del Nord) entrando con forza e in tempi brevi nel mondo tradizionalista e largamente analfabeta dei contadini, nella vivace mentalità empirica e utilitarista dei mercanti e in quella razionalista e cerimoniale degli aristocratici? In che modo Lutero e i suoi discepoli (dal fedelissimo F. Melantone, a A. Karlstadt il laico, alla appassionata Argula von Grumbach) riuscirono a conquistare il cuore del popolo tedesco, convertendo la gente ai nuovi ideali cristiani della purezza e della libertà interiore e spaccando così definitivamente l'Europa in due, fra protestanti del Nord e cattolici del Sud?
La risposta a tali quesiti Matheson la fornisce mettendo subito in rilievo l'importanza del nuovo mezzo di comunicazione editoriale, il pamphlet, un opuscolo di poche pagine scritto in una lingua semplice e chiara assai prossima all'espressione orale. Esso consentiva di fatto occasioni di facile lettura presentandosi tipograficamente in veste leggera con caratteri fortemente marcati il cui contenuto esponeva spunti di riflessione e d'intrattenimento. Nel mondo contadino e artigiano le persone un po' acculturate leggevano questi opuscoli a voce alta nei ritrovi abituali e nelle riunioni festive di gruppo, portando tutti a conoscenza degli attacchi dei riformisti alla Corte vaticana corrotta e oppressiva, diffondendo la necessità di una lettura personale dei Libri sacri, i consigli utili per la vita dei campi, alcune storielle, fiabe, e così via. I borghesi trovavano anch'essi spunti di meditazione nell'appello alla interiorità della fede e nell'importanza di sentirsi tedeschi liberi dal servaggio romano. I nobili, da parte loro, comprendevano assai bene che distaccandosi dalla Chiesa del Papa e dalla sua politica universalistica avrebbero guadagnato prestigio e potere nei propri feudi regionali.
Ora il pamphlet, strutturato nella forma interlocutoria di un dialogo col lettore, diffondeva questi messaggi non già nella veste propagandistica di una verità affermata da accettarsi a occhi chiusi bensì come proposte ideali che la gente doveva interpretare e far sue. La violenza apocalittica e anticlericale del discorso riformista poggiando sui semplici canoni della oralità - ossia su contrasti radicali fra bene e male: Dio e Satana, Lutero e il Papa, la verità della fede e la falsità della Chiesa etc. - costituiva la via più breve al coinvolgimento del lettore nella conoscenza diretta della situazione politica e religiosa in corso e dunque sollecitava una forte volontà di partecipazione alla crescita del nuovo mondo cristiano. L'azione era l'obiettivo primario di questo discorso inteso a condurre socraticamente, attraverso il dialogo, alla presa di coscienza di sé come persona e come iniziato alla nuova teologia della salvezza per sola fede.
Nasce così la prima grande utopia popolare che traduceva sul piano antropologico del vissuto quotidiano le idee carnevalesche - spesso Lutero si atteggiava a buffone - di un mondo alla rovescia, di un Paese di Cuccagna idealizzato nel mito di riscatto di un popolo. Il netto rifiuto della delega al primato vaticano per la presa di coscienza di una verità da conquistare individualmente nella lotta contro l'ipocrisia e la corruzione dava a ogni iniziato evangelico un forte senso di dedizione alla causa, una ferma disciplina interiore, un impegno religioso e sociale che spinsero masse di analfabeti ad acculturarsi nelle scuole per poter apprendere direttamente la parola della Bibbia, appena tradotta da Lutero in basso-tedesco orientale, un dialetto franco di larga parlata in Germania. Non a caso la Bibbia é stata il primo bestseller della Storia.
Matheson intravvede giustamente nella grandiosa opera di gestazione e diffusione delle idee riformiste - fornendo anche un ben articolato quadro grafico sulla formazione dell'opinione pubblica del tempo (pp 38-9) - una tenace e larga prospettiva utopica ma anche un'ideologia di potenza per il popolo tedesco: "Access to information was access to power (p. 25)". Di fatto la questione della necessità di una riforma radicale delle pratiche liturgiche e dei principi teologali della Chiesa romana, ormai visibilmente compromessa nella gestione corrotta di un potere estraniato dalla realtà, era un problema comune. Erasmo e, più tardi, Ignazio de Loyola (fondatore della compagnia di Gesù) tenteranno dall'interno del cattolicesimo una ripresa degli ideali cristiani nel nome di una forte e responsabile spiritualità dell'uomo moderno. Erasmo, razionalista e moderato, mirava a colpire alto, con sottigliezza, alla testa dei prelati, per convincerli; Lutero, mistico e apocalittico colpiva in basso, con rudezza, per abbatterli. Ubi Erasmus innuit, ibi Lutherus irruit. La retorica escatologica era più diretta e comprensibile della dialettica umanistica, e conquistò le masse insieme ai loro Signori.